THANKS FOR VASELINA – Dedicato a tutti i familiari delle vittime e a tutte le vittime dei familiari –

TEATRO VASCELLO, dal 16 al 28 Maggio 2023 –

Cosa si fa quando la vita ti prende a schiaffi e ti ritrovi sempre da solo? Quando nessuno ha cura di te, né riesce a dirti che ti vuole bene ? Neanche Dio, forse, “impegnato com’è a prendersi cura di sé in una vasca idromassaggio”. Si fa così: si coltiva e si dedicano cure ad un giardino segreto. Un giardino di ossitocina vegetale: l’ormone dell’amorevolezza.

Anche di questo ci parla “Thanks for vaselina”, l’iconico spettacolo scritto da Gabriele Di Luca e diretto da Gabriele Di Luca, Massimo Setti e Alessandro Tedeschi. Uno spettacolo che ha debuttato nel 2013 vincendo il premio del Last Seen 2013 di KLP come miglior spettacolo dell’anno e da cui poi nel 2023 è stato tratto “Thanks !” , il primo film di Gabriele Di Luca, prodotto da Casanova Multimedia, con nel cast Luca Zingaretti e Antonio Folletto. Successivamente nel 2020, per un anno, il film é stato su Netflix.

Quella che va in scena è un’umanità che nonostante tutto aspetta ancora di “essere riconosciuta”. Che non ha perso le speranze, nonostante le parole dicano altro. Ma è un’umanità che fa fatica a perdonare. E a perdonarsi. Un’umanità che sopravvive di olfatto: ci si annusa e ci si fida solo del proprio istinto. Spesso però, paradossalmente, non scevro da pregiudizi. Ma loro ne hanno coscienza. E mirabilmente sanno tenere insieme tutti gli elementi delle contraddizioni.

Il senso che invece faticano ad usare è il tatto: non osano accarezzare, abbracciare, toccare. Per loro significa quasi dare il fianco. È troppo pericoloso. Fa troppo male rimanere delusi. Tatto significa vasellina: quella “coccola” che si spalma per ammorbidire la pelle e che, lubrificandola, riesce a ridurre l’attrito di una subdola penetrazione. Anale. Un palliativo per “subire”, con una qualche parvenza di gentilezza, la violenza di un lasciarsi andare, permettendo di far spazio in noi a qualcosa e a qualcuno che in verità vuole solo fregarci.

“Un’inculata” preceduta dal chiedere cortesemente: “Vaselina?” E al quale ci troviamo a rispondere, quasi riconoscenti: “Thanks for Vaselina”. Dove tutto, in realtà, è in quel “grazie”, che appone un sigillo di valore che immediatamente nobilita oggetto e soggetto. Gentile “riconoscenza”, di chi sa l’altezza vertiginosa a cui quel valore, se riconosciuto, si eleva.

Auspicano un riscatto sociale ma tendono a manipolarsi. E se ci sembrano ingenui quelli che scambiano il raggiro per un’autentica cura nei loro confronti, finiamo per scoprire, poi, che in realtà il rapporto vittima-carnefice viaggia a doppio senso.

Una narrazione, quella di Gabriele Di Luca, che per alcuni versi ricorda la poetica di Charles Bukowski: autobiografica, senza il bisogno di essere “esagerata”, perché basata su uno schietto realismo che non cerca in nessun modo di andare a parare altrove. Uno stile, questo, che ci schiaffeggia, riportandoci a vedere il mondo da un’altra prospettiva. Ci afferra le gambe e ci riporta a terra.

Ma allo stesso tempo proprio questo stile ha la capacità di rivelare una poesia che non riusciamo a cogliere appieno se non quando qualcuno descrive la ferocia dell’esistenza nel modo più crudo possibile. Un esistenzialismo da capogiro: stra-ordinario, proprio per poter rendere la complessità dell’ordinario.

Uno spettacolo vivido e monumentale come un arazzo; livoroso, mordace, pungente, sferzante com’è la vita di un’umanità che coltiva idee da sballo. Ricche in creatività.

Un’umanità dilaniata dalla vita i cui frammenti dispersi, un po’ come quelli del corpo di Orfeo, noi del pubblico siamo invitati a raccogliere e, una volta riuniti, a dar loro una forma nuova. Proprio come farebbe una carrozzeria. Proprio come fa Carrozzeria Orfeo: creando e riparando. Grazie ad un fertile sguardo con il quale, progressivamente, riuscire a sostituire la misericordia alla vasellina.

Una compagnia, quella della Carrozzeria Orfeo che, con una vocazione quasi “sciamanica”, riesce a caricare su di sé la ferocia dell’esistere “incantando” il pubblico, fino a condurlo a compiere un viaggio dell’anima lungo gli oscuri sentieri della vita e quindi della morte. In una fusione di dionisiaco e di apollineo.

 

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