TEATRO VITTORIA, 28 Ottobre 2024

Oggi 29 Ottobre 2024 Zbigniew Herbert avrebbe compiuto 100 anni.

A celebrare questo anniversario con uno splendido evento – ospitato ieri sera nella calda accoglienza del Teatro Vittoria – è stato il desiderio del regista Sergio Maifredi, direttore del Teatro Pubblico Ligure e da anni interessato a restituire sviluppo e approfondimento all’interesse per la cultura polacca. Dal 2005 Maifredi è regista residente al Teatr Nowy di Poznań in Polonia.

Il regista Sergio Maifredi
Fondendo insieme poesia, narrazione e musica, Maifredi ha immaginato allora una Trilogia per raccontare un’ Europa scomparsa.
Il 7 Ottobre scorso la trilogia ha avuto inizio con una serata dedicata a Wislawa Szymborska – incarnatasi nelle voci di Maddalena Crippa e Andrea Nicolini e nelle composizioni eseguite dal vivo di Michele Sganga.
Ieri sera 28 Ottobre, invece, in occasione del centenario della nascita di Zbigniew Herbert (Leopoli, 29 ottobre 1924 – Varsavia, 28 giugno 1998) Maifredi ha scelto di dare voce e corpo alla poesia e al racconto del viaggio in Italia di Herbert, affidandone la narrazione interpretativa a Giuseppe Cederna e quella musicale al pianoforte di Michele Sganga.
L’11 Novembre prossimo la trilogia troverà compimento con la rievocazione del viaggio del Generale Anders, capo di un’armata di uomini e di donne che dalla Siberia arrivò in Italia per partecipare alla Liberazione. Al loro seguito anche la più grande compagnia teatrale itinerante in tempo di guerra. Una storia vera mai raccontata. Qui la narrazione interpretativa sarà affidata a Massimiliano Cividati mentre quella musicale a Gennaro Scarpato e ad Andrea Zani.

Il compositore Michele Sganga
Ieri sera, all’apertura del sipario, le note di Michele Sganga hanno fatto entrare in scena lei: la meraviglia. Quel senso di stupore suscitato dal trovarsi difronte a qualcosa di straordinario, di impensato: esperienza fisica e metafisica che avvolge l’universo poetico ed esistenziale di Herbert .
Il compositore Sganga omaggia questa epifania con il bello – inteso in senso etico ed estetico -attraverso un trasporto che passa anche per la postura del suo corpo, che infatti si lascia attraversare da tensioni e rapimenti. Perché la meraviglia è una qualità dell’occhio e del cuore che non si esaurisce nell’oggetto che si ammira ma che si riflette anche su chi guarda, coinvolgendolo nella sua realizzazione come persona: portandola ad intuire il suo posto nel mondo.

Giuseppe Cederna
Uno splendido preludio quello di Sganga che apre la strada al viaggio poetico ed esistenziale di Herbert, reso dalla grazia tattile propria della voce di Giuseppe Cederna. Ecco allora che Zbigniew Herbert ci si presenta raccontandoci (la drammaturgia è curata dallo stesso Cederna e da Maifredi) gli incontri, quelli speciali, che hanno fatto assumere sempre nuove forme alla vita del celebre poeta polacco.
Sua nonna fu il primo incontro con la meraviglia. Poi ci fu quello con la sua città, Leopoli, attraverso la quale assaporò il primo incontro con l’Europa: una città “dolce come l’Italia”, crocevia tra oriente e occidente. E ancora l’incontro con la scuola: lui, bambino silenzioso, affascinato dalla lingua latina ma anche dai popoli sottomessi. E poi dal professore di scienze: “un gentiluomo senza dio, innamorato della vita… e ucciso dai farabutti della storia”.

Giuseppe Cederna
La mimica di Cederna ci restituisce tutta la meraviglia e quindi quella seduzione del sapere che fece cadere innamorato il giovane Herbert. Ci arriva dagli occhi di Cederna: così disponibili a regalare attenzione, ad accogliere. E ad essere grato.
E ancora, l’incontro con suo padre: un uomo che lo introdusse fin dall’età di tre anni in un’altra famiglia, quella dei personaggi dell’Odissea. E più tardi nelle famiglie del mondo: quello da lui esplorato come un Sindbad e da Herbert conosciuto attraverso le cartoline che il papà gli spediva da ogni viaggio.

Giuseppe Cederna
E poi la fuga in treno verso Varsavia e l’incontro, questa volta, con il crollo di un mondo. Arriva così l’urgenza di ricostruire, ricontattando gli ideali della tradizione classica. Si laurea in economia e poi ancora in diritto fino ad approdare alla filosofia. Qui l’incontro con un grande maestro: H. Elzenberg e il suo neoplatonismo. “Chi sarei oggi se non ti avessi incontrato ? …. Un ridicolo ragazzino intimorito dal suo stesso esistere… invece la tua severa mitezza mi ha insegnato come resistere al mondo… con lo sguardo di chi perdura, come quello di un sasso”.

Zbigniew Herbert
Acutamente la drammaturgia affianca al ritratto che Herbert dà di se stesso, quello che gli altri intellettuali del tempo danno di lui.
E arriva finalmente il disgelo politico del ’56 e la possibilità di viaggiare con una borsa di studio. E’ qui che si rivela il suo daimon (talento): proprio nell’avventura del viaggio.

Giuseppe Cederna
Nei momenti più commossi della narrazione la regia di Maifredi fa avanzare l’Herbert di Cederna verso il proscenio, così da potersi aprire con noi del pubblico in complici e commoventi “a parte”. Ad essi s’intreccia – quasi come il commento di un coro – la narrazione musicale di Michele Sganga, dalla quale ci arriva la vibrante sensazione di un procedere del passo e del respiro, attento a non perdere nulla con lo sguardo, nonostante la fatica del camminare. Fino a culminare in quell’eccitazione propria di ogni approssimarsi.
Ma di Sganga “parlano” anche i suoi momenti di ascolto: il suo esserci, proteso, incline ad ascoltare per poter regalare il suo commento.

Zbigniew Herbert
In anteprima poi ci viene donata da Maifredi la possibilità di conoscere alcuni passi di un’opera di Herbert in fase di traduzione in Italia, a cura di Andrea Ceccherelli, che uscirà prossimamente per Adelphi. E’ “Un barbaro in giardino “, la raccolta di saggi che racconta i viaggi compiuti in Italia dal poeta polacco tra il 1959 (a 35 anni) e il 1964.
E’ dapprima l’incanto per Orvieto: la seduzione della cattedrale che non ti molla mai con lo sguardo, neppure se ti permetti il lusso di un piatto di pastasciutta nel ristorante limitrofo. E poi l’esperienza di degustare il vino, quello che porta il suo nome: “un atto cognitivo”. E che dire della passione del Signorelli nel restituire i corpi in azione ?

Arriva poi l’epifania delle nuvole sopra Ferrara: un incontro così incisivo da essere scelto come titolo per questo spettacolo: “la prima volta che le vedi – ci confida Herbert – credi di star ammirando un dipinto del Ghirlandaio”.
E ancora Siena con il suo Duccio da Buoninsegna, da cui dovrebbero andare a lezione registi ed attori.
E che dire di quel “caffè aromatico che chiamano cappuccino ?
Ma il suo viaggio delle meraviglie prosegue ancora e tocca San Sepolcro, Tarquinia, Arezzo, Firenze.
Sempre dentro la vita, come dentro un viaggio.

Un camminare guidati da poeti – quello a cui ci invita questo prezioso spettacolo di Sergio Maifredi, nonché l’intera Trilogia – per continuare a stupirci del piccolo e dell’infinitamente grande. Perché la poesia è la gratitudine dell’essere in cammino. Una letizia senza tornaconto; sazi del continuare a meravigliarsi di ciò che scaturisce dalla vicinanza con il mondo e con noi stessi. Un modo di intendere l’esistenza dove ironia, disperazione ed equilibrio continuano a farci amare disperatamente la vita, nonostante tutto.
Uno spettacolo di poesia civile, un camminare necessario.

Recensione di Sonia Remoli



















