TEATRO INDIA, 26 Luglio 2022 –

– PALCOSCENICO PER L’ESTATE ROMANA 2022 –
“Come va?”: così esordisce Gabriele Lavia entrando in scena. E, una volta sistemato il libro sul leggio, si spinge verso il punto più estremo del proscenio: per essere più vicino possibile al pubblico in sala. È consuetudine nei suoi recital, cercare subito il contatto con la platea. Bonariamente la solletica: la pretende preparata e in febbrile tensione d’ascolto. La saggia e, solo una volta raggiunta la giusta sintonia, inizia. E la conduce dentro i sentieri più nascosti delle parole, invitandola ad apprendere la necessaria abitudine di sviluppare una particolare attenzione all’etimologia delle stesse. Perché occorre conoscere il “passato”, incluso quello delle parole: solo il “passato” possediamo ed è attraverso di esso che veniamo traghettati, o come preferisce dire Lavia, “tradizionati” verso il presente e quindi il futuro.

Infine, è con un aneddoto, che rivela il perché della scelta del tema del recital. In verità, ci confida, è stato il libro stesso (quello de “Le favole” di Oscar Wilde appunto) a farsi scegliere, con la complicità di un altro libricino retrostante. Spingendolo, lo aiuta a rompere gli indugi per farlo fuoriuscire dall’ordinato incastro della libreria di casa Lavia. Così cade a terra e, provocando l’inciampo del proprietario, ne attira l’attenzione. Qual è il titolo del libro complice? “Il teatro delle marionette” di Heinrich von Kleist, autore avanguardistico che anche in questo caso, liberando cioè il concetto di “grazia” da quello di rettitudine morale, si distingue per una originalità difficilmente eguagliabile. Una complicità a tutto tondo quella tra i due libri e i due autori !


All’interno di una girandola di eleganza, “Le favole” sono un incanto di ironia e un mosaico di paradossi. Nessuna è a lieto fine: parlano, metaforicamente, di un Oscar Wilde lacerato e travagliato eppure così capace di ricomporre il tutto in un’armoniosa forma (apparentemente) fantastica. All’epoca, il padre era una figura temuta e rispettata dai figli, con cui si manteneva un rapporto formale e freddo.

Oscar Wilde, invece, amava giocare con i propri figli, ignorando quella rigida compostezza tipica del cittadino inglese vittoriano. Era solito leggere loro favole di Jules Verne e di Stevenson, ma anche favole di sua mano. I primi destinatari e giudici delle favole sono stati i suoi figli, ma nel 1888 Wilde decise di pubblicarle in un raccolta. Così nacque “Il principe felice e altri racconti”: cinque racconti per bambini, dallo stile semplice e delicato, che conquistarono subito il cuore dei piccoli inglesi. Anche per la loro originalità: Wilde vi introduce elementi di modernità, come spunti critici sulla società del tempo.

Gabriele Lavia sceglie per il recital “Il Principe felice” e ” Il razzo eccezionale”. La sua interpretazione conosce e restituisce il magico rapporto in cui ritmo, tono, vibrazione e energia entrano in ciascuna parola, accompagnando il visibile ad una dimensione invisibile. Misteriosa. Nella quale la platea resta immersa fino alla fine. Come in simbiosi.
