Recensione del libro di Massimo Recalcati A PUGNI CHIUSI Psicoanalisi del mondo contemporaneo

Feltrinelli Editore

Che cosa resta in noi dei traumi collettivi che ci hanno attraversato in questi ultimi venti anni ? Quanto ci hanno temprato e quanto, invece, hanno contribuito a lasciarci con i nervi scoperti ? Quale sarà l’eredità che lasceremo alle generazioni future?

In questo libro Massimo Recalcati, psicoanalista e saggista italiano, con affascinante chiarezza e audace profondità, esprime l’urgenza di riaprire il sipario sulla scenografia antropologica che ha caratterizzato “l’inverno del nostro scontento”: quello provocato in noi dagli eventi dell’ultimo ventennio.

In questi anni infatti si sono susseguiti, in un incredibilmente ristretto lasso di tempo, laceranti traumi: la grande crisi finanziaria, il terrorismo, la pandemia, la guerra. Recalcati riapre allora “le tende” del sipario facendo sentire la sua “voce” con la solennità propria di un testimone e con l’appassionata professionalità di chi sa individuarne ed analizzarne, con piglio “traumaticamente virtuoso”, le relative coreografie esistenziali.

Massimo Recalcati al Maxxi di Roma

(foto Musacchio-Iannello – courtesy Fondazione Maxxi)

Perché è da queste coreografie che hanno preso forma e corpo posture rigide, e quindi iper-protettive, verso i nostri confini personali. Ma quando “la vita si protegge dalla vita”, cioè diventa impermeabile all’incontro con l’Altro, “ci si incammina verso la dissoluzione”.

Ecco allora che l’analista e, in quanto tale, l’antropologo Recalcati può e deve uscire dalle pareti “isolate” del proprio studio, se è vero – come è vero – che l’interiorità dell’individuo non è mai da considerarsi a sé rispetto all’esterno in cui è immersa. Come scoprì Möbius attraverso l’elaborazione del suo nastro e teorizzò il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, attraverso i suoi studi sul rapporto tra psicologia individuale e società.

In questa continua osmosi tra esterno ed interno, anche le personalità politiche che hanno caratterizzato l’ultimo ventennio preso qui in esame (da Berlusconi a Grillo, da Renzi a Mattarella, da Trump a Putin) risultano interessanti allo sguardo acuto e solerte di Massimo Recalcati. Ma non in quanto “persone”, ovvero come singole individualità da analizzare, bensì come “cifre simboliche del nostro tempo”.

Massimo Recalcati, Kum! , Ancona, Ottobre 2018

Parallelamente l’analista Recalcati si riconosce lui stesso come cittadino e la sua postura “a pugni chiusi” è proprio quella di chi sente l’urgenza di indignarsi, per resistere ai continui tentativi di abuso di potere sulle soggettività.

Un’indignazione che non ha nulla del capriccio ma piuttosto la grazia dello sdegno che storna l’onore e la concretezza del severo e deluso disprezzo.

Un’indignazione a cui allude anche l’immagine scelta per la copertina e “la pesantezza” luminosa delle tonalità. Ma proprio su quel bianco&nero così saturo, che esprime appieno tutto il pathos dei momenti di passaggio e di trasformazione radicale della nostra esistenza, svetta un colore che regala personalità ai caratteri del titolo: quel colore che rimanda al coraggio unito allo spirito di sacrificio.

È il giallo zafferano: l’arancione che Vasilij Kandinsky associava al temperamento proprio di un uomo sicuro della propria forza. Infatti – sosteneva – “è quasi un rosso ma più vicino all’umanità del giallo”. 

Massimo Recalcati, sempre attento alla resa iconografica dei suoi contenuti, sceglie per questo libro una copertina raffinatamente sagace, che trasmette tutta quell’audace intrepidità con la quale, come bambini, dovremmo porci. Andando così oltre le narrazioni che ci vengono riferite e sviluppando una nostra consapevolezza critica. Per osare inoltrarci attraverso ingressi celati. Ma percorribili. Insieme. Riattivando il nostro fiuto e il nostro desiderio. Ancora. 

Solo così, dopo aver attraversato quell’ “inverno del nostro scontento”, si potrà arrivare ad assaporare una “gloriosa estate”. È questo il messaggio augurale, dal carattere di “rivolta” e di “preghiera”, che qui, in A pugni chiusi. Psicoanalisi del mondo contemporaneo, Recalcati veicola.

Massimo Recalcati – psicoanalista e saggista –

Una “gloriosa estate” incentrata sul rispetto dell’umanizzazione della vita nonché sul rispetto del senso della Legge.

Due forme di rispetto che ci portano a sviluppare una libertà che non si sgancia mai dal senso di responsabilità e proprio per questo riesce a rivelarsi generativa di profonde passioni, di vere e proprie “vocazioni” talentuose, di desideri incandescenti.

Desideri che rompono quell’omeostasi nella quale stiamo tendendo a crogiolarci troppo e che finisce per condurci sempre più verso una cronica stanchezza e a successive tendenze depressive. Desideri quindi forieri di vitali soddisfazioni, a patto che non si incorra nella tentazione di legarli ad un oggetto. 

Massimo Recalcati – Arena di Verona –

Complice di questo nuovo scenario possibile, la Politica potrà tornare ad essere un punto di riferimento culturale di alto livello, al quale i giovani guarderanno ancora con fiducia. Un luogo, come già sosteneva Aristotele, capace di tenere insieme le differenze dei singoli, per il bene comune della città.

Una Politica capace, quindi, di fornire anche un’autentica testimonianza di come “saper tramontare”: la virtù delle virtù umane. Quella che ci spinge ad avere cura dell’Altro, oltre che di noi stessi. Perché “lo specchio” che conta davvero per ciascuno di noi non è quello che riflette narcisisticamente la nostra immagine. Ma quello dell’Altro, quello cioè della socialità: delle persone che amiamo e che stimiamo.

Massimo Recalcati


PROSSIME PRESENTAZIONI DEL LIBRO

18 Luglio Ospedaletti (IM)

4 Agosto Olbia

25 Agosto Albissola Marina (SV)

22 Settembre Genova


A PUGNI CHIUSI

IN TEATRO

Lectio

(foto Mara Zamuner)

Massimo Recalcati, reduce da quindici tutto esaurito al Teatro Carcano di Milano, ha portato e porterà sul palcoscenico (la prossima data sarà quella del 20 Luglio a Santo Stefano Magra (SP) presso la ex Ceramica Vaccari) una lectio con estratti del suo ultimo libro “A pugni chiusi” – edito da Feltrinelli.


Qui puoi guardare le interviste a Massimo Recalcati su questo libro:

Salone del Libro di Torino 2023

Rai News

Twitter


Recensione di Sonia Remoli


Falstaff e le allegre comari di Windsor

GIGI PROIETTI GLOBE THEATRE SILVANO TOTI, Fino al 10 Luglio 2022 –

Dal 24 giugno al 10 luglio ore 21.00 (da mercoledì a domenica)

FALSTAFF E LE ALLEGRE COMARI DI WINDSOR

di William Shakespeare
Regia di Marco Carniti
Traduzione e adattamento Marco Carniti

Produzione Politeama s.r.l. 

Una bandiera in attesa, in tensione. Una scelta di luci la identifica come la bandiera dell’Italia: epico omaggio, al suo Paese d’origine, del regista di fama internazionale Marco Carniti . Ma perché scegliere di “farla recitare” proprio in questa tensione d’attesa? E’ in attesa di salire o in attesa di scendere completamente? Magari entrambe le possibilità. Perchè il Teatro è un enorme silenzio di attese e, come ricordava la bandiera che svettava sopra il Globe Theatre dei tempi di Shakespeare, “Tutto il mondo recita”. La bandiera dell’Italia, allora, sta ontologicamente salendo e scendendo. Come la vita insegna.

Il Teatro è il luogo che accoglie le diverse verità. Centro di tutti i mondi e di tutti i popoli. Anche per questo l’Inno nazionale Inglese che apre lo spettacolo sa trasformarsi nell’Inno nazionale dell’Italia. Che a sua volta si traduce in un gran fragore, che arriva dalle nostre spalle.

Avanzano dalle entrate della platea, infatti, con travolgente esuberanza gli attori, che a breve saliranno sulla scena. Sembrano una rappresentanza delle maestranze del teatro, accompagnati da quei “flight-cases” con i quali ormai (dopo la pandemia) siamo abituati ad identificare i rappresentanti del mondo dello spettacolo.

Quei bauli neri cioè che, nel corso della rappresentazione, il regista scopriremo eleggere ad elementi modulari della scenografia. E che sapranno diventare cesta, vasca, canapè, tavolo, ecc.ecc. In questa sorta di proemio allo spettacolo, gli attori prossemicamente in platea, presentano non solo se stessi (rivelando il proprio nome e il ruolo che andranno ad interpretare) ma anche il tipo di rappresentazione che a breve insceneranno.

“La più divertente commedia sulle malelingue” la definiscono. Alludendo ai “rumors” (ambigui “flauti” mozartiani, o rossiniani “venticelli” calunniatori) e all’incapacità dell’epoca (e non solo) di accogliere e valorizzare le differenti “lingue” dei popoli. Tentazione babelica di ridurre la pluralità ad una singolarità, presunta superiore. E più in generale alludendo a tutto ciò che di “straniero” abita gli spazi, spesso “carsici”, della nostra umanità: scenograficamente resi, con grande suggestione, attraverso la presenza di “cannule”: quasi stalattiti e stalagmiti del nostro sottosuolo.

Ma “lo straniero” più difficile da accogliere e da tradurre è l’archetipo del “femminile”, di cui il regista Carniti ci propone un vero e proprio elogio. Le sue donne, a prescindere dall’estrazione sociale, “la sanno molto più lunga” degli uomini. Ma anche negli uomini più “hard”, Carniti fa risaltare la presenza di questo oscuro “ingrediente”: gli alfieri di Falstaff, ad esempio, pur presentandosi apparentemente come i più duri dei motards, risultano inclini al pettegolezzo non meno delle donne.

E poi Frank Ford: così attento a custodire la propria virilità e così ossessionato dall’ eventualità di ritrovarsi delle corna tra i capelli, non si accorge di quanto “femminile” c’è in lui nel momento in cui è disposto a calarsi in nuove vesti, per andare ad annusare il livello di intimità tra sua moglie e l’ipotetico amante.

Ma è con la “sua” Madama Quickly che Carniti tocca l’apice dell’estrosità: ecletticamente in accordo con la tradizione elisabettiana (che soleva attribuire ruoli femminili a uomini) è ad un uomo che il regista affida il ruolo di questa donna, che brilla sulla scena e all’interno del suo adattamento per la ricchezza delle proprie “risorse” femminili. Un essere geniale proprio per il fertile uso che fa sia dell’archetipo “maschile” che di quello “femminile”. Che sa in quanti modi si possono usare mani, lingua, gambe, scopa, istinto. Che sa come prendere quello che vuole da tutti, consapevole che niente è solo suo. Né dura per sempre.

Molto interessante anche la resa che Carniti fa del paggio Simplicio, racchiusa, acutamente, nel suo intercalare “non è vero, sì !” e del paggio di Falstaff, Robin: creatura musicale nonché “veleggiante” Cupido, che alla fine della narrazione esibirà una natura anche “satiresca”.

Il regista Carniti, si rivela come suo solito un abile “compositore” teatrale. La bellezza estetica, il suo senso del bello, sono la cifra del suo stile. Dagli allestimenti ai costumi, tutto rifulge e insieme comunica significati. I costumi delle due comari, ad esempio, oltre ad essere stilosamente accattivanti, contribuiscono a sottolineare, nel loro alternarsi “a specchio” di bianco e nero, il complice completarsi emotivo delle due solerti donne. Lo stesso dicasi per l’orientamento dello “svilupparsi” delle loro acconciature.

Anche in teatro, ambiente meno libero rispetto a quello della lirica, Carniti dimostra di saper trovare escamotages per modificare la scena, regalandole di volta in volta la giusta atmosfera. Un’analisi profonda e appassionata la sua, che ci apre le porte di un mondo denso, carico di significati e che viaggia nel tempo senza perdere d’intensità. Una messinscena poetica, evocativa e insieme moderna, attuale. Che ci permette di sognare, o di ridere, oltre che di pensare.

Pur costituendo un armonico “unicum” polifonico, gli interpreti sanno regalare ciascuno qualcosa di unico, di nuovo, di speciale.

Interpreti

SLENDER Tommaso Cardarelli

MADAME QUICKLY Patrizio Cigliano

MADAME FORD Antonella Civale

NYM Roberto Fazioli

MASTER FORD Gianluigi Fogacci

FENTON Sebastian Gimelli Morosini

ROBIN Dario Guidi

FALSTAFF Antonino Iuorio

GIUDICE SHALLOW Roberto Mantovani

ANNE PAGE Valentina Marziali

EVANS Gigi Palla

MADAME PAGE Loredana Piedimonte

PISTOL Raffaele Proietti

MASTER PAGE Mauro Santopietro

BARDOLFO Alessio Sardelli

SIMPLICIO Federico Tolardo

Musiche

MARIO INCUDINE Arpa dal vivo DARIO GUIDI

Aiuto regia

MARIA STELLA TACCONE

FRANCESCO LONANO

Assistente alla regia

ILARIA DIOTALLEVI

Costumi

GIANLUCA SBICCA

Scene

FABIANA DI MARCO

Assistente scenografa

GIULIA LABARDI

Roma: immagini di città

TEATRO VALLE, Dal 25 Maggio al 25 giugno 2022 –

Chi sono i Poeti di oggi? I Poeti della Roma post lockdown? Con questo interrogativo le poliedriche autrici Maria Grazia Calandrone e Lidia Riviello moderate, nel loro affascinante confronto sulle tracce artistiche e storiche che hanno segnato la Città, dal regista Graziano Graziani, sono riuscite a solleticare l’interesse del pubblico presente ieri sera all’incontro “Roma e i suoi poeti”, presso il Teatro Valle, in collaborazione con Dominio Pubblico. L’incontro, il secondo dei cinque in programma, costituisce un ulteriore tassello compositivo della mostra “Roma: immagini di città“, che ha dato alla luce incontri, mappe immaginarie, poesie e video racconti sulla città di Roma. In occasione delle celebrazioni per i 150 anni di Roma Capitale, tale mostra si impegna a ricollegare i tanti fili che il Teatro di Roma ha aperto e disegnato nel lungo percorso dedicato alla Città. 

Ieri sera, l’intreccio delle narrazioni, condotto con appassionato e seducente trasporto dalle suddette autrici Maria Grazia Calandrone e Lidia Riviello, ha seminato nel pubblico fertili domande e si è usciti dal Valle chiedendoci: “saranno ancora disposti i Poeti di oggi, del post lockdown, a rinunciare al proprio cognome e a rendersi identificabili solo attraverso il proprio corpo? Attraverso la loro presenza costante nella Città? Sentendo solo l’urgenza di mescolarsi con tutti e con tutto, azzerando tra loro e con il pubblico inutili distanze? Così, come avveniva nell’indomabile Roma “lirica” degli anni ’80, letteralmente “occupata” dai poeti. Legati tra loro da un’amicizia deleuziana, nella quale contavano non le idee comuni ma le “percezioni” comuni di una pluralità. Potremmo ancora sperare in “attacchi poetici” capaci di infrangere gli attuali muri di silenzio? Riuscirà a ri-crearsi una “comunità” con un’acutezza di sguardo tale da poter instaurare un dialogo con ciò che non è ancora visibile? Lasciando maieuticamente emergere il possibile?

La mostra accoglie inoltre una sezione video in cui viene restituito l’intreccio di relazioni, interviste e dibattiti attivati da Giorgio Barberio Corsetti con il format Metamorfosi Cabaret, ospitando i differenti racconti delle associazioni attive nei territori periferici. Un modo per leggere la metamorfosi di Roma, in risposta alle sfide sociali della pandemia e delle nuove povertà. L’esplorazione della città è stata riconsegnata anche attraverso un video del Cantiere Amleto , condotto dallo stesso Corsetti a Tor Tre Teste e a Tor Bella Monaca; attraverso alcune interviste fatte a studenti e studentesse di diverse scuole romane in occasione del Natale di Roma 2021 e, a conclusione, attraverso i percorsi realizzati in connessione con IPER, il festival delle periferie ideato da Giorgio De Finis, raccontati da un video di presentazione.

Le varie sezioni della mostra “Roma: immagini di città” riescono efficacemente nel tentativo di fissare l’effimero nell’eternità dell’immagine, restituendo vitalità ad una Città attraversata dal periodo più oscuro della pandemia: quello dei teatri vuoti. Un valido antidoto alla concreta evanescenza della vita.