Recensione SYRO SADUN SETTIMINO – Operina monodanza in un atto di notte di Sylvano Bussotti – Poema di Dacia Maraini

TEATRO VASCELLO, 25 Novembre 2024

Syro Sadun Settimino

o il trionfo della Grande Eugenia

Operina Monodanza in un atto di notte 

Di Sylvano Bussotti

Poema di Dacia Maraini (1974 rev. 2024)

Voce recitante Manuela Kustermann

Danzatore Carlo Massari della C&C Company

Ensemble Roma Sinfonietta

Direttore M° Marcello Panni

EVO Ensemble

Filmati e proiezioni da Sylvano Bussotti, RARA (film) 1968/ 1970)

nell’edizione restaurata dalla Cineteca Nazionale di Bologna

Grande emozione ieri sera al Teatro Vascello per la Prima rappresentazione assoluta in forma teatrale dell’Operina monodanza in un atto di notte di Sylvano Bussotti “Syro Sadun Settimino o il trionfo della Grande Eugenia”. 

Sylvano Bussotti fu Accademico Effettivo dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ma anche  compositore e artista dalla tempra spiccatamente poliedrica. Era noto infatti anche come pittore, poeta, romanziere, regista teatrale e cinematografico, attore, cantante, scenografo, costumista e direttore artistico di vari teatri italiani (ricordiamo la Fenice di Venezia, il Festival Puccini di Torre del Lago, la Biennale Musica).  

Sylvano Bussotti

Un lavoro quello del “Syro Sadun Settimino” che dai primi anni ’70 del Novecento non ha trovato ospitalità in alcun Teatro, a causa della scabrosa partitura teatrale. Nel 1974 riesce a vedere la luce  – ma solo in forma di concerto – a Royan, in Francia. Poi cala di nuovo il buio su questo lavoro. 

Ora, a tre anni dalla morte del suo autore (1931-2021),  il Festival di Nuova Consonanza – alla sua 61 edizione – decide di proporre la messa in scena teatrale di questo lavoro al Teatro Vascello che -cogliendone tutta la preziosa visionarietà – decide di farlo venire alla luce scenica il 25 Novembre di quest’anno.

Un anno dal valore potentemente simbolico, in quanto segna “i 50 anni di r(e)sistenza” e di continua sperimentazione del Teatro di Giancarlo Nanni e di Manuela Kustermann. Un Teatro, il loro, che da sempre si nutre d’immaginario e che lo restituisce in spettacoli che riescano a solleticare il linguaggio inconscio di giovani e di adulti.

Dacia Maraini

Ecco allora che Dacia Maraini, alla quale Bussotti alla fine degli anni ‘60 aveva commissionato il testo per voce recitante, rimette mano al testo riuscendo ad esaltarne ancor più la profonda liricità.

Testo che in questa indimenticabile occasione è stato recitato dalla stessa Manuela Kustermann, amica storica di Bussotti: una creatura che continua a far sua la magia dello stupore di chi sa incantarsi di fronte al mondo e di questo incanto, incantare.

La partitura di danza e la coreografia sono state affidate al performer, coreografo e creatore transdisciplinare Carlo Massari, la cui cifra stilistica gravita intorno alla ricerca di nuovi linguaggi performativi, approfondendo l’ibridazione e la commistione tra le diverse discipline artistiche.

Alla formazione dell’Evo Ensemble diretto da Virginia Guidi è affidata la fascinosa partitura del Coro.

Il M° Marcello Panni

Al M° Marcello Panni, attuale decano di Nuova Consonanza e “direttore d’orchestra di fiducia” di Luciano Pavarotti, nonché protagonista di importanti collaborazioni con Berio, Bussotti, Cage, Feldman, Glass – è affidata la direzione dell’orchestra Roma Sinfonietta, di cui cura anche la suggestiva mise en espace. Panni era sul podio anche mezzo secolo fa con Bussotti quando l’opera vide la luce solo in forma concertistica a Royan.

In occasione dello spettacolo di Lunedì 25 Novembre, domenica 24 nella Sala Cinema di Palazzo Esposizioni Roma, il pubblico è stato invitato alla proiezione del documentario “Bussotti par lui-même” (1976, 74′) di Carlo Piccardi. Sono intervenuti Rocco Quaglia, Marcello Panni e Daniela Tortora i quali hanno mirabilmente evidenziato la crucialità di questo documento autobiografico che racchiude la memoria e suggerisce le prospettive inaugurate dal genio di Bussotti. Ripercorrere l’opera di Bussotti infatti non si esaurisce in un atto classificatorio, sia pur esteso ed approfondito dai ripensamenti critici, ma si dà come un procedimento attivo e costruttivo, in cui i dati singoli si lasciano carpire in significati nuovi, svelando essenze mutevoli e contradditorie. 

Rocco Quaglia, Daniela Tortora, Marcello Panni

Si arriva così alla sera del 25 Novembre: sera della Prima rappresentazione assoluta in forma teatrale di “Syro Sadun Settimino”. Ad introdurla, una presentazione curata da Alessandro Mastropietro, che ha coinvolto in fertile dialogo Dacia Maraini, Marcello Panni e Rocco Quaglia, coreografo, ballerino, collaboratore e compagno di una vita di Bussotti.

Mastropietro inizia con il disvelare cosa si celi dietro al lunghissimo ed enigmatico titolo che Bussotti ha amato attribuire a questa sua opera. La parola “Syro” consta della somma delle iniziali dei nomi dell’autore e di un suo amico: Sy(lvano) – Ro(mano); “Sadun” è il nome del pittore Piero Sadun, a cui è dedicato uno dei pezzi vocali dell’opera.

L’ispirazione arriva dall’ ”Histoire du soldat”  di Stravinskij (1918), un classico del periodo. Ma poi Bussotti va molto oltre: ai sette elementi d’orchesta (da qui “settimino”) Bussotti aggiunge un pianoforte, duplica le percussioni, introduce un coro, un dicitore, nonché una coreografia più articolata. Così come articolata è la sua scrittura musicale, che s’insinua negli interstizi della parole e che a qualche livello fa del clarinetto l’io narrante.

Il sottotitolo esplicativo “Il trionfo della Grande Eugenia” introduce invece l’argomento dell’opera. La “Grande Eugene”, piccolo cabaret parigino portato a rapida notorietà dall’abile conduzione del coreografo e pittore Franz Salieri, è il centro della vicenda. In questo locale notturno frequentato da travestiti si ritrova infatti il protagonista, la cui storia viene rievocata partendo dalla sua nascita prematura: di sette mesi appunto.

La Maraini – celebre esponente del teatro di sperimentazione – interviene per raccontare come Bussotti le chiese un testo lirico, narrato in prima persona, espressione di una  particolare duttilità di sentire: capace di muoversi tra le maglie del maschile e lo scatenamento proprio del femminile. Pulsioni così vibrantemente coesistenti nell’indole del giovane protagonista.

Rocco Quaglia aiuta invece lo spettatore ad entrare nella fenomenologia dell’opera, rivelando ad esempio che l’ occasione fu data da un giovane di nome Michel, nato di sette mesi, in una famiglia di clavicembalisti.

Marcello Panni ci confida con luminosa emozione che riprendere questa opera di Bussotti era un suo grande desiderio, che finalmente questa sera raggiungerà il suo compimento. 

L’Operina alterna – con sorprendente originalità – parlato, cori a cappella, balletto e un ensemble strumentale su una scenografia mobile di filmati e proiezioni da “Rara”,  film di Sylvano Bussotti (1968-1970) nell’edizione restaurata dalla Cineteca di Bologna.

L’attenta partecipazione degli spettatori in sala alla pluri sollecitazione fisica e psichica dell’opera, dimostra la capacità di Bussotti ad aprire la sua densità creativa in un movimento che riesce a coinvolge un pubblico vasto ed eterogeneo, attraverso differenti possibilità di accesso al fatto musicale.

Ed è così che ci arriva la consapevolezza gioiosa di un giovane venuto al mondo in una modalità diversa. Ma comunque leale, degna di onore: onesta. Commovente il suo stupore di sentirsi ricco e lussureggiante come uno smeraldo: una pietra che parla di rinascita, crescita spirituale, rigenerazione, speranza. Una pienezza, un’armonia, che però in quanto tale scandalizza e che quindi va falciata, spennata, resa incapace di spiccare un suo volo. 

Ma la sua sarà una duttile resistenza, nonostante l’immanente fragilità che lo rende predabile. Insistente sarà, la sua duplice tensione al maschile e al femminile che riesce ad esprimersi virtuosamente nella danza. Calda come la terra che lo ha generato, una “terra d’agosto che sa di coito”. Non a caso nasce di sette mesi: sospinto da una gioia eccessiva. E dall’urgenza di ballare, per esprimersi pienamente. Laddove tutti lo vorrebbero “sedentario e musone”.

Una tensione visualizzata da quella lirica dialettica che s’instaura cinematograficamente, ma non solo, tra il suo aprirsi all’avventura del mare e l’essere trattenuto dalla terra, che affonda, come su sabbia, i suoi slanci. E che contribuisce a disorientarlo al pensiero di scegliere – e quindi di rinunciare – ad una parte di sé, così essenziale.

Una tensione caratteristica dell’opera e della personalità di Bussotti: quel sistema di contraddizioni in continua espansione che fa delle relazioni e dei nessi, qualcosa che può essere colto nel suo complesso.

Qualcosa che lo spettatore è catturato a decifrare a vari livelli, divenendo protagonista di un’esperienza di straordinaria bellezza.

Assistere a questa Prima rappresentazione assoluta in forma teatrale del “Syro Sadun Settimino o il Trionfo della Grande Eugenia” è stato un grande dono.


Recensione di Sonia Remoli

Teresa la ladra

TEATRO PARIOLI, dal 22 al 26 Marzo 2023 –

Un cono di luce bagna solo Lei. Il resto è immerso nel buio. Finalmente, qui sulla scena, Teresa (una fantasmagorica Mariangela D’abbraccio) riceve quell’attenzione accogliente e piena d’interesse di cui nella vita non è mai stata oggetto. Neanche quando è venuta alla luce: al momento del parto la madre la credeva morta e il padre voleva buttarla nell’immondizia. È stata la sua sana prepotenza di sopravvivenza a farla urlare con tutto il fiato, che non sapeva neppure di avere in gola, per reclamare il diritto ad esistere. Sua mamma era spesso triste e anziché parlarle, la picchiava. E così erano soliti fare i suoi fratelli più grandi.

Una scena dello spettacolo “Teresa la ladra” di Francesco Tavassi al Teatro Parioli

Mentre parla di loro, alcuni ragazzi entrano in scena: sono dei “nuovi fratelli, ovvero i musicisti dell’orchestra dal vivo che, abbracceranno, attraverso la musica, le parole di Teresa. Lei è bella: ingenua e insieme selvatica. Soprattutto è una donna con un destino da clandestina, da randagia. Ma più di tutto è coraggiosa: questo la fa bella davvero. La sua geografia mentale la rende irresistibilmente interessante: nel bene e nel male.

Mariangela D’Abbraccio in una scena dello spettacolo “Teresa la ladra” di Francesco Tavassi al Teatro Parioli

Per sopravvivere sarà costretta a rubacchiare, perchè in tempo di guerra, a volte non basta essere disponibili a lavorare. E noi, nonostante tutto quello che lei ci racconta, restiamo dalla sua parte. Perché Teresa difende sempre la propria integrità morale ma soprattutto non smette di cercare e di farsi domande per capire quanti volti può avere la libertà: leggera come una febbre e pesante come un’angoscia.

Mariangela D’Abbraccio in una scena dello spettacolo “Teresa la ladra” di Francesco Tavassi

Quella di Teresa è una storia individuale che sa diventare patrimonio universale: la sua, come la nostra, è una vita spesa nella ricerca dell’affermazione della propria identità personale. Teresa siamo noi, tutti noi. Noi che ci sentiamo ladri quando osiamo preservare la nostra più pura essenza; noi che rubiamo scampoli di libertà per riuscire ancora a respirare. Noi che guardandola, ritroviamo nei suoi occhi la nostra luce.

Francesco Tavassi, il resista dello spettacolo “Teresa la ladra”

La regia di Francesco Tavassi porta in scena un adattamento del testo di Dacia Maraini Memorie di una ladra” del 1972 , che tanto appassionò Pasolini per il sapiente lavoro su una lingua popolare d’antan, unendo parole e musica; gesti tormentati ma anche pieni di delizia. È una partitura tutta costruita sul ritmo e sulla velocità, seppur in un corposo ritratto d’epoca di circa due ore, all’interno del quale Teresa è immersa e travolta, senza mai però restarne succube o sottomessa.

Dacia Maraini, autrice del libro “Memorie di una ladra” , al quale si ispira lo spettacolo “Teresa la ladra”

Sta forse nella sua particolarissima genesi il segreto dell’energia travolgente di questo romanzo. Mentre conduceva un’inchiesta giornalistica sulle condizioni nelle carceri femminili italiane, nel 1969 Dacia Maraini incontrò una detenuta dalla personalità straripante, Teresa Numa: “Le ho parlato per due minuti e ho capito che era il personaggio che cercavo”. Non potendo intervistarla a causa dei regolamenti carcerari, la Maraini ha aspettato qualche mese che la donna uscisse di galera e ha raccolto per circa un anno la sua drammatica (ma anche grottesca e avventurosa) testimonianza sulla sua vita e la sua carriera di ladra e truffatrice: una storia picaresca, l’ha definita a ragione la Maraini, che ha frequentato poi la signora Teresa fino alla sua morte, avvenuta qualche anno fa. 

Dacia Maraini, “Memorie di una ladra”, BUR

Lo spettacolo di Tavassi mantiene del romanzo anche la forma della testimonianza orale: sono state volutamente lasciate ripetizioni, contraddizioni, riflessioni e il linguaggio è colorito, sgrammaticato, ricco di neologismi non voluti. Un vero capolavoro di Neorealismo straccione e grottesco che ha ispirato il film ” Teresa la ladra ” diretto nel 1973 da Carlo Di Palma e interpretato da una indimenticabile Monica Vitti e da Stefano Satta Flores

Locandina del film di Carlo di Palma “Teresa la ladra” con Monica Vitti

Ora, da qualche anno ormai, il testo è stato adattato a monologo teatrale e portato in scena con lusinghiero successo da Francesco Tavassi e da Mariangela D’Abbraccio sui palcoscenici di tutta Italia. Sinergicamente la scrittrice, l’attrice e il regista hanno pensato che la musica e le canzoni potessero essere uno strumento espressivo utile a completare il racconto rocambolesco di Teresa, facendo di questo spettacolo una sorta di operetta musicale, di teatro-canzone.

Sergio Cammariere, il musicista che ha collaborato alla realizzazione dello spettacolo “Teresa la ladra”

E’ stata dunque fondamentale la collaborazione di Sergio Cammariere , che ha scritto una vera e propria colonna sonora oltre a delle canzoni originali su testi della stessa Maraini. Mariangela D’Abbraccio è la Teresa che oltre a raccontarsi canterà la sua storia accompagnata da un gruppo di musicisti, in una formazione suggerita dallo stesso Cammariere. Prende forma così uno spettacolo funambolico così come la vita di Teresa.

Mariangela D’abbraccio, interprete di Teresa nello spettacolo “Teresa la ladra”

Mariangela D’Abbraccio, lasciandosi plasmare dallo sguardo della Maraini, sempre così affascinato dalla “diversità” e quindi dall’unicità dell’essere umano, riesce nell’arduo tentativo di restituirci tutta “la tenerezza” di una donna come Teresa. E fa sì che quello sguardo carico di tenerezza noi riusciamo a regalarlo anche a noi stessi.