Recensione dello spettacolo TOTALE – con Gioia Salvatori e Andrea Cosentino -drammaturgia e regia Pier Lorenzo Pisano –

TEATRO BASILICA

dal 27 Febbraio al 9 Marzo 2025

La coppia é un “pianoforte”: un caleidoscopio sonoro. Una danza tra tasti neri e tasti bianchi, la cui portata è senza confini. Un diario musicale inciso da emozioni, sogni e aspirazioni vitali.

La coppia è un ponte tra anime ed epoche: uno strumento che, come il pianoforte, ci parla della nostra continua ricerca a connetterci con noi stessi attraverso l’altro. I tasti neri, infatti, non hanno un nome fisso: dipendono dalla relazione con le note bianche “vicine”.

Il tema del pianoforte, e della “vicinanza” tra tasti e identità, è la forza di attrazione dalla quale prendono forma non solo gli straordinari habitat scenografici di Rosita Vallefuoco, coordinati ai costumi di Raffaella Toni. Con estrosa genialità, tutto lo spettacolo ci parla della complessità del “concertarci” con l’altro. Incontrandoci sul confine, che vorrebbe solo separarci.

Ne parla l’efficace e accattivante sinergia tra la drammaturgia e la regia di Pier Lorenzo Pisano; ne parla la stuzzicante interpretazione attoriale di Gioia Salvatori e di Andrea Cosentino, capace di visualizzare intrigantemente la continua tentazione a staccarsi dal mantenersi in relazione con l’altro, desiderando ciascuno “avere tutto” – la totalità del proprio desiderare, appunto.  

Gioia Salvatori – Andrea Cosentino

Ma il nostro stare al mondo non prevede la possibilità di “avere tutto”, né di “essere tutto”: siamo esseri finiti e incompleti che vivono di relazioni che – al di là del facile concretizzarsi in rapporti di potere e di sottomissione – anelano alla valorizzazione delle diversità di ognuno. In un equilibrio, sempre nuovo, di disponibilità ad aprirsi in una danza di passi, di reciproco incontro con l’altro. Cercando cioè un equilibrio sempre nuovo tra il guidare, il cedere il passo e il seguire l’altro, sul piano-forte di quella danza propria della vita di relazione.

Andrea Cosentino – Gioia Salvatori

In scena ieri sera al Teatro Basilica (fino al 9 marzo p.v.) la storia di una coppia che non si rassegna alla fine della loro relazione amorosa e che cerca, in diverso modo, di salvare l’investimento esistenziale elargito. Perché anche la fine può essere “vicina” ad un nuovo inizio.

Lei, più riflessiva e più seducentemente lenta, prova a recuperare la magia dell’incontro iniziale; lui, più impaziente e più concreto, rintraccia ed esibisce la certificazione dei momenti felici, che non andranno persi perché trascritti, come beni acquistati e acquisiti, su scontrini. 

Pier Lorenzo Pisano, autore e regista dello spettacolo “Totale”

Un’interessante drammaturgia, questa di Pier Lorenzo Pisano, che riattualizza per certi versi “Il diario di Adamo e Eva“ di Mark Twain, proponendone insieme un avanzamento.

Erotico non è solo “il sentire” di una coppia, come sostiene la Eva di Pisano, una fantasmagorica Gioia Salvatori, dalla sconfinata comunicazione visiva. Erotico è lo sguardo sul mondo, a cui ogni coppia dà forma. Intriso di eros, cioè, è un nuovo mondo edificato dalla coppia, dal quale ci si congeda – al termine di una storia – elaborandone necessariamente il lutto. 

Gioia Salvatori

Lutto che qui prova a trovare concretizzazione nella rievocazione e nella trascrizione su carta dei loro momenti di felice e insensata relazione, ancorati dall’Adamo di Pisano – un Andrea Cosentino irresistibilmente tramortito dalla multiformità del femminile – all’insostenibile solidità propria degli oggetti. Una mimica e una gestualità anche verbale, le sue, che incantano, nel loro tentativo di dare un margine, un confine netto, e quindi ricco in tagli, alla poliformità del femminile.

Incontrarsi e’ un evento imprevedibile, fascinosamente insicuro, che chiede di essere disponibili “a fare una voltura”.  Non è quindi ricreabile a tavolino e con buona volontà, come prova a immaginare la Lei di Gioia Salvatori, terrorizzata dall’idea di soffrire. 

Piuttosto l’incontro è quel qualcosa di così inaspettato che arriva, ad esempio, nel lasciarsi suonare e poi cantare da una melodia senza parole. Un liquido flusso onomatopeico, dal quale può nascere una nuova forma. Di noi.


Recensione di Sonia Remoli

Uno spettacolo di fantascienza

TEATRO INDIA, dal 18 al 23 Aprile 2023 –

E se tutte le sovrastrutture che ci rassicurano tanto cadessero giù e rotolassero in acqua come i trichechi “tondi tondi” giù dalla banchisa, anche loro come noi mammiferi in via d’estinzione ? Se provassimo a spogliarci di tutti i nostri falsi “habiti” mentali, con i quali crediamo di identificarci ? Se la fine arrivasse all’inizio, perché è all’inizio che c’è l’immaginazione?

Andrea Cosentino, Petra Valentini e Liv Ferracchiati in una scena di “Uno spettacolo di fantascienza”

Il “Teatro di Liv” è così incredibilmente credibile che è “fantascienza” !

Il “Teatro di Liv” è un “racconto” e come tale porta in scena lo “sforzo” compiuto da chi pretende di comunicare. Il racconto è solo un tentativo. “Tenta tanto tanto “.

Il linguaggio non aiuta ad esprimere ciò che veramente proviamo perché è una convenzione, così come i platonici principi della logica: quello di identità e di non contraddizione e quello di causa-effetto. La Logica non riesce ad identificarci singolarmente. È un codice sul quale si è convenuto di convergere, di trovarci tutti d’accordo per poter comunicare. Più o meno consapevoli che la nostra autenticità è altrove.

Andrea Cosentino, Liv Ferracchiati e Petra Valentini in una scena di “Uno spettacolo di fantascienza”

La prima parte di “Uno spettacolo di fantascienza” (che in realtà può essere anche “il finale” in una concezione aperta del racconto, così come aperta è la vita) spiazza e diverte lo spettatore portando in scena un racconto privato dei due principi della logica sopracitati. I personaggi-persona infatti non comunicano più grazie al “significato” codificato delle parole, bensì attaccandosi ai loro “sottotesti”, espressi dalle intenzioni, dalle intonazioni, dalla musicalità, dalla cromaticità. Ad esempio, risulta chiarissimo come basti utilizzare un cappotto dal colore diverso per inscenare una nostra diversa identità .

Petra Valentini e Liv Fernacchiati in una scena di “Uno spettacolo di fantascienza”

E di fronte al “non senso” non ci si scandalizza ma ci si accorda, ci si sintonizza. Ed è bellissimo. È ricchissimo. È tutto e niente insieme. È il caos. Ma è verità.

Nel racconto autentico anche la rappresentazione della neve non deve “sembrare vera”, non deve essere ciò che non è. Ecco allora che, a vista, il tecnico rivela l’artificio. Ed è bellissimo, più che se fosse nascosto.

Il tricheco tondo tondo e Liv Fernacchiati in una scena di “Uno spettacolo di fantascienza”

“Prova a dirmi cosa senti. Ma so già che non ci riuscirai” – dice lei a lui. È una crisi? No, è una svolta. Però su una cosa concordano: è la fine del mondo. Ma solo la “fine” prelude ad un possibile nuovo inizio (momentaneo). E ciò che ci tiene vivi non è l’illusione di dare un solo senso, un unico significato alle cose ma, come sanno bene i trichechi, sono le carezze, l’amore. “Che confusione, sarà perché ti amo…ma dopo tutto che cosa c’è di strano: se cade il mondo allora ci spostiamo”.

Petra Valentini e Liv Ferlacchiati in una scena di “Uno spettacolo di fantascienza”

I tre attori in scena “danzano” con le parole e con i gesti. Il senso, il presunto significato, passa in secondo piano. Ed è un miracolo di bellezza incontrollabile. Sanno darci prova che si può fare a meno anche di lasciare gli spazi tra le parole: è la musicalità, il ritmo, che riuscirà a guidarci verso “un accordo” istintivo. Perché sotto ciò che è finto (il linguaggio) c’è sempre del vero (i vari sottotesti).

Liv Ferlacchiati, Petra Valentini e Andrea Cosentino

Ciò che ci fa più paura, ora sappiamo, grazie al “Teatro di Liv”, che può essere bellissimo. Perché ci si può orientare anche mentre si fanno giravolte.

E tutto ciò sa molto di decadentismo, alla Treplev de “Il Gabbiano” di Cechov.

Ma “il finale” ? “Aperto” – sentenzia il tricheco, quasi fosse un oracolo.

Aperto come il vento, che dall’inizio alla fine avvolge tutto lo spettacolo.

Petra Valentini e Liv Ferlacchiati in una scena di “Uno spettacolo di fantascienza”

Un testo, da “teatro dell’assurdo”, ferocemente raffinato, onirico, metafisico. Eppure brillante e davvero molto divertente. Una scena (curata da Lucia Menegazzo) affamata di vuoto, necessario per poter dar vita a piccole-grandi meraviglie, potentemente fragili: come quelle nascoste nel cappello a cilindro della vita.

In scena Liv Ferracchiati è un performer dal tenero fascino ambiguamente cechoviano; Petra Valentini un’eccellente attrice vorticosamente spumeggiante; Andrea Cosentino brilla in ricchezza di maschile e di femminile. Il suo lavoro a ferri, registicamente, è la metafora del “racconto”, dell’intreccio di identità che ci costituiscono.

Il “Teatro di Liv” è “Uno spettacolo necessario” .

Liv Ferlacchiati

autore, regista e performer di “Uno spettacolo di fantascienza”


Leggi l’intervista a Liv Ferlacchiati su Rolling Stone