TEATRO BASILICA, dal 13 al 16 Aprile 2023 –

Nell’adattamento di Graziano Piazza, “The Handmaid’s Tale – Il racconto dell’ancella” si apre con un Prologo sul prezioso valore di una “storia” e del suo “istor”, cioè “colui che ha visto”.

Graziano Piazza, regista de “Handmaid’s Tale- Il racconto dell’ancella” al Teatro Basilica di Roma
Una “storia”, infatti, sia che riguardi fatti umani realmente accaduti o anche invenzioni della fantasia, è molto probabilmente la cifra più importante della nostra specie, ciò che ci differenzia dal resto dell’universo. Perché una “storia” permette di mantenere la memoria; di apprendere da ciò che i nostri simili hanno fatto in passato e di ripercorrere quale sia stata la successione cronologica e il perché di umane vicissitudini.

Viola Graziosi, protagonista del monologo “Handmaid’s Tale- Il racconto dell’ancella” al Teatro Basilica di Roma
Nel Prologo, di tutto ciò parla una giovane donna dei nostri giorni (una magnetica Viola Graziosi). Lo fa attraverso un megafono: il suo però non è un discorso dai toni enfatici di chi sta partecipando ad un evento. No, la sua assomiglia più ad una confessione che è insieme anche un avvertimento. È il suo, un tono che ci predispone ad attivare il prezioso istinto della paura, segnale della necessità di uno stato di allerta.

Viola Graziosi, protagonista del monologo “Handmaid’s Tale- Il racconto dell’ancella” al Teatro Basilica di Roma
La “sua” storia, la giovane donna, ci confessa che continua a ripeterla nella sua mente: per non dimenticarla, visto che lì dove sta ora non è permesso scrivere. Ma una “storia” per essere tale, non può rimanere nei confini ristretti di una sola mente: deve essere raccontata a qualcuno. Questa è anche l’essenza del teatro, la sua ontologia. Il suo valore terapeutico: etico, politico e civile. La giovane donna lascia, allora, il megafono e si fa a noi vicina. Ci guarda: sembra incredula. Siamo tanti. Siamo tutti disposti ad ascoltarla. Il racconto della “storia” dell’ancella può avere inizio.

Nel suo adattamento de “Il racconto dell’ancella”, Graziano Piazza individua e seleziona i passi più intensi dell’omonimo romanzo distopico (1986) di Margaret Atwood, una delle voci più note della narrativa e della poesia canadese, dal quale Harold Pinter ha tratto la sceneggiatura per il film omonimo, diretto da Volker Schlöndorff (1990)
Filo conduttore dell’opera è quello del “cosa accadrebbe se…” ma la Atwood sceglie di non inserire nel romanzo invenzioni fantasiose o eventi irreali, bensì fatti già avvenuti e comportamenti umani già messi in pratica in altre epoche o paesi, concatenandoli tra loro. Ne scaturisce così “la storia” di Paesi che alla fine del ventesimo secolo, si trovano nell’emergenza di trovare una soluzione alle conseguenze di una guerra mondiale che vede le rivolte interne fuori controllo, l’inquinamento a livelli insostenibili e la tossicità delle scorie radioattive causa di un tasso di natalità prossimo allo zero. I capi di Stato allora si accordano su un patto che lascia ai singoli governi la libertà di gestire la crisi, attuando ogni provvedimento ritenuto necessario.

Margaret Atwood
Nel Nord America (nel Maine), ad esempio, un regime totalitario di stampo teocratico sale al potere con un colpo di stato dando vita a “La Repubblica di Galaad” che, arbitrariamente si ispira alla Bibbia per regolare le dinamiche sociali. Ne deriva che illegale è ogni altra confessione religiosa; illegali sono i libri, la musica e ogni attività non conforme all’orientamento conservatore del regime. Per dare una soluzione definitiva alla riduzione delle nascite, invece, i galaadiani decidono di destinare le donne fertili alla procreazione a prescindere dalle singole volontà.

Viola Graziosi, protagonista del monologo “Handmaid’s Tale- Il racconto dell’ancella” al Teatro Basilica di Roma
Nella Genesi, infatti, quando Rachele dice a Giacobbe che non può avere figli, aggiunge: «Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca sulle mie ginocchia e abbia anch’io una mia prole per mezzo di lei». Dall’esempio della serva Bila nasce la figura dell’ancella.

Viola Graziosi, protagonista del monologo “Handmaid’s Tale- Il racconto dell’ancella” al Teatro Basilica di Roma
Una Viola Graziosi piena di grazia è qui anche l’ancella: di lei tutto parla. Anche quando non si muove. Anche quando nel suo racconto, sempre carico di un pathos che rifugge dagli eccessi, semina feconde pause. Un raffinato disegno luci e delle sonorità ambiguamente inquietanti fanno da efficace contrappunto alla sua narrazione. La scena è essenziale ma potente, incisiva.

Viola Graziosi, protagonista del monologo “Handmaid’s Tale- Il racconto dell’ancella” al Teatro Basilica di Roma
L’adattamento del testo focalizza l’attenzione non solo sulla pericolosa deriva in cui possono incorrere i diritti umani e la libera espressione di una volontà critica ma anche sull’inumana mancanza di solidarietà tra donne. In particolare, ma non solo, la scelta delle “zie” (le donne che nel sistema piramidale della Repubblica di Galaad avevano la funzione di aguzzine) a perpetrare violenze fisiche e manipolazioni psicologiche sulle ancelle, al fine di spegnere in loro ogni sussulto di desiderio e di libero rispetto della propria volontà.

Viola Graziosi, protagonista del monologo “Handmaid’s Tale- Il racconto dell’ancella” al Teatro Basilica di Roma
Suggella la narrazione della “storia”, un Epilogo della giovane donna del Prologo che ora si pone prossemicamente in comunione con noi del pubblico. Non si rivolge più a noi dal fondo del palco, parlandoci attraverso il megafono; ora, grazie alla capacità terapeutica del raccontare e grazie al nostro attento e commosso ascolto, si sente libera di avvicinarsi e di sedersi, a terra, sulla ribalta, come tra chi si è instaurata una relazione di “fertile” complicità umana. E conclude il suo commento con una splendida riflessione sul potere del perdono.