EDIZIONI EFESTO, Collana Satyrikà, 2024
Libreria Koob, 9 Novembre 2024

Prolungati in uno stato di frizzante sospensione, ci siamo lasciati guidare negli spazi favolosamente reali, immaginati dagli interrogativi preferibilmente insoluti di Giuseppe Manfridi, uno dei massimi drammaturghi italiani, autore di commedie rappresentate in tutto il mondo.

Suoi complici in questa presentazione filosoficamente poetica, il rinomato critico teatrale e giornalista Marcantonio Lucidi e Dario Pisano, esperto di italianistica e divulgatore dei classici della letteratura italiana.

Marcantonio Lucidi

Dario Pisano
Il ritrovo per questa Festa del Pensiero era nella sala sotterranea della Libreria Koob di Piazza Gentile da Fabriano, 16: una libreria in purezza, deliziosamente accogliente.

Ingresso della Libreria Koob
L’occasione era quella di poter incontrare, in un felice tardo pomeriggio del novembre romano, l’autore del libro “Le favolette di Wittgenstein”: Giuseppe Manfridi.
Come anticipato dal tratto sagacemente raffinato dei disegni di copertina di Antonella Rebecchini, Manfridi immagina – esaudendo un desiderio irrealizzato di Wittgenstein – di proseguire il suo “Tractatus logico-philosophicus” con una raccolta di piccoli componimenti umoristici.

Antonella Rebecchini, Giuseppe Manfridi
“Le favolette” sono infatti delle brevi e vivaci creazioni dove Manfridi narra in maniera sapientemente semplice verità fascinose, perché digressive. L’allontanarsi momentaneamente e in maniera mirata dal prevedibile, rende infatti l’ascolto e la comprensione disponibili al piacere irresistibile dell’imprevedibile. E la verità racchiusa nella favoletta se dapprima predispone al sorriso, poi indugia ad aleggiare nella mente e nel cuore di chi legge, in una sorta di solletico metafisico.
“Le favolette” non essendo ancora state scritte da Wittgenstein sono ciò che davvero è degno di importanza per Wittgenstein. Quello di Manfridi è un Wittgenstein “picaro del positivismo” affascinato dall’incomprensibile. Non comprendere, infatti, al di là dell’essere un deficit, è un fecondo stato d’animo che permette alle cose di restare belle. Attraenti.

Ludwig Wittgenstein
Veniamo a conoscere così che “la favoletta” preferita da Marcantonio Lucidi, critico dal guizzo fertilmente polemico, è quella del “francobollo”, massimo esempio di come l’arte di Manfridi riesca a contattare in un istante ciò che il ragionamento logico catturerebbe solo dopo una lunga trattazione.
Dario Pisano invece è impareggiabile nel suo fiorire dentro le dissertazioni attraverso improvvisi slanci, nei quali propone citazioni poetiche imprevedibilmente calzanti. E tutte rigorosamente a memoria.
Perché la fertilità è sempre nell’imprevedibile, nel non ancora conosciuto. E “Le favolette di Wittgenstein” di Giuseppe Manfridi ne sono un luminoso esempio.

Giuseppe Manfridi
Da questa momentanea interruzione della Festa del Pensiero – perché come ama ricordare Manfridi “nulla finisce, tutto s’interrompe” – siamo usciti pieni di stupore, guardando alla realtà così com’è: un luogo delle meraviglie, da immaginare più che da catturare.
Una realtà indissolubilmente legata al desiderio che qualcosa accada.
Qualcosa di miracoloso.

Recensione di Sonia Remoli






