Recensione dello spettacolo SALVEREMO IL MONDO PRIMA DELL’ALBA – Carrozzeria Orfeo –

TEATRO VASCELLO, dal 5 al 17 Marzo 2024 –

E’ proprio così invidiabile essere delle “star”? 

Siamo davvero sicuri che essere “stellari” significa “avere qualcosa in più” ?

Questo nuovo spettacolo della ferocemente saggia e divertente Carrozzeria Orfeo sembra invitarci a riconsiderare il pensiero che generalmente nutriamo verso coloro che ci sembrano vivere al “top”. 

Questa volta la sagace drammaturgia di Gabriele Di Luca così ricca di interrogativi esistenziali – la cui consulenza filosofica è stata curata da Andrea Colamedici di TLON – vira lo sguardo dallo stare al mondo degli “ultimi” della nostra società, allo stare al mondo dei “primi”: coloro che svettano in cima alla piramide del censo. 

Gabriele Di Luca

Come mai questo nuovo oggetto d’indagine?

Perché – così sembra emergere dal titolo e dallo spettacolo – nel nostro immediato futuro si profila decisamente urgente che i due estremi sociali imparino a “stringersi in un abbraccio”: a sviluppare quella sensibilità inclusiva – ormai quasi estinta – del portarsi aiuto, dell’aver cura a comprendersi. Perché è solo riscoprendo l’importanza del prendere in considerazione l’Altro che si può tentare di riorganizzare e ridisegnare il nostro attuale assetto sociale. 

E allora perché non veicolare questa necessaria esigenza proprio partendo dai “primi”, così ricchi anche in visibilità? Perché anche “i top” non vivono così divinamente come può sembrare: non sono così ricchi in “entusiasmo”. 

Ecco allora che la regia di Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi li immagina desiderosi di raggiungere una clinica – edificata su di un satellite orbitante nello spazio (la scena e le luci sono curate da Lucio Diana) – per disintossicarsi dalle varie dipendenze da cui sono afflitti. E così tornare ad essere liberi.

Ma allora cosa significa essere liberi?

Ma non significava non avere limiti, divieti, costrizioni, leggi da rispettare? Se sì, come mai avere questo tipo di libertà incondizionata non rende davvero felici? 

Forse perché – come afferma la “star” femminile del gruppo di ospiti della clinica – la libertà “fa incazzare inizialmente”. Se infatti dapprima ti rende ebbro, poi ti fa insorgere un’angoscia tale dal tornare a desiderare non essere più libero e quindi responsabile del tuo operato. Preferendo dipendere: da qualcosa o da qualcuno.

Forse perché per continuare a desiderare essere liberi occorre rispettare dei confini, delle leggi, che proprio nel limitare il nostro arbitrio tutelano lo zampillare di quel desiderare così vitale da includere anche il desiderio degli altri.

Perché desiderare essere liberi – come sostiene Massimo Recalcati in “A pugni chiusi, Psicoanalisi del mondo contemporaneo”– implica un dare valore “all’arretrare”, più che all’affermare sempre e comunque se stessi. Per lasciare spazio anche all’Altro, così da sviluppare un senso di responsabilità senza troppe pretese di proprietà. 

Non a caso forse i personaggi in scena sono, ognuno a suo modo, “star” dell’imprenditoria che si lasciano “riavviare” dai programmi di psicoterapia (individuale e di gruppo) di una particolare Spa, al fine di una “remise en forme” del corpo e quindi dell’anima. 

Coordinatore, uno psicoterapeuta che ama farsi chiamare ‘coach’, che si avvale del potere terapeutico e quindi normativo della parola. Gli ospiti scoprono così che il raccontarsi autenticamente tra loro senza oscurare le proprie fragilità e l’accettare di essere ‘limitati’ da leggi e regole, riescono a regalare una profonda sensazione di quella nuova libertà che si coniuga con il concetto di umanità. 

Una libertà questa, immune dal dictat a “produrre” continuamente per continuamente “farsi comperare”, imposto subdolamente dall’ideologica capitalistica. Una perversione che lega il riacquistare il prodotto di volta in volta più “nuovo” all’illusione di poter essere felici perché al passo con i tempi.

Invece potremo riuscire a “salvare il mondo prima dell’alba” se “useremo le luci per illuminare le ombre”, come suggerisce questa splendida drammaturgia. 

Se faremo del mondo “il luogo dell’intreccio tra il computer e il pero selvatico … se l’intelligenza artigianale resisterà all’intelligenza artificiale” – come invita a considerare il paesologo  Franco Arminio nel suo Manifesto “Il Paese dei Paesi.

Gli attori in scena – (in o.a.) Sebastiano Bronzato, Alice Giroldini, Sergio Romano, Roberto Serpi, Massimiliano Setti e Ivan Zerbinati – brillano come materiale esplosivo: sanno farci riflettere, ridere e un po’ vergognare. Perché quello che loro eruttano spudoratamente  fuori non è poi così lontano da quello che a volte noi pensiamo e implodiamo.

Uno spettacolo più che mai necessario che ci apre gli occhi e il cuore sul fatto che per natura noi umani siamo costituiti dall’istinto alla sopraffazione. Ma l’amore, il rispetto, la comprensione, la cura, li possiamo e li dobbiamo imparare.

Per poter riuscire a salvare il mondo prima dell’alba.


Recensione di Sonia Remoli

Recensione dello spettacolo L’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI di Sigmund Freud – di e con Stefano Massini

TEATRO ARGENTINA, dal 5 al 21 Dicembre 2023

Conoscere se stessi è da sempre un’esigenza che tende a prendere le sembianze di un desiderio segreto: fatica ad esprimersi manifestamente, tanto è “proibito” il contenuto del desiderare. 

Acutamente allora Stefano Massini, che con questo spettacolo sceglie di mettere in scena le dinamiche oniriche della nostra psiche, fa aprire la rappresentazione proprio a lui: il Desiderio.

Eccolo: sbuca da un lato del palco/psiche e attraversa con passo sinuoso il proscenio, per poi appostarsi in un altro lato. E’ un’affascinante donna. Veste un abito dalle nuove linee fluide proprie dello stile Liberty. Ed è  tinto di mistero e di passione (i costumi e le maschere sono curati da Elena Bianchini).

Ci irretisce: ci porta dalla sua parte, ci seduce.  Complice la sua voce insinuosa, solleticante, pungente e ossessiva: quella che ci sta traducendo il suo violino (Rachele Innocenti sulle note di Enrico Fink). E che risuonerà ancora, serpeggiando, lungo la messinscena.

Tutto si mescola, tutto si trasforma, all’interno delle nostre emozioni, delle nostre pulsioni, della nostra memoria: oltre ad avvertirlo, lo vediamo rappresentato sulla scena. Il caos che abita i sogni è visualizzato anche da una proiezione tridimensionale sul fondale: fondo del nostro sguardo interiore (le scene, curate da Marco Rossi, riproducono opere pittoriche di Walter Sardonini).

Uno sguardo spesso in bilico tra la nostra tentazione a tarparlo e quella a guardare, solleticati proprio dalla sua enigmaticità. Qui visualizzata da fiotti di fumo intrisi di ambigui richiami, musicati dal trombone e dalle tastiere di Saverio Zacchei e dalle chitarre di Damiano Terzoni . Sempre sulle note di Enrico Fink.

ph Filippo Manzini

“C’è qualcosa di terribile e al tempo stesso splendido nell’attimo in cui decidiamo di guardarci dentro”: con queste parole  Stefano Massini commenta l’entrata in scena del Desiderio e le sensazioni da esso provocate.

Quando riusciamo ad avvicinarci alla “geografia” più autentica di noi stessi, così tumultuosa e disordinata, così accattivante e lacerante, qualcosa ci tenta però ad allontanarcene. Un dubbio ci attanaglia: “ma poi gli altri cosa diranno di me?”.

E così, troppo spesso, si torna ad indossare la nostra rassicurante (ma insoddisfacente) maschera sociale. Lo dice il “progresso”: se lo si segue, si è inseriti, accettati, protetti. Ma nonostante la nostra tensione a uniformarci, poi però pretendiamo costantemente l’attenzione degli altri.

ph Filippo Manzini

Urla quindi, e i morsi si fanno sentire,  la fame a dare nutrimento alle parti più  vere di noi: un ascolto che “noi” possiamo darci. Accettando l’invito del desiderio e quindi appassionandoci in una ricerca nelle buie profondità  di noi stessi. Perché – come la drammaturgia delle luci di Alfredo Piras sa sottolineare – solo dal buio può nascere e liberarsi l’emozione.

Quest’ invito rivoluzionario di Freud, viene raccolto da Massini che sceglie di farci dono - proprio attraverso il potere immaginifico e catartico della parola e del gesto attoriale – della consapevolezza di come la messinscena del sogno celi una messinscena sociale.

A testimoniare come la psicologia sia strettamente connessa alla socialità – e quindi come lo psicoanalista guardando nell’interiorità dei pazienti abbia restituito indietro anche il sentore dei mutamenti  sociali – è l’esigenza che si è  sentita, proprio a fine Ottocento, di coniare il termine “onirico”: l’irreale del surrealismo, della libera associazione, della visione ermetica che suggestiona e richiede interpretazione.

ph Filippo Manzini

Recentemente l’attenzione al ruolo “antropologico” dello psicoanalista è stata riaccesa anche dal testo di Massimo RecalcatiA pugni chiusi. Psicoanalisi del mondo contemporaneo“. Se quindi il ruolo dello psicoanalista non è confinato solo tra le pareti intime di una stanza e può e deve scendere in strada, anche il Teatro può farsi portavoce di questa missione sociale.

Vincente risulta la scelta di Stefano Massini di far incontrare il teatro di narrazione sul confine con la restituzione attoriale, mandando in scena le dinamiche oniriche della psiche umana attraverso il processo di osservazione interno ed esterno del neurologo e psicoanalista Sigmund Freud.

ph Filippo Manzini

Lo spettatore è coinvolto in un’immersione “a tutto tondo” nella quale accetta di viaggiare fuori e dentro di sé. Con disponibilità, senza necessariamente inquadrare nei principi della logica cosa stia avvenendo. È un incantesimo dove la parola, l’immagine e la musica sono le muse che ci guidano in questa avventura multiforme e multisensoriale. E finalmente riconosciamo attenzione a tutto ciò che ci rende unici. Irripetibili.

Ecco allora che Stefano Massini, a coronamento di un processo osmotico di attenzione tra interno ed esterno, a fine spettacolo sente l’esigenza di ringraziare – evocandoli con il loro nome e il loro cognome – tutti coloro che, parti necessarie di un tutto, hanno contribuito a dare forma a questo stupefacente viaggio.

Sulla Scena della Vita.

ph Marco Borrelli


Recensione di Sonia Remoli

Recensione del libro di Massimo Recalcati A PUGNI CHIUSI Psicoanalisi del mondo contemporaneo

Feltrinelli Editore

Che cosa resta in noi dei traumi collettivi che ci hanno attraversato in questi ultimi venti anni ? Quanto ci hanno temprato e quanto, invece, hanno contribuito a lasciarci con i nervi scoperti ? Quale sarà l’eredità che lasceremo alle generazioni future?

In questo libro Massimo Recalcati, psicoanalista e saggista italiano, con affascinante chiarezza e audace profondità, esprime l’urgenza di riaprire il sipario sulla scenografia antropologica che ha caratterizzato “l’inverno del nostro scontento”: quello provocato in noi dagli eventi dell’ultimo ventennio.

In questi anni infatti si sono susseguiti, in un incredibilmente ristretto lasso di tempo, laceranti traumi: la grande crisi finanziaria, il terrorismo, la pandemia, la guerra. Recalcati riapre allora “le tende” del sipario facendo sentire la sua “voce” con la solennità propria di un testimone e con l’appassionata professionalità di chi sa individuarne ed analizzarne, con piglio “traumaticamente virtuoso”, le relative coreografie esistenziali.

Massimo Recalcati al Maxxi di Roma

(foto Musacchio-Iannello – courtesy Fondazione Maxxi)

Perché è da queste coreografie che hanno preso forma e corpo posture rigide, e quindi iper-protettive, verso i nostri confini personali. Ma quando “la vita si protegge dalla vita”, cioè diventa impermeabile all’incontro con l’Altro, “ci si incammina verso la dissoluzione”.

Ecco allora che l’analista e, in quanto tale, l’antropologo Recalcati può e deve uscire dalle pareti “isolate” del proprio studio, se è vero – come è vero – che l’interiorità dell’individuo non è mai da considerarsi a sé rispetto all’esterno in cui è immersa. Come scoprì Möbius attraverso l’elaborazione del suo nastro e teorizzò il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, attraverso i suoi studi sul rapporto tra psicologia individuale e società.

In questa continua osmosi tra esterno ed interno, anche le personalità politiche che hanno caratterizzato l’ultimo ventennio preso qui in esame (da Berlusconi a Grillo, da Renzi a Mattarella, da Trump a Putin) risultano interessanti allo sguardo acuto e solerte di Massimo Recalcati. Ma non in quanto “persone”, ovvero come singole individualità da analizzare, bensì come “cifre simboliche del nostro tempo”.

Massimo Recalcati, Kum! , Ancona, Ottobre 2018

Parallelamente l’analista Recalcati si riconosce lui stesso come cittadino e la sua postura “a pugni chiusi” è proprio quella di chi sente l’urgenza di indignarsi, per resistere ai continui tentativi di abuso di potere sulle soggettività.

Un’indignazione che non ha nulla del capriccio ma piuttosto la grazia dello sdegno che storna l’onore e la concretezza del severo e deluso disprezzo.

Un’indignazione a cui allude anche l’immagine scelta per la copertina e “la pesantezza” luminosa delle tonalità. Ma proprio su quel bianco&nero così saturo, che esprime appieno tutto il pathos dei momenti di passaggio e di trasformazione radicale della nostra esistenza, svetta un colore che regala personalità ai caratteri del titolo: quel colore che rimanda al coraggio unito allo spirito di sacrificio.

È il giallo zafferano: l’arancione che Vasilij Kandinsky associava al temperamento proprio di un uomo sicuro della propria forza. Infatti – sosteneva – “è quasi un rosso ma più vicino all’umanità del giallo”. 

Massimo Recalcati, sempre attento alla resa iconografica dei suoi contenuti, sceglie per questo libro una copertina raffinatamente sagace, che trasmette tutta quell’audace intrepidità con la quale, come bambini, dovremmo porci. Andando così oltre le narrazioni che ci vengono riferite e sviluppando una nostra consapevolezza critica. Per osare inoltrarci attraverso ingressi celati. Ma percorribili. Insieme. Riattivando il nostro fiuto e il nostro desiderio. Ancora. 

Solo così, dopo aver attraversato quell’ “inverno del nostro scontento”, si potrà arrivare ad assaporare una “gloriosa estate”. È questo il messaggio augurale, dal carattere di “rivolta” e di “preghiera”, che qui, in A pugni chiusi. Psicoanalisi del mondo contemporaneo, Recalcati veicola.

Massimo Recalcati – psicoanalista e saggista –

Una “gloriosa estate” incentrata sul rispetto dell’umanizzazione della vita nonché sul rispetto del senso della Legge.

Due forme di rispetto che ci portano a sviluppare una libertà che non si sgancia mai dal senso di responsabilità e proprio per questo riesce a rivelarsi generativa di profonde passioni, di vere e proprie “vocazioni” talentuose, di desideri incandescenti.

Desideri che rompono quell’omeostasi nella quale stiamo tendendo a crogiolarci troppo e che finisce per condurci sempre più verso una cronica stanchezza e a successive tendenze depressive. Desideri quindi forieri di vitali soddisfazioni, a patto che non si incorra nella tentazione di legarli ad un oggetto. 

Massimo Recalcati – Arena di Verona –

Complice di questo nuovo scenario possibile, la Politica potrà tornare ad essere un punto di riferimento culturale di alto livello, al quale i giovani guarderanno ancora con fiducia. Un luogo, come già sosteneva Aristotele, capace di tenere insieme le differenze dei singoli, per il bene comune della città.

Una Politica capace, quindi, di fornire anche un’autentica testimonianza di come “saper tramontare”: la virtù delle virtù umane. Quella che ci spinge ad avere cura dell’Altro, oltre che di noi stessi. Perché “lo specchio” che conta davvero per ciascuno di noi non è quello che riflette narcisisticamente la nostra immagine. Ma quello dell’Altro, quello cioè della socialità: delle persone che amiamo e che stimiamo.

Massimo Recalcati


PROSSIME PRESENTAZIONI DEL LIBRO

18 Luglio Ospedaletti (IM)

4 Agosto Olbia

25 Agosto Albissola Marina (SV)

22 Settembre Genova


A PUGNI CHIUSI

IN TEATRO

Lectio

(foto Mara Zamuner)

Massimo Recalcati, reduce da quindici tutto esaurito al Teatro Carcano di Milano, ha portato e porterà sul palcoscenico (la prossima data sarà quella del 20 Luglio a Santo Stefano Magra (SP) presso la ex Ceramica Vaccari) una lectio con estratti del suo ultimo libro “A pugni chiusi” – edito da Feltrinelli.


Qui puoi guardare le interviste a Massimo Recalcati su questo libro:

Salone del Libro di Torino 2023

Rai News

Twitter


Recensione di Sonia Remoli