Amleto

TEATRO ARGENTINA, dal 15 Novembre al 4 Dicembre 2022 –

Amleto siamo noi.

Amleto è uno di noi: immerso qual è in dinamiche familiari ed esistenziali sempre attuali.

Amleto è un mito moderno: un uomo alla continua ricerca di una ragion d’essere ma soprattutto un uomo dilaniato da una prepotente dualità. 

Il regista Giorgio Barberio Corsetti

Dualità che, com’è nel destino da sperimentatore del regista Giorgio Barberio Corsetti , trova sviluppo in questo adattamento prendendo le sembianze di una interessantissima “metamorfosi” globale. 

In fieri, in trasformazione, non è solo Amleto ma tutto l’universo in cui è immerso. Ad iniziare dalla leviatanica struttura multiscenica (così cara al teatro shakespeariano) rappresentante il castello-prigione di Elsinor (le scene sono firmate da Massimo Troncanetti). Complice una schiera di macchinisti che entrano ed escono dalla scena, come in un’elegante coreografia, armonicamente declinata sulla poetica della narrazione.

Una scena dell’ “Amleto” di Giorgio Barberio Corsetti

Parlano di intrinseche dualità i pannelli che scendono a “tagliare” l’apparente verità, rivelando ciò che in essa si cela.

Una scena dell’ “Amleto” di Giorgio Barberio Corsetti

Dualità che metamorficamente si moltiplica in una frammentazione, nella scena del duello finale tra Amleto e Laerte. Davvero molto suggestiva: acuta intuizione quella di Corsetti di far scendere sulla scena pannelli specchianti che moltiplicano, scomponendoli in una miriade di immagini, i due contendenti. Intuizione che ricorda archetipicamente la scena del labirinto di specchi de “La signora di Shangai” di Orson Welles.

Il M° Massimo Sigillò Massara

Incentrate sulla dualità classico-contemporanea sono le originalissime architetture musicali composte dal Maestro Massimo Sigillò Massara. 

Una scena dell’ “Amleto” di Giorgio Barberio Corsetti

Ad un interessante “in bilico” sono sapientemente sottoposte anche alcune prove attoriali: davvero stimolante la resa di alcuni passi della narrazione dove la decisa inclinazione dei piani costringe gli interpreti a trovare sempre nuovi equilibri fisici. E metafisici. 

Una scena dell’ “Amleto” di Giorgio Barberio Corsetti

Perché ciò che conta, conclude l’ “Amleto” di Corsetti non è stabilire nettamente se “essere o non essere” quanto piuttosto “essere presenti a tutto”. E a tutti: perché l’immortalità dei mortali si dà nell’essere ricordati. E nell’avere, quindi, la preziosa opportunità che qualcuno desideri essere il “testimone” della nostra esistenza. Come Amleto lo è stato per il re, suo padre, e Orazio lo sarà per il carissimo amico Amleto. 

Gli applausi ieri sera alla prima dell’ “Amleto” di Giorgio Barberio Corsetti

Gli attori danno una splendida prova della “fluidità” in cui sono chiamati a muoversi. Non ultima quella tra l’essere “attori” e l’essere “spettatori”.

Particolarmente accattivante la rivisitazione che Corsetti fa di alcuni personaggi: un’ Ofelia poeticamente rock (interpretata con profonda leggiadria da Mimosa Campironi) che, anziché ‘evadere’ intrecciando ghirlande di fiori, preferisce ascoltare musica correndo sul tapis roulant, oppure sedersi sul bordo della finestra, al chiaro di luna, scrivendo lettere e suonando la sua chitarra elettrica. Una splendida rivisitazione della Audrey Hepburn di “Moon River”. Molto gradevole anche l’elegante poliedricità che Corsetti regala al padre di Ofelia, Polonio ( il gentlemen Pietro Faiella) raffinato anche nei panni di giardiniere, che a tratti ricorda il candore di Chance in “Oltre il giardino”. Felice poi l’idea di rendere la complessità psicologica di Gertrude (l’interprete è Sara Putignano) attingendo anche ad una sensualissima Jessica Rabbit. Fausto Cabra (Amleto) brilla per naturalezza e filosofica inquietudine.

Fausto Cabra (Amleto)

Il disegno luci di Camilla Piccioni è così chirurgicamente efficace, da ricoprire un vero e proprio ruolo poetico all’interno della narrazione.

Scheggia ancora di mille vite

TEATRO INDIA, Dal 30 Maggio al 1° Giugno 2022 –

TEATRO INDIA
 30 maggio – 1° giugno 2022

 Giorgio Barberio Corsetti
 SCHEGGIA ANCORA DI MILLE VITE
 
esercitazione a cura di Giorgio Barberio Corsetti
 
da Pier Paolo Pasolini
 
assistenti alla regia Andrea Lucchetta, Luigi Siracusa
 con Anna Bisciari, Lorenzo Ciambrelli, Doriana Costanzo, Alessio Del Mastro, Vincenzo Grassi, Ilaria Martinelli, Eros Pascale, Marco Selvatico, Giulia Sessich

musiche originali e maestro di coro Massimo Sigillò Massara
 scene Alessandra Solimene
 costumi Francesco Esposito
 direttore di scena Alberto Rossi
 fonica Laurence Mazzoni
 sarta Marta Montevecchi
 Produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale
 in co-realizzazione con Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”
 
L’ iniziativa fa parte del programma PPP100-Roma Racconta Pasolini promosso da Roma Capitale Assessorato alla Cultura con il coordinamento del Dipartimento Attività Culturali

 
orari: dal 30 maggio al 1°giugno 2022 ore 19.00 – durata: 1h30’ –

Spuntano come fiori, baciati da un canto crepuscolare. Un canto che, la regia di Giorgio Barberio Corsetti e le musiche originali di Massimo Sigillò Massara maestro di coro, rendono incanto, incantesimo, rito magico. L’attenzione cade sulla parola: la prima delle magie dell’uomo, capace di generare l’impossibile, passando per l’intonazione della voce e per il ritmo del respiro, su cui si regge il suono. Consapevoli del potere dell’asserzione, i ragazzi di borgata di Corsetti spuntano dall’ansia tipica “di chi è, ciò che non sa”, di chi ama e conosce ora e ancora, “spinti da un festivo ardore”. Sono gli allievi del Biennio di specializzazione in recitazione e regia dell’Accademia “Silvio d’Amico”, la cui esercitazione, una produzione del Teatro di Roma, curata appunto dal regista Giorgio Barberio Corsetti, ne costituisce l’esito. E’ il regista a condurci da loro, guidandoci appena fuori dal Teatro India, dove la natura, indifferente e selvaggia, prende il sopravvento sull’edilizia civile e su quella post-industriale. Quasi fossimo noi del pubblico una macchina da presa, Corsetti di volta in volta ci gira verso il nuovo obiettivo da raggiungere ed inquadrare con il nostro sguardo: ora, ad esempio, l’interno di un edificio ormai privo di tetto. Qui i ragazzi si raccontano stornellando. Ed è un nuovo incanto. Rime pittoresche, salaci e pungenti, di sfottò uniti alla saggezza popolare dei proverbi : un spaccato di vita quotidiana fondato sul “contrasto”, una gara di bravura fra cantori dell’improvvisazione. 

Il “nostro sguardo” viene spostato poi su un lato del cortile esterno del teatro, dove è stata ricreata l’ambientazione di un bar. Qui, dove “appare ancora dolce la sera”, i ragazzi di borgata sono soliti ritrovarsi, tra Viale Marconi e la stazione di Trastevere, “in tuta o coi calzoni da lavoro, ridenti e sporchi”. La carrellata dello sguardo prosegue e da dietro le inferriate dello stabile, o dall’unica finestra libera, parte un’invettiva contro le madri: quelle vili, mediocri, servili e feroci della “Ballata delle madri”. Veniamo condotti poi dentro, al buio: unico chiarore caravaggesco quello di una tavola dove i ragazzi si apprestano a farsi una spaghettata ma … non mangiano. E poi ancora più dentro ad assistere ad una scena di corteggiamento, separati da un velatino. E poi, di nuovo prossimi all’esterno, assistiamo al frantumarsi del mandala di un momento privato del poeta, catturato da Letizia Battaglia. E di nuovo fuori: tra la ferocia di uno scippo e la leggerezza di una partita di pallone. Fino al commiato: nella natura. Dalla quale, i ragazzi di vita, “come allora, scompaiono cantando”. “Sempre senza pace”: uno sguardo alla vita, uno sguardo alla morte. 

La feroce freschezza degli allievi dell’Accademia “Silvio D’Amico”, complici la suggestiva scelta delle coordinate spazio-temporali da parte del regista Corsetti e la sublime malinconia evocata e declinata con elegante efficacia dalle musiche originali di Massimo Sigillò Massara, maestro di coro, fanno di questa esercitazione un gioiello di “folgorazioni figurative”, cesellato da un originale sodalizio armonico tra musica, versi e teatro.

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