– uno spettacolo di e con Filippo Timi, Rodrigo D’Erasmo, Mario Conte –
1 Dicembre 2025
PPP Visionario – 50° anniversario dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini

Nell’ambito dei festeggiamenti che la città di Roma propone alla comunità in occasione del 50° anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini attraverso il grande progetto “PPP Visionario“ – la più grande rassegna multidisciplinare, come ama sottolineare con orgoglio il Sindaco Roberto Gualtieri, che da ottobre a dicembre attraversa la città con eventi dedicati alla figura e all’opera di uno dei massimi intellettuali del Novecento – il Teatro di Roma, nello specifico, sceglie di omaggiare Pasolini con un trittico di appuntamenti .

Dopo la selezione dei testi di Roberto Scarpetti da “Ragazzi di vita” e “Petrolio” al Teatro Elsa Morante e l’ “Oratorio per i 50 anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini” ideato e diretto da Giacomo Bisordi al Teatro Argentina, ieri 1 Dicembre è andato in scena “Scopate Sentimentali. Esercizi di sparizione” uno spettacolo di e con Filippo Timi, Rodrigo D’Erasmo, Mario Conte, sempre al Teatro Argentina.
Ecco allora che Timi, onorando l’eredità ricevuta da Pier Paolo Pasolini, lascia soffiare tutto il suo folle amore in un’erotica composizione, dove fa sua quell’energia che riesce a tenere uniti elementi che la logica vorrebbe in opposizione.


L’urgenza di dare forma a questa composizione – come dichiara in un’intervista rilasciata a Rodolfo di Giammarco – scaturisce dal riuscire a tenere insieme due spinte emotive contrastanti: quella del sentirsi inseguito dal rancore per essere stato abbandonato dal suo padre artistico “per il semplice fatto che è morto” e insieme quella del sentirsi incalzato dal desiderio di riavvicinarsi a Pasolini, fino ad “accettare quello che il poeta chiamava scandalo, il Cristo sulla croce, il divino che finisce”.
Timi dà avvio così ad una sua personale e laica rievocazione della passione della croce di Pasolini – uomo che non poteva sfuggire al suo destino – secondo un ciclo si stazioni scandito da quattro stagioni, ognuna delle quali composta da tre movimenti, che rievocano i colori emozionali propri di ciascuna stagione. Tracce dell’imprinting di questa struttura si rintracciano in un altro uomo ricco in umanità: Antonio Vivaldi.

Mario Conte, Filippo Timi, Rodrigo D’Erasmo (ph. Simone Cecchetti)
Sulle orme di Vivaldi con il complice estro di due compagni di viaggio quali Rodrigo D’Erasmo (violinista, compositore, arrangiatore e polistrumentista) e Mario Conte (musicista/sperimentatore dentro e fuori la musica elettronica) – Timi fa sì che ogni concerto per violino sia accompagnato da una sorta di sonetto descrittivo, che illustri ciò che la musica e le immagini video andranno ad evocare.
La scrittura di Timi contatta tutte le vibrazioni cromatiche della poesia, sapientemente restituita in musica contaminando la matrice apollinea con echi dall’esplosività dilaniata. Che ricordano, ad esempio, quella tensione a dar voce “all’inascoltabile” della musicista, cantante e pianista Diamanda Galás.
Ecco allora che le melodie al violino di Rodrigo D’Erasmo si aprono a sconfinamenti graffiati, abilmente distorti e amplificati dall’artigianalità acustica in avanscoperta di Mario Conte. Arriva così allo spettatore un’accattivante sinergia tra parola-suono-immagine che sa restituire le varie anime, anche fantasmatiche, di Pier Paolo Pasolini.

Il tutto è concepito dentro un ciclo vitale dove la vita s’incontra costantemente con la morte. Proprio lì, sulla soglia. Come testimoniano le poltrone riservate in prima fila: dove “con noi” assistono allo spettacolo le anime belle care a Timi. Da Ornella Vanoni a Adriana Asti, passando per la Callas e per Attilio e Bernardo Bertolucci, fino alla Vitti, a Laura Betti, alla Magnani, ad Aberto Moravia, a Guido Pasolini. E poi lei, la mamma: Susanna Colussi.
Uno spettacolo “generoso” – come lo ha definito il Presidente della Fondazione del Teatro di Roma Francesco Siciliano nella sua presentazione dell’evento di ieri 1 Dicembre – al quale la comunità di Roma ha risposto con una partecipazione d’assalto. Una scelta – ha sottolineato Siciliano – “fortemente voluta” dall’Assessore alla Cultura di Roma Capitale Massimiliano Smeriglio.

(ph. Simone Cecchetti)
Perché è uno spettacolo che facendosi testimone dell’eredità pasoliniana attraverso “un poietico” modo di stare al mondo, si prende cura di preservare tale eredità dal rischio di essere inghiottita dall’ossessione capitalistica alla mercificazione della bellezza.
Rischio che Timi ci fa entrare negli occhi, già prima dell’inizio dello spettacolo, attraverso i due pannelli ai lati del palco che riproducono la Venere del Botticelli – allegoria dell’amore come forza motrice della natura e quindi energia vivificatrice che spinge alla creazione – distorta e addomesticata in un’icona da franchising.

Dello stesso rischio ci parla l’immagine a tutto schermo sul palco: quello di ridurre la sensuale e dilaniante fecondità della parola di Pasolini ad un esotico souvenir, poggiato su una soffice e spensierata sabbia, carezzata dal rassicurante mood di un ukulele.
Questo – ci ricorda Timi – è quello che potrebbe restare della poetica e dell’estetica pasoliniana all’indomani di un deformazione mercificata, che farebbe della diversità tragressiva una moda commerciale. Privandola così di tutta la sua carica dirompente: divenendo “alla moda” – spiega Massimo Recalcati nel suo “Pasolini – Il fantasma dell’origine” – perde fatalmente ogni suo potenziale critico divenendo una manifestazione della pervasiva capacità del potere di addomesticare anche ciò che può sembrare inassimilabile.

Ma ad un diverso sguardo quell’immagine di apertura, nonostante il suo essere riplasmata attraverso connotati aurei, morbidi ed ingenui, ricorda nella sua essenza quella bocca della figura a destra dei “Tre Studi per figure alla base di una Crocifissione” di Francis Bacon.
Una bocca dilatata in un urlo disumano, dall’anatomia disgustosamente ambigua, che ritorna come costante in vari momenti dello spettacolo. Resa assai efficacemente da efficaci distorsioni della voce, del suono e delle immagini video.
Perché quello di cui Pasolini si faceva autore e interprete, al di là e grazie alle sue contraddizioni, è una riflessione più ampia sulla condizione dell’essere umano. Una riflessione che parla anche dello smarrimento e dell’orrore sub-umano in cui può darsi l’esistenza. Dove il cadere degradante si fa spazio sulla possibilità di salvezza.
Ecco allora che Filippo Timi, Rodrigo D’Erasmo e Mario Conte – insieme ad Amerigo Cornacchione – ci lasciano con un particolare messaggio: “ci vuole incoscienza per vivere e incoscienza per morire!”
Pasolini, non a caso, chiedeva e si chiedeva: “Qual è la vera vittoria quella che fa battere le mani o quella che fa battere i cuori”?

“La mia è una visione apocalittica. Ma se accanto ad essa e all’angoscia che la produce, non vi fosse in me anche un elemento di ottimismo, il pensiero cioè che esiste la possibilità di lottare contro tutto questo, semplicemente non sarei qui, tra voi, a parlare” (Pier Paolo Pasolini)

SCOPATE SENTIMENTALI
Esercizi di sparizione

Recensione di Sonia Remoli
































