Recensione dello spettacolo LUZ DE LUNA – Circo El Grito – di Fabiana Ruiz Diaz – regia Michelangelo Campanale

TEATRO VASCELLO, dal 2 al 6 Gennaio 2025

 

“Luz de luna” – lo spettacolo di CIRCO EL GRITO, di e con Fabiana Ruiz Diaz e con Gennaro Lauro, per la regia di Michelangelo Campanale – è un incanto. 

E’ un’esperienza di eternità del caduco. 

E’  il canto della continua meraviglia di un giorno qualsiasi, dove la fantasia riesce a incontrarsi con la quotidianità. Fino a sintonizzarsi con essa.

E’ la magia che accompagna la ricerca dell’entrare in relazione con l’altro da noi, proprio lì:  sul confine che vorrebbe separarci. Quel limite che può essere anche un favoloso luogo d’incontro. Di sintonia. 

Quanto può rivelarsi avventuroso “un riparo”, un luogo rassicurante e protetto come la propria camera?

Quante occasioni di rapimento entusiasmante vi si possono incontrare? Sono nascoste tutte lì: ai bordi. In attesa di essere trovate. E poi esplorate, fino a farsi trascinare dalla loro magia.

Condizione necessaria per l’avverarsi di questi continui miracoli quotidiani è il lasciarsi cogliere dalla meraviglia: qualità dell’occhio e del cuore capace di coinvolgere una persona nella sua interezza, totalizzandola. E  facendole intuire, con complicità, il suo posto nel mondo.

La meraviglia è una luce che nasce dal buio, dal silenzio così come dal tumulto. Nasce dai vortici del vento, dall’opacità della nebbia, dallo scatenamento delle tensioni che precedono un temporale. 

Nasce nell’orecchio, prima ancora che nell’occhio.

Nasce dal rendersi “permeabili” allo scambio osmotico del confine tra la realtà e la fantasia, tra il mondo della logica e quello dell’illogico. 

Nasce dal lasciare aperte “le porte e le finestre” dei nostri confini epidermici, permettendo di essere “attratti” da altre forze (da altre mani) che permettono ad esempio ad un oggetto di essere tante cose e non una sola. 

La meraviglia nasce dal restare stregati dalla Luna. Da “Luz de luna”. 

La meraviglia è una magia che può incantarci al di là delle parole, al di là dei codici logico-linguistici che definiscono le identità (gli oggetti, le persone, gli animali) separandole dalla ricchezza delle loro contraddizioni, dal loro essere tante cose insieme.

Tutto lo spettacolo è una continua seduzione. E lo spettatore di qualsiasi età entra nel gioco narrativo che concerta il mondo del Circo con quello del Teatro e se ne lascia trasportare. Stregato dalla “luce della luna”, che fa saltare i confini della scena: tutto respira, tutto è permeabile, tutto è a vista. E’ la magia del “circo di creazione”, di cui questo spettacolo è un favoloso esempio.

I limiti sono aperti, fruibili. Tutto si muove, dondola, oscilla. E si lascia oscillare.

Anche il corpo della protagonista (una quotidiana e divina Fabiana Ruiz Diaz) diventa di una plasticità mimica stupefacente. Le sue esplorazioni, le sue acrobazie aeree sono sintonizzate con tutte le sfaccettature del suo vivere, dove gli oggetti della quotidianità si liberano della patina dell’ovvietà per divenire anche altro. In una continua esplorazione, in una continua creazione di possibilità.

Non esistono separazioni tra essere animati e inanimati. Tutto pulsa, tutto batte, tutte vive e vibra.  Anche i piedi parlano un loro linguaggio e si lanciano in un corteggiamento. Cercano un incontro per entrare in relazione. E sintonizzarsi. Gli stessi corpi si fanno continuamente “veicolo” verso altri corpi. Ed è così che la fantasia si libra sulle ali di corde e  mantegni, sapientemente manipolati da creature meravigliosamente ibride.

“Luz de luna” è uno spettacolo avvolto da una magia delicata, gentilmente contagiosa: in equilibrio tra spavento, eccitazione ed estasi. 

“Luz de luna” è uno spettacolo cortese e  stimolantemente ardito: che apre i nostri sensi e le nostre menti alla libertà. Non quella miope, bensì quella che sa guardare oltre se stessi. Quella che si può assaporare solo “insieme”.  

“Luz de luna” è uno spettacolo “politico”, che incanta lo spettatore nel testimoniare come vi può essere libertà solo se fondata sul rispetto e sulla curiosa attenzione verso la diversità degli altri: affascinanti confini da esplorare, per allacciare una rete di collaborazioni spettacolari.  


Recensione di Sonia Remoli

Recensione dello spettacolo SENZA MOTIVO APPARENTE di e con Christian La Rosa – Ginesio Fest 2024 –

Tratto dal libro “Omicidio in danno al dottor A.” di Sergio Anelli

SAN GINESIO (MC) – 18 Agosto 2024 – Chiostro di Sant’ Agostino ore 21:30 –

Il dono della pioggia scende, quale rito di fertile augurio, sulla serata d’apertura della quinta edizione del Ginesio Fest 2024, diretta da Leonardo Lidi.

Leonardo Lidi

Splende, bagnato a lucido, il borgo medievale marchigiano di San Ginesio a vocazione artistica, in quanto luogo del Santo protettore della comunità attoriale.

A lui é stato intitolato anche il Premio San Ginesio “ All’arte dell’ Attore”, ideato e voluto da Remo Girone,

Remo Girone

Presidente della Giuria composta dal giornalista Rodolfo di Giammarco, dall’attrice Lucia Mascino, dalla poetessa Francesca Merloni e dal regista Giampiero Solari. Quest’anno la giuria ha attribuito il premio a Vanessa Scalera e a Giuseppe Battiston, ai quali sará assegnato il Premio il 25 Agosto, giorno della festa del patrono San Ginesio.

Isabella Parrucci

La comunitá di San Ginesio – sotto l’egida della Direttrice generale del festival Isabella Parrucci – sa come non perdere smalto e, viva d’entusiasmo, sa come riuscire a non smettere di dare vita a sempre nuovi inizi. Com’è nella nostra natura di esseri umani – diceva Hannah Arendt.

E di continui nuovi inizi ci ha parlato anche lo spettacolo che ha dato avvio alla prima serata del Ginesio Fest 2024 : “Senza motivo apparente” di e con Christian La Rosa, tratto dal libro “Omicidio in danno al dottor A.” di Sergio Anelli.

In uno stile accattivante dalla caratura cinematografica Christian La Rosa, fin da subito e per tutta la durata del suo monologo, ci trascina con sé dentro un racconto concertato per più voci narranti. I suoi campi sequenza narrativi , sapientemente contrappuntati da campi corti e primi piani, ci seducono al punto da entrare nel ritmo dei suoi respiri: scattante, complice, colmo d’emozione. Efficace anche la costruzione della suspense, che ci risucchia dentro intuizioni e sospetti solo poi confermati o disattesi. Sono le diverse micro contrazioni che danno forma alle sue spalle a parlarcene, rendendo la comunicazione maledettamente intrigante.

Christian La Rosa

E’, quella di Christian La Rosa, un’urgenza magnificamente umana di evidenziare i continui nuovi inizi che hanno sfidato e sfidano la perversa volontà di chiudere e di insabbiare gli elementi che hanno dato origine all’omicidio del dottor A., ovvero all’omicidio di Amedeo Damiano.

Amedeo Damiano

A lui é dedicato lo spettacolo essendo la sua morte avviluppata all’interno di un’intricata vicenda, ancora oggi parzialmente irrisolta. E vede, come prima fonte d’ispirazione, il testo firmato da Sergio Anelli “Omicidio in danno del Dottor A.”, acquisito agli atti processuali proprio in virtù della sua precisa ricostruzione dei fatti.  Sergio Anelli, facente parte della commissione d’inchiesta presieduta da Amedeo Damiano, scrisse infatti il romanzo per approfondire quello che questo attentato di mafia tracció non solo a livello politico e sanitario, ma soprattutto sociologico: il nuovo volto della mafia, quello che si stava delineando negli anni ’80. L’assassinio di Damiano portò infatti alla luce insospettate vicende malavitose in una pacifica realtà di provincia “di portici e geometrie”: la pacifica Saluzzo, apparentemente immune da dinamiche a carattere mafioso.

Ma 37 anni fa, Amedeo Damiano, presidente dell’allora Ussl 63, (Unità socio-sanitaria locale) di Saluzzo fu ucciso in un agguato la sera del 24 marzo 1987. “Il dottor A” aveva appena varcato la porta del palazzo del centralissimo corso Italia, dove viveva con la moglie Giuliana Testa e quattro figli, quando nell’androne dell’abitazione due uomini aprirono il fuoco. Quello che doveva chiaramente essere una sorta di avvertimento, una ‘gambizzazione’, finirà però in tragedia. I colpi di pistola oltre a fratturargli il femore, lesionarono anche il midollo spinale, paralizzandolo. Dopo un lungo calvario in diverse strutture ospedaliere, Damiano morirà a distanza di 100 giorni dall’attentato, il 2 luglio 1987, mentre era ricoverato in una clinica di Imola dove era stato portato per un disperato tentativo di riabilitazione.

Giornali e telegiornali iniziarono a farsi domande.

Fortunatamente.

Perché porsi domande è un’inclinazione squisitamente etica che ci permette di comprendere il passato, evitando di ripeterne gli errori.

Perché domandare esprime un desiderio di sapere – e non di dimenticare – alla base anche del metodo di conoscenza socratico.

Domande si pose “il dottor A.” per riuscire a risanare la situazione sanitaria precedente.

Domande si pose Sergio Anelli nel suo lavoro di fine archivista, al fine di raccogliere il maggior numero di dettagli informativi per fare chiarezza sul caso del “dottor A.”

Domande continua a porsi Christian La Rosa per educare il pubblico a porsi domande.

E attraverso il suo spettacolo teatrale sa lasciare una traccia in chi lo ascolta: com’è nella natura di un attore e regista dal carisma erotico. La narrazione di Christian La Rosa sa infatti appassionare alla ricerca della verità e al suo continuo saper ricominciare: al di là di ogni possibile sconfitta, al di là di ogni possibile ostacolo.

Proprio com’è nella natura del Teatro: quella di essere un continuo luogo d’incontro. Tra attore e spettatore; tra domande e possibili risposte; tra l’ “ e poi mamma?” E il suo “chissà!” ; tra il nostro “io” e le altre parti che compongono la nostra anima. Tra l’inclinazione naturale a sopraffare – con la quale tutti noi veniamo al mondo – e l’educazione all’amore della verità, che passa per il rispetto dell’Altro, da imparare una volta gettati al mondo. Per realizzarci davvero, autenticamente. Al di là di ogni “solitudine”: anche giudiziaria, come quella di cui ci parla questo caso, rievocato dallo spettacolo di Christian La Rosa. Una rievocazione laica della passione della morte del “dottor A.”

A lui, a 30 anni di distanza dall’omicidio Damiano, “è stato chiesto” infatti di occuparsi di un evento cittadino di scottante importanza. Alla “domanda” La Rosa ha risposto con entusiasmo, utilizzando l’ ‘arma’ di cui sa mirabilmente disporre: quella della rappresentazione teatrale. E con una calibratissima e seducente drammaturgia, La Rosa sale sul palco a raccontare l’intricata vicenda giudiziaria che ha portato dopo 14 processi ad un nulla di fatto sul mandante di quell’attentato. Solo i tre esecutori materiali vennero condannati: “Nessun movente, nessun mandante. Il dottor A. venne ucciso senza motivo apparente”. La Rosa ha avuto la possibilità di confrontarsi a lungo con la famiglia Damiano, di accedere alla rassegna stampa dell’epoca e soprattutto al libro di Sergio Anelli “Omicidio in danno del Dottor A.”

Una storia non solo cuneese ma, al di là di ogni solitudine, italiana.

Una storia su cui continuare a interrogarsi, perché solo così ci si accorge di essere vivi: continuando a tenere in vita la ricerca della verità.

Perché solo così si cresce, si va avanti.

Insieme.

San Ginesio (MC)

Il Ginesio Fest 2024 ha avuto il suo magnifico inizio: la magia è scesa su questo primo incontro e saprà continuamente rinnovarsi.

Qui il programma dei prossimi eventi

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Recensione di Sonia Remoli

Revolution

È un elogio della “parola” modellata sui ritmi dell’hip hop, il musical ispirato alla storia di Alexander Hamilton e diretto d Maurizio Purifico. Quella “parola” la cui libertà d’espressione fu una della conquiste più preziose sancite dalla prima Costituzione scritta: quella degli Stati Uniti d’America, entrata in vigore nel 1789.

Particolare di una banconota da 10 dollari raffigurante Alexander Hamilton

Ed è intorno ad una vera e propria “fame di parole” che il musical prende forma, rivelando un’interessante fedeltà all’intima esigenza di Hamilton di ricorrere alla parola scritta per affrancarsi e contemporaneamente affrancare chi, come lui, si trovava a subire ingiustizie sociali, perché minoranza. Parole portatrici di ideali, per restare fedele ai quali non ha temuto di andare incontro alla morte: “Morire è facile, Vivere è la sfida! “.

Matteo Corvatta (Hamilton) in una scena del musical “Revolution”

Una perfetta storia, quella di Hamilton, da hip hop: lo stile musicale e culturale che ben permette di esprimere la propria identità e che fa della libertà, luogo astratto dei diritti, una realtà concreta come quella della nostra dimensione interiore.

Una scena del Musical “Revolution”

I testi, curatissimi e incredibilmente densi, sono una vera e propria valanga di parole, che trova in questo genere musicale capace di trasmette più parole al minuto di qualsiasi altro, un perfetto veicolo d’espressione.

Una scena del Musical “Revolution”

Il sipario di “Revolution” si apre su una scena dominata da una struttura praticabile a ponte (che ricorda quello di una nave) esaltata da un sapiente disegno luci. Il “ponte” rappresenta il mezzo per andare al di là del nostro solito mondo, verso una dimensione diversa, “una terra promessa dove i frutti sono di tutti”.

Una scena del Musical “Revolution”

Come dovrebbe avvenire anche nella vita, nel Musical “ogni particolare” risulta indispensabile per la riuscita dello spettacolo. Qui in “Revolution” la narrazione storica, inclusiva di preziosi punti di vista al femminile, si avvale di una potente sinergia costituita da vigorose prove attoriali e brillanti esposizioni canore che, unite a persuasive coreografie, danno vita ad uno splendido esempio di coralità.

Una scena del Musical “Revolution”

Con notevole acume il regista Maurizio Purifico identifica il titolo del suo musical in uno dei diritti sancito nella Costituzione americana del 1789: quello alla Rivoluzione appunto . Un diritto che non dovremmo mai dimenticare di esercitare nei momenti necessari. Insieme. Perché “Unione” fa rima anche con “Rivoluzione”.

Una scena del Musical “Revolution”

Perché le rivoluzioni, coraggiosamente volute o ineluttabilmente subite, segnano un nuovo punto di partenza, avendo preparato il terreno per un’evoluzione. Questo lo splendido messaggio con il quale ci si alza, pieni di fervore, dalla poltrona del teatro a fine spettacolo. E che ci si porta a casa.

Una scena del Musical “Revolution”

Questo è il potere civile del Teatro quando si ha l’opportunità di assistere ad uno spettacolo qual è “Revolution”.

Backstage : il regista Maurizio Purifico insieme alla Compagnia alcuni momenti prima dello spettacolo