Recensione dello spettacolo UCCELLINI – di Rosalinda Conti – regia Lisa Ferlazzo Natoli, Alessandro Ferroni – un progetto lacasadargilla

TEATRO VASCELLO, dal 9 al 13 ottobre 2024

ROMAEUROPA FESTIVAL, dal 4 Settembre al 17 Novembre 2024

Immersi nell’ombra più che nella luce, con la sensazione che stia prendendo forma un rituale, ci viene versata nell’orecchio una confidenza che apre e poi chiuderà circolarmente questa cerimonia: “Provare a immaginare …”.

Due parole magiche che alludono alla nostra possibilità di essere capaci di dare vita a nuovi inizi, ispirati dal rispetto per l’habitat naturale che ci ospita. E che è la nostra prima casa, la nostra prima famiglia.

Petra Valentini, Emiliano Masala

(ph. Claudia Pajewski)

Protagonista principale di questo racconto – ma anche della vita – è infatti proprio l’habitat naturale. Qui, nello specifico, un bosco. Con i suoi alberi secolari, i cui rami e le cui chiome sono il primo grande abbraccio sul qual possiamo contare; con i suoi uccelli: creature dalla voce melodiosa, che sanno comporre così bene contrappunti ai nostri pensieri; con tutte le specie di animali che si muovono sulla terra.

E poi ci siamo noi: ospiti accolti in questa enorme famiglia da cui dipendiamo. Lei infatti può continuare ad esistere senza di noi. Lo stesso non possiamo dire noi. Questo è il primo imprinting che riceviamo ma dal quale poi siamo tentati ad allontanarci, fino ad abbandonarlo.

Emiliano Masala, Petra Valentini, Francesco Villano

(ph. Claudia Pajewski)

Di un nuovo inizio e quindi di una nuova possibilità sembra aver bisogno il piccolo habitat familiare, che gravita intorno ad una casa costruita in questo bosco. E poi abbandonata: una casa che è tornata a seguire l’imprinting della natura. Il tempo è tornato ad essere scandito dal diverso tipo di luce che bagna le varie fasi del giorno; i ritmi di vita sono di nuovo accoglienti, tolleranti.  Un po’ trasandati, diremo noi ossessionati dal mito dell’efficienza a tutti i costi. Un imprinting naturale al quale si sta rieducando il fratello minore, di quel che resta di una famiglia.

Perché proprio dall’habitat naturale possiamo tornare a riscoprire l’importanza che nella vita rivestono la morte e il relativo periodo di lutto. Perché la vita per essere viva, vibrante, ricca in desiderio, ha bisogno di vicinanze e di distacchi. E fin dall’inizio ogni distacco necessario alla crescita è un po’ come un piccolo lutto: lo è il separarsi dall’utero materno; la fine della simbiosi tra mamma e bambino così necessaria nei primissimi anni; lo è l’inserimento in un’altra piccola comunità com’è quella del nido; lo è il confronto necessario per costruire relazioni con altri modi di essere bambino. E poi adolescente: piccolo-grande lutto che più degli altri pone l’attenzione sul succedersi delle generazioni. Qualcosa di simile regola la vita di ogni habitat.

Emiliano Masala, Francesco Villano

(ph. Claudia Pajewski)

Ma è l’habitat naturale il primo ad insegnarci l’arte della vita: quell’arte dell’ospitare che è una danza di vicinanze e di distacchi. Di cui si fanno testimoni i genitori, imparando ad ospitare nella loro vita quella dei figli.  Proprio come il giorno ospita la notte e la notte il giorno.

In questa vita fatta di ospitalità diventa importante l’ascolto, l’attenzione a tutti i piccoli miracoli che si verificano generosamente ogni giorno e che sanno sedurci con pazienza: aspettando che la nostra consapevolezza arrivi quando nel distacco ci separiamo quel piccolo miracolo. Sono melodie come quelle che caratterizzano ciascuna famiglia di uccelli; sono odori come quello delle pere, ad esempio, che i due fratelli ricordano una volta ritrovatisi a reiniziare nella loro casa d’origine. Proprio quella casa che avevano solo voglia di dimenticare, di rimuovere, di bruciare addirittura. 

Ma in nessun modo si può riuscire a bruciare quell’odore delle pere: quelle che si faceva a gara a possedere scommettendo su chi riusciva a contarle tutte. E nessuno vinceva. Ma in quel tendere a contarle, proprio lì, era il gusto, il sapore, il profumo. Delle pere. E della vita. 

Francesco Villano, Emiliano Masala, Petra Valentini

(ph. Claudia Pajewski)

Arriva poi in questo habitat un’altra ospite: Anna. L’unica figura femminile, apparentemente l’unica in presenza ma, si sa, niente è più presente di un’assenza. E sarà grazie alla sua capacità femminile, più incline alla relazione, che riuscirà a fare da cassa di risonanza ai due fratelli verso la meraviglia della vita, colta nella sua essenza di ospitalità. Nel suo essere danza di vicinanze e di distacchi.

Sarà lei a dare avvio a un nuovo inizio, a un nuovo e rinnovato senso di ospitalità. A un nuovo nido da poter edificare in accordo con Matilde (la sorella dei due fratelli) proprio nella sua chioma.

A fare gli onori di casa ai nuovi ospiti, sarà poi un’altra presenza femminile, scesa dai boschi. O forse da sempre lì, attenta ad osservare tutto. Anche noi del pubblico.

Uno spettacolo, una meraviglia, a cui si partecipa con stupore. Sentendo come la vita nasca davvero da un “provare a immaginare …”.

Petra Valentini

(ph. Claudia Pajewski)


Recensione di Sonia Remoli

Trilogia dell’Area X: Autorità

TEATRO INDIA, Trilogia dell’Area X, 5-7 Agosto 2022

AUTORITA’ / 6 agosto/ dal testo di Jeff VanderMeer  –

adattamento Roberto Scarpetti – a cura di Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni

con Arianna Gaudio, Silvio Impegnoso, Fortunato Leccese, Anna Mallamaci, Paolo Minnielli, Alice Palazzi, Stefano Scialanga, Francesco Villano, Roberta Zanardo

drammaturgia musicale Gianluca Ruggeri – brani di G. Ruggeri, Biosphere, R. Sakamoto, Glass, F. Rzewsky, G. Vozza – con Gianluca Ruggeri percussioni, Gianfranco Vozza mallet keyboard

disegno video Maddalena Parise – costumi Camilla Carè – luci Omar Scala  

aiuto regia Caterina Dazzi, Flavio Murialdi –

tecnico del suono Pasquale Citera – tecnico video Tiago Branchini 

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L’ecosistema della narrazione sembra prendere il sopravvento su quello delle sonorità, in questa rappresentazione del secondo romanzo della “Trilogia dell’Area X”. Sembra. Ma non è una perdita di “autorità”: è piuttosto un lasciare spazio per far crescere. Un saper attendere. La prossemica degli attori sul palco, il loro comportamento nello spazio scenico, sembra suggerircelo: ci parla di una brachilogia, di un continuo investigare, di un cercare attento, attraverso piccoli dettagli, attraverso interventi brevi, un parlare conciso. Perché, sotto la prima pelle della conversazione tipica di un inquirente, si cela la ricerca di un incontro di anime. Quasi un’attività maieutica. Perché è nell’animo dei personaggi che può nascondersi “la verità”.

Come quella tra Controllo e Uccello Fantasma, dove proprio perché nessuno riesce ad imporre nulla, una qualche verità poi nasce, viene alla luce. Anche se non può essere definitiva o assoluta, rappresenta comunque un punto di vista autentico.

L’ecosistema della narrazione si dedica così alla rappresentazione di una serie di domande stringenti e scomode, portando a riflettere (anche lo spettatore) sulla portata di concetti in realtà solo dati per scontati e che non “si reggono da soli”; sulle contraddizioni che serbiamo; sulle convinzioni infondate che esibiamo. Il risultato che si raggiunge permette di eliminare il troppo e il vano da ciò che si pensa.

Come quegli ammassi di rifiuti, materiale inutile, obsoleto, ormai inautentico, che campeggiano sul palco. Zavorre di cui liberarsi, per poter permettere la nascita di un nuovo ecosistema microcosmico: “-Voglio sapere chi sono- ….. Lei (Uccello Fantasma) lo soppesò con lo sguardo. Il discorso era chiuso. Buttò la pistola. Si tuffò nell’acqua profonda. Lui guardò un’ultima volta il mondo che conosceva. Lo bevve con gli occhi, con la memoria. -Buttati- gli disse una voce nella sua testa. Controllo si buttò”. 

 “Autorità” è far crescere: promuovere l’inizio dell’ultima occasione.

P.S. Le immagini sono quelle che, al calar della sera, danno inizio alle serate: un’installazione multimediale site specific viene proiettata sulla grande facciata del teatro India. E’ Across the Universe into a Paper Cup #3a cura di Alessandro Ferroni e Maddalena Parise. Immagini e suoni trasformano la facciata del Teatro in una soglia che apre all’universo immaginifico di IF_NEW ERA*2022