Incontro con LINO MUSELLA – ciclo di incontri “Artigiani di una tradizione vivente” –

EX VETRERIE SCIARRA, 4 Dicembre 2023 –

A testimonianza di come i fili della tradizione s’intessano preziosamente all’interno della trama dell’ habitus attoriale, ieri nell’Aula Levi delle ExVetrerie Sciarra si è avuta l’opportunità di ascoltare – grazie al ciclo di incontri “Artigiani di una tradizione vivente” organizzati da Sapienza Università di Roma – l’affascinante racconto che Lino Musella ha fatto della sua personale esperienza.

Attraverso un appassionante dialogo con Guido Di Palma e con il pubblico presente in sala, Musella ha rievocato i suoi inizi da 15enne affamato di qualcosa di ancora ignoto.

Iniziato il suo apprendistato da tecnico, macchinista e servo di scena presso il Teatro Politeama di Napoli, qualcosa arriva a nutrire quel vuoto. Sono questi gli anni in cui lavorando ma soprattutto guardando gli attori sul palco – di sera in sera, di stagione in stagione, anche durante i festival estivi – ha l’opportunità impagabile di lasciare che la sua fame misteriosa prenda tutte le possibili forme prima di individuarne una in particolare, più invitante delle altre.

Lino Musella

Quando rivela al Direttore di scena al quale era stato affidato che lui ora sa di voler fare teatro, si sente rispondere che il teatro “ora è tutto finito. Non restano che macerie”. Ma i morsi della fame sono autentici e queste parole non riescono a fargli perdere l’appetito: inizia così il suo recuperare “i mattoni buoni” dalle macerie, per avviare una costruzione.

Si guarda tutto di Eduardo De Filippo: ossessivamente. E fa suo l’imperativo categorico di Eduardo: “La vita che continua è la tradizione”.

Per diverse estati riesce a frequentare una settimana di residenza all’Odin Teatret: un’esigenza la sua più di rapportarsi con il “luogo” che con “la modalità attoriale”.

Lino Musella

Successivamente, dopo tre anni da “ragazzo di bottega” al Politeama, a 18 anni si sposta a Roma per frequentare quei fascinosi luoghi “off” che erano le “cantine” .

Va a Milano per frequentare il corso di regia alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi.

Diplomatosi, rientra a Napoli e qui frequenta le avanguardie, tra cui Leo De Berardinis, Guido Di Palma, Annibale Ruccello.

Prende forma allora uno stile che si fonda su uno sguardo totalmente affidato all’istinto, alla sensazione senza rielaborazione.

Ne nasce uno stile che si nutre di “dissociazione”, di pericolo, di rischio, di voglia di cadere: un’esigenza interiore, oltre che professionale di nuovi equilibri sempre da cercare e quindi continuamente da perdere. Per poterne ricercare ancora. E ancora.

Una vocazione attoriale che ha trovato ospitalità e nutrimento in un vuoto, che urla senza tregua l’esigenza vitale di essere alimentato con una continua tensione.


Con Lino Musella termina il ciclo di incontri Artigiani di una tradizione vivente nell’ambito del progetto Le lacrime della Duse – Il patrimonio immateriale dell’attore.

Il progetto – di grande valore artistico – nato per recuperare l’antica cultura artigiana del teatro che punta a preservare e valorizzare il patrimonio immateriale dei saperi teatrali, dopo il primo ciclo di formazione teatrale e drammaturgica per giovani attori under 35 curata da Glauco Mauri, ha inaugurato il secondo step dedicato agli “Artigiani della tradizione vivente”, un ciclo di incontri con grandi attori e attrici della tradizione teatrale condotti da Guido Di Palma. Gli appuntamenti hanno ospitato Umberto Orsini, Isa Danieli. Gabriele Lavia, Alessandro Serra, Mimmo Cuticchio e Lino Musella.

Le lacrime della Duse. Il patrimonio immateriale dell’attore, curato dalla Compagnia Mauri Sturno, è un progetto finanziato dal MIC ed ha coinvolto l’Università di Roma La Sapienza che fornisce il supporto logistico e una consulenza culturale attraverso il CREA – Nuovo teatro Ateneo e il progetto “Per un teatro necessario – Residenze didattiche universitarie” della Sapienza Università di Roma, diretto dal Prof. Guido di Palma.

Recensione dello spettacolo COME UN ANIMALE SENZA NOME – testi di Pier Paolo Pasolini – con Lino Musella

TEATRO VASCELLO, dal 28 al 30 Novembre 2023 –

Lino Musella porta in scena sull’eclettico palco del Teatro Vascello un Pasolini “allo specchio”.

L’intimità della sua lettura interpretativa e la scelta dei testi – la cui cura è stata affidata al poeta e drammaturgo Igor Esposito – fanno dell’allestimento quasi una rievocazione della passione del Pasolini uomo scisso, spaccato in mille contraddizioni.

Pier Paolo Pasolini

La parola di Pasolini s’incarna nella voce di Musella che lo ospita intessendo un visionario dialogo con la drammaturgia musicale di Luca Canciello – musicista e sound designer devoto alla sperimentazione, in special misura quella sul ritmo. La lirica inquieta di Pasolini scopre così affinità con certe sonorità elettroniche, dense di attese e di sublimi ossessioni.

E qualcosa di sacro si manifesta proprio mentre si cela nella natura animale: Musella ci dà il fianco, si rende schivo e insieme vulnerabile. Si lascia disegnare da un profilo luminoso, quasi a evidenziare contemporaneamente la finitezza senza nome e insieme la presenza epifanica del Poeta.

Maledettamente divino, dentro un’esistenza perimetrata.

Luca Canciello, Lino Musella e Igor Esposito


Recensione di Sonia Remoli

Recensione dello spettacolo NELLA SOLITUDINE DEI CAMPI DI COTONE di Bernard-Marie Koltès – regia di Andrea De Rosa

TEATRO INDIA, Dal 17 al 29 Maggio 2022 –

Qualcuno ci sta spiando, laggiù in fondo al palco. Oltre il palco. La scena è senza argini: si dà senza pudore. Il sipario c’è ma ha perso la sua funzione: ne resta solo una parte ed è relegato verso la metà del palco, raccolto solo sul lato sinistro. Il suo rosso acceso è l’unica nota di colore in uno spazio indefinito.

Anche le luci sono dislocate: lasciano l’alto e s’incarnano su due treppiedi che dominano la scena: loro i primi personaggi che si palesano. Il flusso luminoso non è libero, a differenza dello spazio in cui sono immerse. È contenuto, delimitato e indirizzato verso la destra del proscenio, verso qualcuno o qualcosa che deve arrivare E poi c’è sempre quella donna laggiù, in fondo, oltre il fondale.

Federica Rosellini

Ci osserva, uno ad uno, mentre prendiamo posto in sala. Ci legge. Sembra saperne più di noi. È una presenza imbarazzante. Ma ad un certo punto non resiste. E avanza verso di noi: scalza, dal crine sciolto, indossando (ancora) un costume d’epoca. Arriva fino in proscenio: ci guarda tutti, si spoglia del soprabito e lo stende a terra. Come a deporre le armi. Solo ora le luci si abbassano e si diffonde la prima Variazione Goldberg: “Aria”. La donna ci rivela che quello che stiamo condividendo con lei è un particolare momento del giorno: “l’ora che volge al crepuscolo”, quella in cui s’incontrano solo persone alle quali “manca qualcosa”. Come noi. Come colui che si sta avvicinando da fuori, rasentando il muro, dal quale con difficoltà e di malavoglia si stacca.  

Federica Rosellini e Lino Musella

La donna si dichiara, con spavalda e seducente umiltà, come colei che possiede la capacità di soddisfare i desideri altrui. Ma anche lei può e vuole desiderare. E per farlo ha bisogno “che le sia chiesto” di soddisfare quel particolare desiderio. Questa è la sua “mancanza”, di cui è consapevole, e che anela fino ad esigere di soddisfare. Come “la sporgenza cerca l’incavo”. In una geometria di prossemici avvicinamenti e fughe, sui quali sono costruite le stesse Variazioni Goldberg, qui interpretate da Glenn Gould.

Federica Rosellini

Una geometria che non rifugge l’ampio spettro delle emozioni, anzi le esalta, le scova, toccandone ogni possibilità espressiva. Ma occorre saper modulare “le altezze” dalle quali si guarda. Lei attacca, dall’alto della sua consapevolezza, sfoderando tutte le sue arti di seduttiva venditrice. Ma lui le resiste. Sebbene riconosca che lo sguardo di lei “potrebbe far venire a galla il fango”, si trincera dietro i canoni dell’omologazione. Ora, però, è avvenuto questo incontro e nulla è più come prima.

Federica Rosellini e Lino Musella

Nonostante ciò, resiste alla forte spinta eversiva: si posiziona più in alto e si gloria di “saper dire no”. E lei, di “conoscere tutti i sì”. Ovviamente non succede nulla e la venditrice retrocede all’indietro, di spalle, senza voler riconoscere e offrire la propria vulnerabilità. Torna a quel che resta del suo sipario e da lì ricava nuova energia per risorgere dalle due ceneri, come solo la fenice sa fare. E così farà più volte, per tutti i “no” che lui le dirà.

Federica Rosellini

Fino a che non inizierà a guardarlo da “una nuova altezza” concedendogli di non guardarla, di immaginare “di chiederle” di esaudire il suo desiderio nella solitudine tipica di un campo di cotone. Ancora un “no”: lei è troppo “strana”. “Laddove mi aspetterei pugni, arrivano carezze”- si difende lui. Ma la donna sa aspettare e sa che ognuno ha i suoi tempi per riconoscere dignità ai propri desideri. E solo quando lei, iniziando a scendere dal suo piedistallo, si confesserà “povera” per il bisogno che la abita costantemente, anche lui allenterà le redini.

Lino Musella e Federica Rosellini

Troveranno un piano comune sul quale incontrarsi senza difese, dove riuscire a scambiarsi la propria pelle, quella più sospettosa. Perché il desiderio ci vuole disarmati, poveri, aperti. E i proiettori che prima erano indirizzati solo sull’ “altro”, con fare inquisitorio, ora la donna li indirizza verso il sipario: il luogo del “noi”, che ci vede tutti inclini ad abbassarci fino al più profondo degli inchini. Per poterci, poi, librare alti come aquile. E poi di nuovo anelanti del “basso”: condizione indispensabile per poter spiccare davvero nuovi e intrepidi voli. Altissimi.

Federica Rosellini e Lino Musella

Magnifica, la scelta del regista Andrea De Rosa di affidare ad una donna la parte del “venditore”. I sospetti verso chi è interessato a creare o scoprire bisogni in noi sono amplificati esponenzialmente da ciò che risulta più difficilmente traducibile: la natura femminile. Lo straniero più straniero. La più ricca di variazioni. Ma anche nell’uomo abita una donna difficile da tradurre (anche per una donna).

Il regista Andrea De Rosa

Federica Rosellini e Lino Musella ne sono stati enigmatici ed illuminanti interpreti. Uno spettacolo sulla potenza vitale dell’incontro. Perché ciò che dà sapore alla vita è il carattere rivoluzionario di certi incontri. Come il teatro ci insegna da sempre.

Teatro India


Recensione di Sonia Remoli