Recensione dello spettacolo LA FOTO DEL CARABINIERE – scritto e interpretato da Claudio Boccaccini –

TEATRO DELLE FONTANACCE di Rocca Priora, il 22 Gennaio 2023 –

In cima al più alto dei Castelli Romani, Rocca Priora, due attori con gli occhi che brillano di entusiasmo, Luciana Frazzetto e Massimo Milazzo, gestiscono con smisurata passione il delizioso Teatro Comunale “Le Fontanacce”.

Rocca Priora

Ieri, il ricco cartellone dell’attuale stagione teatrale prevedeva la rappresentazione de “La foto del Carabiniere” di e con Claudio Boccaccini. Nonostante il pomeriggio dal clima decisamente pungente, il teatro si è totalmente riempito non solo di presenze ma anche di quella fervente energia che caratterizza l’impaziente attesa di una messa in scena.

Il foyer del Teatro comunale Le Fontanacce

Attesa assolutamente premiata, visto l’abbandono fiducioso accordato dal pubblico all’affascinante narrazione di Boccaccini, che come suo solito trascina con quell’ondivaga ebrezza da montagne russe. Il pubblico resta attanagliato, erompe in continue risate, ricorda e si emoziona profondamente. Fino alle lacrime.

Claudio Boccaccini, attore, autore e regista dello spettacolo “La foto del carabiniere”

E l’effetto è totalizzante: raggiunge tutti. Perché Boccaccini, che qui è attore, autore e regista, sa come pizzicare quelle corde che fanno vibrare gli animi. E così, abbattendo tutte le nostre sovrastrutture, ci predispone ad emozionarci totalmente. Coralmente. Parlandoci di famiglia, di abitudini, di amore, di dolore, di sana e semplice gioia. Insomma della vita. Della sua vita. 

Claudio Boccaccini, attore, autore e regista dello spettacolo “La foto del carabiniere”

Dicono che la vita sia “riuscire a fare qualcosa degli incontri che ci hanno fatto”. E l’intenzione che è alla base di questo affascinante spettacolo sembrerebbe essere proprio questa: “un giorno si nasce, un giorno si muore, un giorno si cresce”. All’età di sette anni Claudio Boccaccini “incontra” per la prima volta, senza saperlo, il vice brigadiere dell’Arma dei Carabinieri Salvo D’Acquisto: un giovane la cui foto era sfuggita dalla patente di suo padre, dove era custodita. Ma quello era al tempo (siamo nel 1960) il posto d’onore per i familiari, soprattutto per i figli. E dunque chi sarà mai costui ?

Il vice brigadiere dell’ Arma dei Carabinieri Salvo D’Acquisto

Il turbamento è tale che per placarlo il piccolo Claudio si attacca alla bottiglia del liquore che era solita preparare sua madre. E, come si fa con i grandi incontri intrisi di mistero, Claudio custodisce il suo “incontro” segretamente. Almeno per un po’. Finché un’altra foto (quella del defunto Sor Fiore) alcuni mesi più tardi, “incontra” le sue mani. A questo punto, non riuscendo a contenere la dirompenza di questo nuovo, ma per certi versi simile, incontro decide di alleggerire l’ingombro del suo dubbio amletico andando a consultare colei che sicuramente sa: sua mamma Valeria. La mamma gli rivela che quel ragazzo è stato “un incontro” speciale per suo padre. Una persona fondamentale, perché salvando la vita a suo padre ha reso poi possibile anche il suo “incontro” con la vita.

Il vice brigadiere dell’ Arma dei Carabinieri Salvo D’Acquisto

Passano le settimane e arriva un giorno in cui “incontra” suo padre che si sta preparando per andare ad una commemorazione. “Ora ! E’ il momento” – si dice Claudio. E con questa piena consapevolezza trova il coraggio d’ “incontrare” tutta la verità. Sarà, più che un incontro, questo, piuttosto il dono di una epifania, perché dal racconto del padre, questa volta “tra uomini”, scopre in che modo quel ragazzo, Salvo D’Acquisto abbia salvato la vita a suo padre.

Questa vera e propria “rivelazione” segna così profondamente Claudio Boccaccini che solo dopo molti anni matura appieno la consapevolezza che la sua storia chiede di essere raccontata e diventare occasione d’ “incontro” per altra gente. Così che tutti possano andare a ritrovare, nella mente e nel cuore, quegli “incontri” che, nel bene o nel male, hanno dato alla vita di ciascuno la forma che ha. Ed esserne grati. E condividerli. Perché la felicità chiede condivisione.

Il vice brigadiere dell’ Arma dei Carabinieri Salvo D’Acquisto

L’ esempio di Claudio Boccaccini è la prova che tutti noi possiamo “fare qualcosa degli incontri che ci hanno fatto”. Tutti noi siamo figli: questa è l’esperienza che ci accomuna tutti e che ci dà la prova che nessuno può “farsi” da solo. Nessuno è padrone delle proprie origini. Claudio Boccaccini, nel condividere con noi la gratitudine immensa per le sue “doppie” origini, ci parla di sé. Nell’unico modo in cui si possa fare: attraverso gli altri. Per gli altri. Questa è la vita. Questo è il teatro nella sua massima espressione.


Recensione di Sonia Remoli

Recensione dello spettacolo LA FOTO DEL CARABINIERE (La storia di Salvo D’Acquisto e di mio padre) – scritto e interpretato da Claudio Boccaccini –

MARCONI TEATRO FESTIVAL, 22 Luglio 2022 –

“I Padri sono Paesi”: così si apre l’appassionato e appassionante monologo, scritto ed interpretato da Claudio Boccaccini, tratto da una storia vera, di cui la sua famiglia fu protagonista. Un teatro di narrazione il suo, dove più che mai risulta fondamentale la relazione con lo spettatore, che avviene in una comunione percettiva, diretta, viscerale. Dove sono la voce, il corpo, i gesti e i pensieri dell’attore Boccaccini ad essere i fecondi elementi scenografici del testo.

Nell’affermare che i “Padri sono Paesi”, si allude al fatto che i Padri sono la nostra “lingua”, la nostra identità. E qui, nello specifico, la “lingua” che Tarquinio Boccaccini trasmette a suo figlio Claudio è un alfabeto di gesti (“che valgono più delle parole”), dove la sacralità dell’amicizia ne costituisce il fondamento “grammaticale”.

Come quella di Salvo D’Acquisto: un’amicizia che sa sublimarsi fino alla scelta di offrire in dono la propria vita per salvare quella dei suoi ventidue amici. Un dono che non conosce l’amarezza della rinuncia, né la sottomissione del sacrificio ma quasi l’effervescenza di un inno alla vita, che sa andare oltre la legge di natura e oltre il mero senso del dovere. Un “rubare”, quasi, la propria morte per moltiplicare la propria vita attraverso quella di altre 22 persone.

Perché, come diceva Gilles Deleuze, “etica è essere all’altezza di ciò che ci accade”. E un modo per esprimerla, ieri come oggi, è ripensare fuori da ogni retorica il tema della “fratellanza”. Nessuno di noi può vivere senza “l’ossigeno” dell’altro e Salvo D’Acquisto intuisce, vedendo i suoi amici scavarsi ciascuno la propria fossa, che quello era il momento in cui (poter) rispondere al grido inerme dei suoi “fratelli”. E nel momento in cui dice “eccomi” accorda la sua libertà al suo senso di responsabilità.

Claudio Boccaccini nello scrivere il testo di questo monologo dimostra di saper stendere un affresco esistenziale (e non solo di un epoca, come potrebbe sembrare ad un primo sguardo), dove l’epica del quotidiano si mescola a quella dell’eccezionalità. Lui ne è anche il carismatico interprete, nonché regista di grande suggestione.

Oltre a quello dell’amicizia, altro tema affrontato dal testo e reso da un’ardente narrazione, è quello della forza dirompente della giovinezza, intesa non tanto come una fase della vita ma come la definizione della vita stessa. Una vita che dà corpo a “giuste eresie”, a giusti modi di dire no: passaggi esistenziali, riti di iniziazione, attraversamenti della “linea d’ombra” . Mi riferisco non solo al gesto del ventitreenne vice-brigadiere ma anche al “no” disegnato da Tarquinio sui mezzi agricoli del padre pronti per la parata e poi alla folle corsa in lambretta del ragazzo che, pur di essere prima possibile vicino alla madre in difficoltà, finisce per investire l’auto nuova della famiglia Boccaccini .

Nella narrazione passa tutta la forza spasmodica di questa fertile energia giovanile. E il risultato è che il pubblico ne resta calamitato. Al tema del tumulto della giovinezza, e quindi di una stagione dell’essere figli, l’autore Boccaccini lega il tema del valore di essere padri. Il padre “è la legge delle leggi”, colui che introduce il senso del limite: non tutto è possibile. Ma è solo se il padre introduce questa legge, che nel figlio può originarsi il tumulto della giovinezza. Questo modo sano di essere padre, oggi un po’ evaporato, permette a Salvo, a Tarquinio e al ragazzo della lambretta di superare ciascuno il proprio limite esplorando qualcosa di nuovo. Con responsabilità. Abitati dalla duplice tensione, tutta umana, di cercare appartenenza ma anche erranza. Salvo sa qual è il prezzo del voler donare la propria vita e decide che vale la pena di pagarlo; Tarquinio prende atto dell’ira del padre che lo allontana ma ciò non blocca la sua crescita personale, né quella professionale e anche il ragazzo della lambretta, dopo la folle corsa, scoprirà l’importanza di saper tollerare un’attesa.

Lo spettacolo, di una stupefacente potenza sociale e politica, affronta seppur implicitamente anche il tema della guerra. E ci mostra, con leggerezza calviniana, come ogni guerra nasca dal rifiuto di accettare l’idea di inevitabili perdite. Qui, nello specifico, è la morte accidentale di due tedeschi a far scattare l’allucinazione della possibilità di avere tutto; si spiega così la delirante idea di rastrellare e uccidere 22 innocenti italiani.

Per questo risulta importante capire, e lo spettacolo in questo è estremamente prezioso, “che le istituzioni sono commoventi: e gli uomini in altro che in esse non sanno riconoscersi. Sono esse che li rendono umilmente fratelli” (P. P. Pasolini).

Con questo spettacolo Claudio Boccaccini consegna al pubblico occasioni di trasformazione sociale e politica invitandolo, al di là dell’intrattenimento, verso una maggiore comprensione. Perché fare teatro e andare a teatro significa abbattere le nostre frontiere, trascendere i nostri limiti e quindi realizzare noi stessi.

E se è vero che per gli esseri umani così come per gli dei l’unica morte possibile è quella dell’oblio, allora è necessario continuare a ricordare.


Recensione di Sonia Remoli

Recensione dello spettacolo LA FOTO DEL CARABINIERE (La storia di Salvo D’Acquisto e di mio padre) -scritto e interpretato da Claudio Boccaccini –

SALA TONI UCCI , Sabato 7 Maggio 2022 – Castel Gandolfo –

In un’aromatica sala del 1600 dalle pareti ancora trasudanti tannino e immersa nella magica atmosfera del borgo di Castel Gandolfo, si è svolta la rappresentazione de “La foto del carabiniere”, spettacolo scritto e interpretato da Claudio Boccaccini. Sto parlando della Sala teatrale Toni Ucci, luogo ideale per ambientarvi del teatro di narrazione, teso al recupero di una memoria che rischia di perdersi. In questo caso una vicenda autobiografica dell’attore-regista è l’occasione per ricordare l’importanza di valori etico-politici quali la solidarietà e l’altruismo. Solo così il proprio lavoro diventa la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra. E il bello può scendere anche nel quotidiano.

Tarquinio Boccaccini, padre dell’autore, non sopportava d’indossare la cravatta, così come gli andavano troppo strette situazioni nelle quali si sentiva co-stretto. D’indole goliardicamente sana, nell’essere punito per una sua giovanile intraprendenza scoprirà la bellezza dell’urgenza di commuoversi e di entrare profondamente in empatia con un giovane che si ritrova addosso “contro-mano”. E poi, se è vero che chi ha anima muore più spesso, forse è per questo che sarà graziato insieme ad altre undici persone, da un altro giovane, attratto anche lui, a suo modo, dalla bellezza contro-corrente della necessità di innalzare il bene sociale al di sopra di quello individuale. Così: con la leggera solennità con cui si propone e si condivide un brindisi. 

Palpabile la densità dell’attenzione e della partecipazione emotiva della sala. Situazione che raramente si riesce a suscitare: è necessaria la sapiente sistemazione di un soggetto in una forma narrativa che includa e sappia ben dosare elementi quali il gioco e il rito ma soprattutto sono necessari un influsso e un conforto magnetici.

Perché l’arte teatrale non riproduce solo ciò che è visibile ma rende visibile ciò che non sempre lo è. Anche questo significa che “i gesti sono più importanti delle parole” .

Un spettacolo destinato a diventare un “classico”, così come lo intendeva Italo Calvino.


Recensione di Sonia Remoli

LA FOTO DEL CARABINIERE -La storia di Salvo D’Acquisto e di mio padre -scritto, diretto e interpretato da Claudio Boccaccini –

TEATRO VITTORIA, dal 5 al 10 Ottobre 2021

Si può parlare della bellezza? Dicono di no. Perché la bellezza sfugge, non si lascia concettualizzare. E ci punge. A volte ci trafigge. E ci incanta, sempre. Partecipando alla rappresentazione di questo spettacolo, i sensi vengono continuamente solleticati da istanti di pura bellezza. Proverò a parlarne, sfidando il rischio di tradirla: perché la bellezza ci vuole indifesi, solo spettatori. Solo così può entrare e farsi strada: meravigliandoci, incantandoci. Lasciandoci poi, inermi.

C’è bellezza nella profonda e potente leggerezza con la quale Boccaccini ha tradotto e condiviso un’esperienza così intima e così eccezionalmente quotidiana. Come un cantore professionista, un aedo, ci rapisce e ci guida attraverso “luoghi”. Luoghi dell’anima. Ci fa entrare in una geografia emotiva (con epicentro Torre in Pietra), in un intimo viaggio sentimentale, in una mappatura dei costumi. Di quel periodo ma non solo. “Perché i padri sono Paesi”, da cui si parte e dove si desidera tornare. Anche, anzi soprattutto, se sono stati loro a mettere una distanza. La bellezza dell’appartenenza chiede comunque di essere celebrata. E Tarquinio, così infiammabile e insieme così capace di misericordia, lo fa. E trasmette l’imprinting.

E poi ci sono le Madri, come Valeria. Che sanno fare tutto contemporaneamente. Con la grazia e la resistenza di un discobolo, con in mano il più grande (e quindi il più buono) dei cocomeri. E con le quali è più facile confidarsi, prima che l’imprinting paterno culmini con il primo discorso fra uomini.

C’è bellezza nelle nitide foto posturali che immortalano i gesti: offerte su un vassoio, come farebbe un cameriere di Fassi. Perché la vita va bevuta: condividendo a volte “un bicchierino”, a volte “un calice a Mariù”. Perché “un giorno si nasce e un giorno si muore”.

C’è bellezza nella sacralità delle cerimonie: quelle istituzionali, come lo sposalizio o la commemorazione, diventano scenari di qualcosa di diversamente sacro, ovvero le tappe della rivelazione dell’enigma di questa presenza favolosa. All’interno delle quali dapprima un figlio scopre il padre “salvatore” del ragazzo con la lambretta e successivamente viene messo a parte di un discorso per la prima volta “da uomo a uomo”. Cerimonia questa, suggellata dal rituale del fuoco.

C’è bellezza nella musica scelta per accompagnare la rievocazione e insieme la rivelazione della passione di Salvatore D’Acquisto: come una pioggia rafficata, a volte uno stillicidio musicale. Il tutto attraversato dalla dolcezza acuta del violino. E poi, interminabili nuvole di fumo. D’incenso. 

C’è bellezza nell’auto nuova di Tarquinio, vista come un’ inquadratura in soggettiva e vissuta come platea del palcoscenico della via. Quella vera, immortale e quella che scorre e si consuma. Quasi un’immagine uscita da un manifesto di Jaques Tati. 

Perché la bellezza non ha un fine esterno: è di per sé utile. Fa vivere. E in quanto tale, forse, è la legge segreta della vita. Grazie allora a chi mette la propria vita, la propria esperienza e il proprio talento a servizio degli altri, permettendoci di fare esperienza della bellezza della vita.

Questo spettacolo prende la forma di un dialogo: con il pubblico, certamente ma anche con le luci e le ombre interiori dello stesso aedo Boccaccini. Per le quali viene ideato uno speciale disegno luci, necessario per illuminare e celare un luogo diverso: quello custodito nel fondo dei “pantaloni a cica”. Esposto non solo sul comodino ma anche sul palco. Un “luogo” complicato da raggiungere (come la pera in fondo alla bottiglia) e dove Boccaccini ci ha permesso di entrare. Di specchiarci. E di scoprirci, ognuno a suo modo, “somiglianti” a lui. Come lui a suo padre.

TEATRO VITTORIA dal 5 al 10 ottobre 2021


Recensione di Sonia Remoli