TEATRO BELLI, Dal 12 al 14 Aprile 2022 –

Cosa sarebbero gli uomini senza la morte? Senza l’attesa angosciosamente incerta del suo progressivo o balenante incedere?
Il rosso di un immenso quadrante d’orologio infiamma la scena buia: è immediatamente riconoscibile la densità della cifra registica di Claudio Boccaccini. Un’umanità di sagome in controluce si impossessano dello spazio scenico: “partorite” ed espulse dal liquido amniotico, iniziano a rianimarsi con una gestualità dapprima ancora acquatica ma poi automatica, sfociante in una corsa fine a se stessa. Individuale.
Boccaccini, seguendo il progetto di Elias Canetti (Premio Nobel per la Letteratura nel 1981), mette in scena una possibile umanità a cui è stata tolta l’incertezza del momento in cui la morte vincerà sulla vita. Un’umanità “partorita” con una data di scadenza: chi nasce sa quando morirà. Ma a quale prezzo?
Il numero di anni di vita sostituirà i nomi propri e sarà vietato comunicare agli altri la propria età effettiva. In un mondo dove tutti conoscono il tempo a loro disposizione, dove è sospesa ogni imprevedibilità, dove solo le “cifre alte” possono concludere qualcosa, le persone non sentono più l’urgenza di comunicare, di pensare, di amare. E rischiano di morire di noia.
Si cercano ma la loro è una vicinanza solo spaziale, sottolineata per contrasto dalla selezione musicale, calibrata dal regista Boccaccini, che arriva a rendere insospettatanente laceranti dilemmi etici ed esistenziali. Andando oltre il racconto, il regista infatti punta in primis all’azione drammatica, che arriva al cuore del pubblico prima ancora che al cervello.
In questa operazione è sostenuto efficacemente sia dal suo gruppo di interpreti, dei quali non si può non apprezzare la sintonia che li plasma, nonché il prezioso binomio di freschezza e insieme di profondità d’interpretazione; sia dall’efficace contributo del tecnico delle luci e del suono Andrea Goracci.
Esalta la chiusura dello spettacolo la forza di un Coro, dove la musica originale di Alessio Pinto si coniuga ad un testo che, con una pirotecnica miscela di perfidia, tenerezza, rabbia e surrealtà, ci propone l’idea di un’umanità armonicamente forte e gioiosa.