L’ORESTE- Quando i morti uccidono i vivi

TEATRO QUIRINO, 5 e 6 Maggio 2023 –

L’Oreste guarda la Luna dal suo “osservatorio astronomico”. Ne cerca la complicità, come Leopardi. Con l’Oreste lei ci sta. Ma solo nei sogni, nella sua immaginazione. La Luna è l’Amore: quello che l’Oreste non ha mai sperimentato, se non a senso unico. Poi però c’è quello per sua sorella Mariù (Marilena).

Ma lei è morta, come Ifigenia: offerta in sacrificio da suo padre, un po’ come fece Agamennone. La mamma dell’Oreste non riuscì a perdonare suo marito e lo uccise, novella Clitemnesta. Ma per l’Oreste tutto questo fu troppo. Qualcosa in lui si ruppe. E allora uccise sua madre, come l’Oreste della tragedia greca.

Sulla Terra le cose sono così “strane” che l’unico antidoto è dimenticarle. Far finta che non siano esistite. Far finta che tutto sia più leggero, immune allo schiacciamento a cui lo sottopone la forza di gravità. Come fossimo astronauti.

All’eccessiva densità della vita, l’Oreste resiste attraverso l’Immaginazione: il suo microcosmo è abitato da entità metafisiche che prendono vita, per noi del pubblico, grazie all’immersività di un’ accattivante grafic novel che abita il fondale e che nasce dalla mano di Andrea Bruno, uno dei migliori illustratori italiani.

Andrea Bruno

Ed è bellissimo vedere come l’Oreste, un magnifico Claudio Casadio, sappia coniugare il suo corpo, i suoi gesti ma soprattutto la sua voce al mondo della grafica che dà vita alla sua immaginazione. E, insieme, alle poche presenze amiche lì all’ “osservatorio astronomico” (il centro psichiatrico di Imola, dove è ricoverato). Ne scaturisce una contaminazione di generi – grafic novel + theatre – efficacissima.

Lì all’ “osservatorio astronomico” l’Oreste ha un amico, l’Ermes, che un po’ come il dio greco gli fa da “padre” e come il grillo parlante di Collodi gli ricorda “i confini” della realtà. Ma soprattutto gli fa compagnia fino alla fine: fino al fantasmagorico viaggio da Imola a Lucca e poi da lì in Russia fino alla Luna.

Perché l’Oreste riuscirà a essere dimesso dal suo “osservatorio astronomico” ma, nonostante le indicazioni del suo psichiatra, per reinserirsi nella vita ci saranno problemi. Già al bar dove si ferma a bere il caffè: la sua tazzina non riesce ad allinearsi nella direzione della catena delle altre tazzine. La sua volteggerà, fuori dal coro.

E allora farà ritorno nel suo “osservatorio astronomico” e da qui, presa coscienza che “la vita è uno schifo”, che lui non ne ha colpa ma che questo non conta niente, troverà un altro modo per fare il suo anelato viaggio. Decollerà. E arriverà sulla Luna. Mariù lo sta aspettando. 

Claudio Casadio

Claudio Casadio riesce a trascinarci nell’assaporare l’ebrezza della vera libertà, che non esclude l’angoscia delle inevitabili umane vertigini. La sua mirabile capacità interpretativa trova massima espressione attraverso il testo che il celebre “scrivano” Francesco Niccolini gli ha cucito addosso su misura.

Francesco Niccolini

La regia del poliedrico Giuseppe Marini realizza uno spettacolo di denuncia poetica, dalla straziante bellezza. Ci guida in uno sguardo verso “la diversità”, solleticandoci quella necessaria misericordia che, sola, potrà salvarci.

Giuseppe Marini

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Roma, Teatro Quirino Vittorio Gassman 
Stagione 2022 2023
“L’ORESTE”
di Francesco Niccolini
con CLAUDIO CASADIO
illustrazioni di Andrea Bruno
regia di Giuseppe Marino
scenografie e animazioni Imaginarium Creative Studio
costumi Helga Williams
musiche originali Paolo Coletta
light design Michele Lavanga
aiuto regia Gaia Gastaldello
direttore di scena Sammy Salerno
tecnico video Marco Schiavoni
collaborazione alla drammaturgia Claudio Casadio
voci di
Cecilia D’Amico (sorella)
Andrea Paolotti (Ermes)
Giuseppe Marini (dottore)
Andrea Monno (infermiere)

Bambola – La strada di Nicola

TEATRO LO SPAZIO, dal 30 Marzo al 2 Aprile 2023 –

La nostra identità è davvero espressa dal nostro nome proprio ? E come potrebbe ? Il nostro nome è scelto da altri, i nostri genitori, che inevitabilmente finiscono per caricarlo di tutte le loro aspettative. E’ un po’ come se già prima di nascere “venissimo scritti” da altri . Ma a noi resta ancora la libertà di scrivere qualcosa di “davvero nostro” .

Paolo Vanacore, autore del testo dello spettacolo “Bambola, la strada di Nicola”

Questo ci ricorda il testo pieno di bellezza “Bambola, la strada di Nicola” scritto da Paolo Vanacore, interpretato con estroso ardore da un poliedrico Gianni De Feo e musicato dal Maestro Alessandro Panatteri.

Il Maestro Alessandro Panatteri

Nicola è il nome di ripiego di Nicoletta (Strambelli, in arte Patti Pravo) la dea adorata dalla madre di Nicola: quel tipo di donna che la mamma non era riuscita ad essere. Ma ora poteva riuscirci sua figlia: si sarebbe chiamata come lei, Nicoletta, e avrebbe ereditato la sua stessa personalità: libera, vera, autentica. La signora non lascia minimamente spazio, tra le sue aspettative, alla possibilità di poter dare alla luce un figlio. Quando accade se ne dispera. E non smette di farlo, silenziosamente, per tutta la vita.

La cantante Patty Pravo

Tra frustrazione e inevitabile assecondamento, Nicola cresce. Ma già da bambino inizia a sentire “di essere chiamato” per lasciarsi andare in un’altra direzione. Il primo segnale lo sperimenta nei momenti in cui suo padre, che non nutre invadenti aspettative su di lui e lo ama così com’è, riesce a ritagliarsi degli spazi da dedicargli. Quando cioè, soliti stendersi a terra, il piccolo Nicola ama chiudersi in posizione fetale all’interno del corpo di suo padre, come in un guscio. Quasi l’immagine di una nuova gestazione.

Un paradiso tu vivrai se tu scopri quel che hai…” . Scoprire ciò che si ha, scoprire il proprio “valore”, la propria autentica identità e potervi accedere per “realizzarsi” come persona: questo cantava Patty Pravo, un’avanguardia negli anni ’60. Ma quanta (apparente) sicurezza siamo disposti a cedere per non tradire il nostro desiderio, il nostro talento, senza farlo dipendere totalmente dagli altri ?

Gianni De Feo, interprete e regista dello spettacolo “Bambola, la strada di Nicola” al Teatro Lo Spazio

Il padre di Nicola muore quando lui ha solo sette anni e dieci anni dopo sua madre sceglie di suicidarsi. Nicola resta orfano e qualcosa, già vivo in lui, inizia a prendere forma: Bambola. Un nome che Nicola sceglie pensando a quel tipo di donna cantato da Patty Pravo. Una donna che aspetta godottianamente qualcosa che deve arrivare e che con sensibilità leopardiana non può fare a meno di rivolgersi alla Luna per constatarne però ogni volta il suo disinteresse.

Gianni De Feo, interprete e regista dello spettacolo “Bambola, la strada di Nicola” al Teatro Lo Spazio

Una storia avvincente, personale e insieme universale, immersa nella Roma degli Anni ’60, dove nelle periferie si vivevano i fermenti dei moti di emancipazione: il femminismo, la libertà sessuale, la contestazione giovanile. Periferie laboratorio, dove Pasolini ambientava, tra l’altro, le interviste dei suoi “Comizi d’amore”. Tra le voci di un’umanità che inizia a trovare l’ardire di parlare di sessualità, intervistato è anche un Giuseppe Ungaretti che dichiara che in amore non esiste un concetto di “normalità” che lega gli uomini alla propria natura. A salvarci è solo uno “sforzo di poesia”.

Giuseppe Ungaretti e Pier Paolo Pasolini in “Comizi d’amore”

Poesia che Gianni De Feo dimostra di saper portare in scena: sua infatti è la capacità di utilizzare il corpo per catalizzare l’attenzione per poi scoccare il dardo dell’emozione sul pubblico. Con grande controllo di gestualità e mimica: senza mai incorrere in eccessi.

Gianni De Feo, interprete e regista dello spettacolo “Bambola, la strada di Nicola” al Teatro Lo Spazio

La cifra stilistica di Gianni De Feo trova espressione in una capacità registica ed attoriale sincretica, che si avvale della complice sinergia di linguaggi diversi. La canzone, ri-arrangiata per essere messa al servizio dell’interprete ad esempio e’ una componente drammaturgica imprescindibile che, unita alla lingua da proscenio, dà vita ad una proposta di teatro canzone davvero molto interessante. Frutto della particolare affinità tra Gianni De Feo, Paolo Vanacore (autore del testo), il Maestro Alessandro Panatteri e Roberto Rinaldi (curatore delle scene e dei costumi).

Gianni De Feo, interprete e regista dello spettacolo “Bambola, la strada di Nicola” al Teatro Lo Spazio

Lavia dice Leopardi

TEATRO VASCELLO, 22 Ottobre 2021 –

Il palco è vuoto. Poi entra lui. E con lui una “donzelletta”. Conosciuta, ma in realtà tutta da scoprire. E’ come se Lavia facesse delle nuove presentazioni e poi ti guidasse attraverso “i perché” della scelta di determinate parole. Che regalano immagini. Che a loro volta ti consegnano la filosofia del Leopardi. Prima fra tutte, l’immagine che la vita si dà nel momento in cui tramonta. Non a caso la donzelletta arriva “in sul calar del sole”. E non a caso Lavia invita a soffermarsi sull’immagine successiva, costruita come un controcampo cinematografico: quella di una “vecchierella”. Che fila e che tanto ricorda le tre Parche dell’Antica Grecia.

E anche quest’ultima viene “incontro laddove si perde il giorno”. La descrizione prosegue e più avanti arriva un “Poi”, che ci sorprende come un colpo di scena. Ma in realtà ritorna sempre lo stesso concetto: “un legnaiuol che s’affretta e s’adopra di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba”. Ma se allora così è la vita, se la festa è nella sua fine, non ci resta che godere !

Lo spettacolo è tutto un “dire”, cioè un personalissimo e generoso donare al pubblico l’enigmaticità di alcuni nodi poetico-filosofici. Per poi scioglierli. Con le mani, che sanno svelare più delle parole: la destra sempre più libera e vibrante; la sinistra più contratta. Uno spettacolo che si apre ad una provocante interazione con il pubblico: complice anche quel piccolissimo gradino che separa il palco dalla platea, caratteristico di questo Teatro. E poi la chiusura, che leopardianamente apre a un nuovo inizio: tutti coralmente a “dire” L’Infinito.