Miracoli metropolitani

TEATRO VASCELLO, 11-23 Gennaio 2022 –

Lampeggia una luce rossa. Quale sarà il pericolo? Il luogo inizia a popolarsi di un’umanità egoista ed ipocrita, sciacallamente intenta ai propri interessi (e il pensiero va a “The Kitchen” di Arnold Wesker). Abbiamo perso un sogno, il gusto di parlarci, la voglia di aiutarci? Ha perso la comunità?

Regna il caos: i liquami delle fogne di un’ipotetica città hanno rotto gli argini e invadono ogni luogo. Soprattutto a livello olfattivo. Tutto è maleodorante. La soluzione è chiudersi in casa, ognuno nella propria casa, pensando di poter arginare così, singolarmente, il problema.

In scena una fantomatica cucina, con sede in uno squallido scantinato: “prepara” pasti precotti (acquistati in Cina) per celiaci, da consegnare a domicilio. E apparentemente si sta arricchendo. Più che una cucina, ci si rivela una fucina: un luogo infernale dove manca la cura nel preparare il cibo, primo veicolo di amore, ma soprattutto dove si forgia la filosofia del massimo risultato con il minimo sforzo.

A discapito apparentemente solo degli altri. Una fucina d’inganni, di forze sotterranee. Ma, e questo magari è il messaggio finale dello spettacolo, ci si può ancora inventare una vita ricca d’intensità emozionale, nonostante la nostra natura da Sisifo: proprio perché consapevoli dei nostri limiti e proprio per questo possibili artefici del nostro destino.

Un’esistenza dove si può vivere grazie a guizzi d’amore. Quelli che a volte non riusciamo a trovare: come è successo a Plinio, il personaggio che ha progressivamente smesso di nutrire la sua insaziabile curiosità da chef stellato, schiacciato dal macigno che ci ostiniamo esclusivamente a caricare sulle spalle. Senza pensare che a volte anche Sisifo può distogliere lo sguardo, come Perseo con Medusa. E trovare così la forza di alleggerirsi creativamente. E soffrire, creativamente. Perché spesso la nostra paura a qualcuno conviene.

Perché non è la sottomissione houellebecchiana la nostra unica possibilità di sopravvivere: quella espressa dal mantra del personaggio Mosquito “a chi devo succhiare il cazzo oggi per avere un panino?”. Né esiste solo il muto e consapevole urlo munchiano di Clara, lavapiatti assurta a manager del business delle ostie per celiaci. C’è anche la possibilità di stare al mondo proposta da quel Platone (del “Simposio”) che Cesare, l’oratore aspirante suicida, presenta a Igor, il figlio adulto di Clara a cui va ricordato ogni giorno di cambiarsi le mutande e di lavarsi i piedi: quella di stare insieme, con amore. Perché solo l’amore ci può salvare: non la singolarità ma il “due”, la relazione. Qualcosa di diverso dalle “storie” su Instagram nelle quali Clara non manca di condividere incidenti e funerali, oppure proporre scommesse sugli altrui conflitti. Piuttosto un amore che nasce e si alimenta di “mancanze”. Ma solo quando ami, non temi più la vita. Perché anche l’assenza dell’altro diventa una cosa che sta con te. E’ così che può nascere un miracolo. Molto umano e un pò divino. Un miracolo metropolitano.

Gli attori sanno rendere leggerissimamente la loro (e nostra) pesantezza esistenziale. E si librano, ognuno a proprio modo, dentro questa cucina-vita che pare pretendere solo ritmi ossessivamente frenetici e ipocriti egoismi. E riescono a farci ridere: amaramente e di gusto. Forse perché anche noi, come Mosquito, non crediamo (solo) in Dio ma in Shakespeare. 

La compagnia dimostra una straordinaria capacità di leggere il nostro tempo, nel quale regna la tentazione di disinteressarsi a lottare, tutti insieme, mano nella mano, per un mondo migliore. Ma non tutto è perduto.

Un brivido, ormai quasi dimenticato, quello poi di assistere ad uno spettacolo in un teatro totalmente pieno. Di persone di ogni età. Un altro miracolo metropolitano.

Per conoscere meglio questa compagnia: carrozzeria orfeo

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