SPAZIO DIAMANTE, dal 29 Aprile al 12 Maggio 2024

E’ un esotico eden crepuscolare, lussuriosamente informe, abitato da un firmamento di esuberanti sonorità.
E’ lo STUDIO PER UNA DANZA DEI SETTE VELI presentato ieri alla serata inaugurale del Festival inDivenire allo Spazio Diamante dal collettivo artistico composto da Filippo Timi con Lorenzo Chiuchiù, Carlotta Gamba, Mattia Chiarelli, Vittorio Allegra, Alessandro Apostoli, Leonardo Carducci, Tiziana Di Tella, Andrea Memoli, Claudio Totino, Teresa Azzaro, Paola Balzarro, Stefania De Santis nel ruolo di Erodiade.
E’ un non-luogo che offre ospitalità a creature meravigliosamente ibride, che hanno mantenuto una forte aderenza al mondo ancestrale. Sa pulsare di sfinente carnalità e insieme di decadenti atmosfere metafisiche.
Gettato sotto un cielo di ombre, è “un illimitato” fuori dai principi della logica e oltre i principi della morale: ogni contrario scivola fluidamente nel suo opposto e viceversa. Si dà così come un paradiso perduto e di perdizione.
Qui il Tempo assume le sembianze di un clown dal lungo crine, che con familiarità epifanica si palesa muto.
Demiurgo del libero arbitrio è la grande madre Erodiade (una dolce mefistofelica Stefania De Santis) dal gesto e dall’espressività così sonori, da andare ben oltre la capacità comunicativa della parola.
Lo stesso Erode le riconosce il potere di donare moto alle acque. E’ lei il motore delle azioni e delle intenzioni: sua l’energia cinetica applicata agli elementi della natura, inclusa quella umana.
La manipolazione sulla figlia è tale da non attribuirle un autentico nome proprio, quindi neppure un’autentica identità. Non a caso, con raffinata psicologia, l’Erode Timi gioca sulla plurisemanticità del suo presunto nome: Salomè – Solo me – Salume.
Su Erode però la figlia di Erodiade ha un suo inscalfibile potere femminile, di natura ancestrale. E con indomita tenerezza sensuale rivendica solo e soltanto “la testa” del Battista. E alla fine la ottiene. Interessante qui come l’Erode di Timi si apra ad una sensibilità “ondivaga”, propria della psiche femminile, provando a barattare la testa con altre parti del corpo del Battista. Ma il desiderio della ragazza è ossessivo: incanalabile.
Al personaggio di Erode Filippo Timi affida il tentativo e lo sforzo di tenere insieme ciò che tende a restare separato, potere insito in ogni “raccontare”. E laddove il potere della parola si rivela insufficiente e ambiguo, ricorre al sacro potere atavico della musica strumentale. Senza escludere quella melodica, attraversando trasversalmente le note di malinconica sensualità del fado fino all’esplorazione sensoriale dell’amore “…La parola non ha/Né sapore, né idea/Ma due occhi invadenti/Petali d’orchidea/Se non hai/Anima, ah/Ti sento/La musica si muove appena/Ma è un mondo che mi scoppia dentro/Ti sento/Un brivido lungo la schiena/Un colpo che fa pieno centro/Mi ami o no?…”.
E’ un’espressione di mascolinità davvero molto interessante quella che ci propone Timi, che sa di narcisismo e di accoglienza. E poi ci sono i colori della sua voce: irresistibilmente contagiosi. Nonostante gli occhiali a specchio. Anzi tali proprio perché conservano quei sacri germi della vocalità di Carmelo Bene sommati a quelli di Demetrio Stratos. Un Erode, il suo, inquieto, istrionico, intrepido, straripante.
Delicate e maledettamente accattivanti le due figure femminili di Erodiade e di Salomè. Profili femminili “astrali”, nella loro carnalità. Stelle, che anche quando cadono continuano a produrre luce.
Intrigante e profondo questo studio su “La danza dei sette veli” incentrato attorno ad una trinità ancestrale (e contemporanea) che si avvale di un lavoro collettivo di promettente intensità.


Il direttore artistico Giampiero Cicciò e l’ideatore del Festival inDivenire Alessandro Longobardi
Recensione di Sonia Remoli

Il 1′ agosto ho avuto la fortuna di lavorare come tecnico video alla Casa del Jazz di Roma per la “Salome'” di Filippo Timi-Oltre ai complimenti per le immagini STRAORDINARIAMENTE SUGGESTIVE (in particolare di Lazzaro) che gli ho fatto di persona vorrei aggiungere la mia ammirazione per LA TIMBRICA DELLA SUA VOCE e l’uso sapiente che ne fa-Nemmeno calibri (con grande rispetto) come Giancarlo Giannini che doppia Al Pacino ne ” L’ avvocato del diavolo” o Francesco Pannofino per Gil Grissom mi hanno emozionato cosi’-Nella vita non si finisce mai di imparare-Un caro saluto,Filippo,e spero di rincontrarci sui palchi! Riccardo De Mario-Operatore di ripresa del Cine e TV (R.Rossellini) classe 1965
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