GINESIO FEST (Auditorium Sant’Agostino), Concerto per Vitaliano, 22 Agosto 2022 –

Detestava le immagini (foto, dipinti, specchi). Forse per la sublime bellezza di quell’ “assenza”, incorniciata dalla finestra della sua camera. Ma ieri sera, l’anziano protagonista di “Solo RH” si è lasciato avvolgere dalle immagini di splendide tele: quelle della mostra “Hoc opus – Il ritorno della bellezza”, ospitata all’interno dell’Auditorium Sant’Agostino di San Ginesio.

Quell’ incantevole borgo medioevale del maceratese, che sta ospitando la terza edizione del singolare festival diffuso “Ginesio Fest” (fino al 25 Agosto p.v.), quest’anno sotto la prestigiosa direzione artistica dell’attore, regista e drammaturgo Leonardo Lidi.

Un po’ come i protagonisti del testo di Vitaliano Trevisan “Solo RH” (“solo” uno dei testi portati in scena ieri sera), un tenebrosamente comico Michele di Mauro (qui non solo attore ma anche intrigante regista) e un “drammaturgo del suono” qual è Franco Visioli hanno dato vita ad una concertazione: un gareggiare in segni linguistici e musicali, stringendo tra loro un singolarissimo patto, includente il rispetto delle inclinazioni e delle peculiarità l’un dell’altro.

Hanno “eseguito” come musicisti; “vibrato” come strumenti accordati, complici e liberi nel raggiungere il miglior risultato nell’omaggiare, e quindi valorizzare, la meraviglia della scrittura ferocemente insolita del poliedrico artista, recentemente scomparso: Vitaliano Trevisan.

Gagliardi ed impetuosi, Michele di Mauro e Franco Visioli ci hanno donato il loro sguardo sull’ “uomo” Vitaliano proponendo i temi ricorrentemente ossessivi del defunto artista, come avviene nel linguaggio musicale, riprendendoli e sviluppandoli in vari modi. Un “sogno” ad occhi aperti, in cui si è immaginato un mondo terribilmente e magnificamente “stonato”.

Questo primo studio di Michele di Mauro e Franco Visioli esalta la scrittura di Trevisan, sulla quale i due improvvisano e variano, imbastendo un dialogo fluviale che oscilla jazzisticamente tra scatti nervosi e pause inaspettate. Le parole sono preferibili alle immagini, soprattutto se imprigionate in “taccuini”, archiviati alla maniera di quelle nubi descritte nei “Sillabari” di Goffredo Parise, alla voce “Ozio”.

Ma quando le parole “sono di troppo” allora molto meglio risulta la voce, il suono “solo”, capace di tagliare come la lama di un coltello. Perché “non è male essere colti”: raccolti, abbracciati, presi, afferrati. Sorpresi. Compresi. Seguiti. E quando non accade, allora Vitaliano Trevisan diventa preda dell’ossessione compulsiva dell’annotare, del contare: passi sì ma anche parole, in sterminati elenchi. Lui, così pungente e dissacrante ma al tempo stesso preciso e disarmante.

Una serata, quella di ieri sera, così vibrante, anche per la concertazione accordatasi con il pubblico, da riuscire a squarciare, almeno per un attimo, quel “velo” che era solito attraversare i limpidi occhi azzurri di Vitaliano Trevisan. Finalmente “colto”. Ancora.

