Darwin inconsolabile (un pezzo per anime in pena)

TEATRO INDIA, dal 23 al 28 Maggio 2023 –

La sensibilità e l’afflato di Lucia Calamaro fanno sì che dal buio prenda vita un’insolita “isola”, i cui costumi della specie che la abita possono essere interessanti da analizzare da parte di noi del pubblico.

Lucia Calamaro, autrice e regista dello spettacolo “Darwin inconsolabile”

Per una sera, noi un pò come Charles Darwin (1809 – 1882): il biologo, naturalista, antropologo, geologo ed esploratore britannico – celebre per aver formulato la teoria dell’evoluzione delle specie vegetali e animali – che raccolse molti dei dati su cui basò la sua teoria, durante un viaggio intorno al mondo sulla nave HMS Beagle. In particolare durante la sua sosta alle Galápagos.

Charles Darwin (1809-1882)

Quella dello spettacolo di cui la Calamaro è autrice e regista è “un’isola” in cui una specie umana vive tra centro commerciale e casa. In cui si interpreta il contenuto del carrello della spesa un po’ come gli antichi greci consultavano l’oracolo di Delfi. La divinità qui è la plastica: immortale e sempiterna. Come Dio. 

Gioia Salvatori, Simona Senzacqua, Riccardo Goretti e Maria Grazia Sughi in una scena dello spettacolo “Darwin inconsolabile”

Da buoni osservatori non possiamo non notare come in questa “isola” ci siano problemi di “imprinting”: la mamma soffre perché i suoi tre figli (ormai adulti) non la seguono più. Ad esempio, sebbene lei sia “creazionista” e creda che tutti noi “siamo preda del fato”, sua figlia Gioia è attratta da “teorie trans-evoluzionistiche” che auspicano le unioni tra specie diverse tra loro.

Gioia Salvatori, la figlia trans evoluzionista

La mamma prova il tutto per tutto allora (in realtà ormai da anni) mettendo in atto un esperimento di “tanatosi”: si finge prossima alla morte, un atteggiamento strategico che gli animali utilizzano quando si trovano in pericolo. Gioia perde i sensi, ripetutamente; Serena se ne va tentando di affogare la (solita) strategia materna nel vino e Riccardo avverte la mamma di non andare oltre con la solita pagliacciata.

Maria Grazia Sughi, la madre

L’arguto testo della Calamaro intreccia a doppio filo quelli che sono i bizzarri comportamenti “etologici” della specie umana alle relative dinamiche psicologiche. L’idea di base è che tutto ciò che appare visibile è sempre il risultato di un processo nascosto. Una sorta di archeologia. 

Eduardo Urbano Merino, “Genetic neuropsychiatry

Tra stanislavskjismo e cristianesimo la madre “sembra” preoccuparsi solo ed esclusivamente se alle sue “messe in scena” di tanatosi i figli “ci credano” o meno. Ma cosa nasconde in realtà questo atteggiamento? Quanto bisogno abbiamo di essere amati, accarezzati, coccolati, presi in considerazione? Cosa siamo disposti a fare per ottenere “calore” da parte degli altri? Di cosa ci parla questo bisogno?

Una scena dello spettacolo “Darwin inconsolabile”

Persa la capacità di relazionarci con gli Altri ma anche con la Natura che ci ospita, tendiamo a privilegiare atteggiamenti individualistici. E quindi egoistici: manipolatori. Ma il posto dove appoggiamo i piedi si muove tanto quanto quello che è sopra le nostre teste.

E a ricordarcelo è proprio Darwin: a mescolare e rimescolare continuamente la terra sono creature molto poco “considerate”, i vermi, i quali riescono a rendere “fertile” il rapporto con la terra grazie ad atti “performativi” piccoli e lenti ma costanti. Proprio come avviene per l’evoluzione degli esseri viventi sulla superficie della Terra.

I lombrichi, infatti, formano lo strato superiore del suolo – il terriccio vegetale fondamentale per la coltivazione – e poi vi depositano una gran quantità di terra fine, in forma di rigetti o deiezioni. Ciò che ci sembra così stabile ( il suolo) in realtà è l’effetto di un rimescolamento quasi invisibile.

Darwin era attirato da questa piccola ma costante “regolarità” d’azione, che porta a scendere verso il basso, nel terreno, pietre e rovine del passato. Ma anche uomini, se si pongono come ostacolo e non rispettano questo processo. Questa relazione con la Terra.

Simona Senzacqua, la figlia ostrica, risucchiata dal timore per le nuove generazioni

Nella pagina iniziale del libro “L’azione dei vermi” – una delle opere meno note di Darwin, anche se all’epoca fu un vero e proprio successo editoriale e la sua diffusione fu superiore alla stessa “Origine della specie” – Darwin scrive una frase emblematica: “la massima de minimis lex non curat non si applica alla scienza”.

Sono infatti gli effetti piccoli e cumulativi a essere interessanti. Così come nelle relazioni umane.

Purtroppo ci siamo allontanati da questa direzione: “non stiamo facendo niente per noi e per gli altri” -sospira Gioia. “Quello che deve incombere, incomba” – ribatte la mamma “creazionista” .

Ma forse si può ancora fare qualcosa per “consolare” Darwin e vivere meglio. Perché saranno quelli erroneamente definiti “stupidi” -cosi come tali vengono considerati i vermi- a sopravvivere e a permettere “una fertile” evoluzione della specie.

Uno spettacolo pieno di ritmo: profondissimo e insieme esilarante. Grazie anche agli interpreti Riccardo Goretti, Gaia Salvatori, Simona Senzacqua e Maria Grazia Sughi che sanno come portare in scena, cioè con sapiente leggerezza, tutto il marcio delle nostre dinamiche familiari e sociali. 

Da lontano. Chiusa nel rimpianto

TEATRO INDIA, dall’8 al 12 Marzo 2023 –

SCRITTO E DIRETTO DA LUCIA CALAMARO

La scena (curata da Katia Titolo) è bianca. Asettica. Con una sola parete sul fondo. Vuota, ad eccezione di un piccolo tavolo e due sedie da campeggio. Una figlia (Isabella Ragonese) ora terapeuta, è “al di qua” dalla parete. Al di là della stessa, sta quel che resta della mamma (Emilia Verginelli). Si parlano. Sembra un insolito setting terapeutico, dove la figlia fa di tutto per costruire quell’ indispensabile “alleanza” che si deve instaurare tra medico e paziente. La mamma però è tutta concentrata a boicottarla.

Isabella Ragonese in una scena dello spettacolo “Da lontano. Chiusa nel rimpianto” scritto e diretto da Lucia Calamaro

Laddove la figlia, ormai adulta sente l’urgenza di ricucire, riparando con la parola e con l’ascolto uno strappo, un vuoto, una disattenzione del passato, la mamma reagisce invece sostituendo quasi totalmente la parola con i rumori infastidenti del trapano e del martello, con i quali la immaginiamo distratta in lavori. Che sia invece il suo modo di “riparare” ?

Isabella Ragonese in una scena dello spettacolo “Da lontano. Chiusa nel rimpianto” scritto e diretto da Lucia Calamaro

Stremata e frustrata dalla difficoltà di comunicazione, in un apparente casuale momento di pausa-tregua, la figlia “accampandosi nell’isola”, costituita dal tavolo e dalle sedie da campeggio, “si collega” via Skipe con una paziente, dalla personalità simile a quella di sua madre. È in un metaforico “stare in campo”, in un assedio senza attacchi diretti ma tale da provocare “una mossa”, che la genialità della regista Lucia Calamaro dà vita ad una sorta di teatro, nel teatro on line. Da remoto. Da lontano: come evoca il titolo.

Lucia Calamaro, autrice e regista dello spettacolo “Da lontano. Chiusa nel rimpianto”

La mamma, di là dalla parete, si permette finalmente di prestare ascolto, non essendo coinvolta in maniera diretta. Lo capiamo dal diverso atteggiamento che offre ora alla figlia, dopo che quest’ultima ha ultimato la seduta on line. “Hai mangiato?” – è finalmente la sua prima domanda. La prima volta che fa trapelare il suo essere disposta ad entrare in relazione. Non a caso Elsa Morante era solita sostenere che proprio questa domanda esprime, più di altre, l’amore. L’interesse per un nutrimento non solo alimentare. 

Isabella Ragonese e Emilia Verginelli (la madre)

La coinvolgente struttura della narrazione, seminando opportunamente dettagli, crea quella suspense necessaria per mantenere viva l’attenzione dello spettatore. Soprattutto su un tema dove potrebbe risultare scomodo “stare”.

Isabella Ragonese

Isabella Ragonese (la figlia), avvolta nel suo tailleur blu egiziano (i costumi sono di Francesca Di Giuliano) sa essere una di noi. Sa esserci vicina. Sa con la sua interpretazione, assecondare e valorizzare un testo che ci seduce a entrare in campo, a superare la tentazione di mantenere un confine, un margine. E arriva il punto in cui qualcosa ci spinge a fare un altro passo. E ci siamo dentro. Per fortuna. “Senza l’altro … ma come si fa !?” . 

Un setting-teatro intenso e versatile. Come il blu egiziano: il più sublime dei blu. Il blu di quel cielo che si può aprire, come il tailleur, rivelando le gialle stelle.

Isabella Ragonese


con la partecipazione di Emilia Verginelli

disegno luci Gianni Staropoli

costumi Francesca Di Giuliano

scene Katia Titolo

foto Natalia Nieves Iszakovits

produzione Pierfrancesco Pisani e Isabella Borettini

per Infinito Teatro Argot Produzioni

in collaborazione con Riccione Teatro


Isabella Ragonese e Lucia Calamaro