
ROMA, TEATRO MARCONI – 30 e 31 Dicembre 2021 /6, 7, 8, 9 Gennaio 2022 –
OSTIA, TEATRO NINO MANFREDI, Dal 18 al 30 Gennaio 2022 –
ROMA, TEATRO ROMA, Dal 5 al 13 Febbraio 2022 –
Impazientemente, una giovane donna attende l’apertura di una porta (sipario). Ci si rivela uno spazio scenico abitato da una commistione di elementi, accomunati dalla potenziale capacità di educare a valorizzare il disequilibrio, come momento indispensabile al raggiungimento di un equilibrio. Da perdere e ritrovare continuamente.
Tra tutti gli elementi scenici, a catturare l’attenzione è il fondale, attrezzato con un “continuum” di spalliere ginniche, che un estroso uso della luce, fa sembrare altro. Ad esempio, anche una tenda veneziana: aperta da spiragli di luce e di ombre, che lasciano presagire una malinconica ed inquietante freddezza emotiva, tipica di chi finge di vivere curandosi di avere sempre le spalle coperte. Atteggiamento che si conclamerà nel secondo atto, con il consumato giudizio universale degli scrutini.
Dal soffitto scendono degli anelli ginnici, mentre a terra, in proscenio, troneggia, libera anche di essere insolitamente calciata, una palla da basket. Un nero pallone da calcio, invece, resta fissamente intrappolato in alto, tra le assi di una delle spalliere. Quasi a simboleggiare atteggiamenti intrepidi, in un caso, e mortalmente protettivi, nell’altro. Questo spazio scenico, dedicato all’educazione fisica, viene contaminato da cattedre, sedie e schedari: luoghi comuni di un’educazione della mente e dello spirito.
La giovane donna che, una volta entrata, continua ad agitarsi turbata e disorientata, intuiamo essere una prof: la prof. Baccalauro. Un misto di ordinata e sapiente scompostezza, come lo stesso cognome suggerisce. Così come i suoi piedi: una donna che fatica ad avanzare e tiene un piede orientato verso il futuro e l’altro a chiudere parzialmente questa apertura. Ma, nonostante tutto, va e comunque si apre ad affrontare la lotta insita in ogni dialogo (forse non a caso indossa delle Converse). E nei momenti più critici, infila in bocca una matita come si farebbe con un coltello: tra i denti. Denti che però usa anche per sabotarsi le unghie, preziosi artigli con i quali lottare. Indossa un piccolo scaldacuore bianco, che subito toglie: quasi delle ali, di cui non riesce a tollerare l’insostenibile leggerezza.
A raggiungerla è il cheguevariano prof di Lettere Cozzolino, che entra in scena con il suo elmo bianco ed un mantello verde. Armatura che, una volta entrato apparentemente depone, pronto a combattere ammuffiti pregiudizi e a valorizzare nuove e ariose modalità di espressione. Magari anche un po’ sbagliate ma proprio per questo creative. Come quella di Cardini, un alunno che affronta la sua trasformazione adolescenziale nei panni di una mosca. E domandandosi chi, in paradiso, lucida l’aureola ai santi. O come quella di Katia Sbilenchi che, spaventata dai dubbi della crescita, cerca sostegno nelle braccia sbagliate. O come Germani Ursula che, come una barbara, ama sfidare il pericolo ad alta velocita’.
A mano a mano lo spazio si popolerà di professori, che non faranno che ammonire i due, impavidamente maldestri colleghi, a fare attenzione, ad usare prudenza, a non esporsi troppo. Per non perdere quell’equilibrio che solo un arido rispetto delle regole sembra regalare. Aridità che pensano di colmare bevendo succhi di frutta, comodamente confezionati ma troppo caldi. Dai quali però continuano a dipendere, nell’illusione di “raccogliere punti fedeltà”. Perché è preferibile schierarsi in nome di falsi legami che accomunano, piuttosto che essere additati per il provocatorio coraggio di togliersi le proprie scarpe per entrare in quelle di un altro.
Uno spettacolo che, solleticando continue risate, invita a mettersi in gioco. Il miglior augurio per chiudere un anno e aprirsi al futuro. Perché uno spettacolo deve saper entrare come un liquido nelle fessure e prendere la forma di ciò che manca. Facendoci ridere e piangere; pensare e sognare.