Recensione dello spettacolo I CUORI BATTONO NELLE UOVA di Alberto Fumagalli – regia di Ludovica D’Auria e Alberto Fumagalli –

TEATRO BELLI, dal 12 al 24 Marzo 2024 –

Immersi nel buio, è la poesia di un gioioso scampanellio a condurci uditivamente in una dimensione magico-onirica.

Si manifestano: sono tre e si stringono sotto ad una sorta di albero, quasi fosse un sabba. Sono streghe ma anche spose: sono donne.

Sono amiche e nemiche. Sono gravide, sul punto di partorire.

Soprattutto sono mosse da un “dentro” vitalissimo. 

Quando nasce davvero un bambino? 

Chissà perché si conteggia la sua età solo a partire da quando “viene alla luce”.

E pensare che quando è nella pancia-uovo è così vivo da condizionare già prepotentemente o seducentemente la vita di una mamma. 

Matilda Farrigton

E’ in grado infatti sia di scatenare una vera e propria tempesta di dolori e contrazioni, che di indurre uno stato di così delizioso appagamento da far desistere la madre dal liberarlo, partorendolo.  

C’è chi dice, odiandolo, “ basta! ”.

E chi, in totale dipendenza, “ ancora ! ”.

Chi si affida alle scelte cromatiche della tradizione e chi invece osa trasgredirle.

La gravidanza è uno stato magico. Un incanto. Una forma di dominio e di abbandono alle forze della natura. 

E’ il fascino dell’ineffabile. Un magnetismo invincibile.

Elena Ferri, Matilda Farrigton e Grazia Nazzaro

Un disegno di luci e di ombre tra l’angelico e il diabolico.

Diventare madri è qualcosa che avvicina le donne al sacro: una vertigine di sublime bellezza.

La Compagnia Les Moustaches, una delle più promettenti in Italia, riesce anche questa volta a dare forma ad una storia che parla a tutti. Che emoziona tutti. Perché tutti siamo figli.

Una storia, quella sulla maternità, raccontata senza veli: in tutta la sua drammatica potenza ancestrale.

Matilda Farrigton, Elena Ferri e Grazia Nazzaro

Giocando – con raffinata ambiguità – sulla bellezza della linea curva: morbida ma anche assediante.

Una linea “esistenziale”  modulata su ogni elemento del progetto teatrale: dalla drammaturgia alla sperimentazione linguistica; dalla scena alle evoluzioni del ritmo; dalle posture alla prossemica. 

Le tre interpreti in scena – Elena Ferri, Matilda Farrington e Grazia Nazzaro – sanno restituirci visceralmente tre diverse declinazioni di quell’umana disumanità che abita le donne che scelgono o si ritrovano a sperimentare questa “sovrannaturale” ospitalità, che oscilla tra gli istinti vitali più estremi.

Lo spettacolo “I cuori battono nelle uova” è inserito all’interno della Rassegna Expo Teatro Italiano Contemporaneo presso il Teatro Belli di Roma.


Recensione di Sonia Remoli

Recensione dello spettacolo LA DIFFICILISSIMA STORIA DELLA VITA DI CICCIO SPERANZA di Alberto Fumagalli – regia di Ludovica D’Auria e A. Fumagalli

TEATRO BELLI, dal 3 al 15 Ottobre 2023 –

Uno spettacolo ostinatamente ruvido e struggentemente poetico.

Ingredienti così ben dosati da regalare una rigogliosa “lievitazione” allo spettacolo.  

Una drammaturgia e una regia, quella di Alberto Fumagalli e di Ludovica D’Auria, che ha trovato il modo di rendere prepotentemente interessante il tema della rigidità dei costumi patriarcali: una rigidità sorda e cieca alle spinte propulsive del “nuovo”.

Ma il “nuovo” comunque insiste e spinge e dilata gli argini del “vecchio”. E se l’argine si ostina nella rigidità del muro, se non ce la fa ad essere osmotico, ad accogliere altre possibili diverse “lievitazioni” , allora la spinta al “nuovo” rischia di implodere. 

La stessa formulazione del titolo, scelto per identificare lo spettacolo, ce ne parla. Infatti, con estro, lega l’aggettivo “difficilissima” alla “storia” della vita di Ciccio Speranza. Difficilissima è quindi la storia, ovvero la narrazione della vita che la famiglia di Ciccio si ostina a darne, scandita rigidamente com’è da pregiudizi e da paure verso il “nuovo” .

Che comunque avanza. Insospettabilmente anche all’interno del loro nucleo familiare, così rigidamente perimetrato. Che non deve uscire cioè dalla “cornice” di quel tavolo di legno, totem intorno al quale si dipana la messa in scena della drammaturgia. 

Federico Bizzarri e Alberto Gandolfo in una scena dello spettacolo “La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza” in scena al Teatro Belli di Roma

L’ordine pre-costituito, quasi ancestrale, è difeso dal padre (un generoso Alberto Gandolfo) così come farebbe una fiera, una bestia selvatica: con le unghie e con i denti. Con riti ancestrali “impastati” alla croce della trinità cristiana.

Una trinità di cui i componenti familiari sono un’insolita rappresentazione: il selvatico padre-padrone, un figlio disponibile ma segretamente non rassegnato alla sottomissione (un intrigante Federico Bizzarri) e l’altro – Ciccio – destinato ad essere lo spirito santo: il lievito spumeggiante (un irresistibile Damiano Spitalieri). 

Federico Bizzarri, Damiano Spitaleri e Alberto Gandolfo in una scena dello spettacolo in scena al Teatro Belli di Roma

Un mondo declinato tutto al maschile: mortifero di spinte femminili. Morta la feconda presenza femminile e materna; morte le mucche produttrici di bianco nutrimento; destinata alla “morte del cigno” ogni fertile e ribelle spinta femminile. Che comunque abita ciascuno di noi, per natura.

Damiano Spitaleri e Federico Bizzarri in una scena dello spettacolo “La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza al Teatro Belli di Roma

Interessante la ricerca fatta su una nuova lingua, apparentemente senza senso, una sorta di grammelot, tagliente e musicale; divertente e massacrante. Una nuova lingua efficacissima, anche perché proprio così “parlata” dai loro corpi. I tre interpreti in scena infatti caricano lo spazio di temperature di potentissima elettricità, che si aprono ad essere squarciate dalla soffice poesia ribelle di Ciccio. Autenticamente ben lievitata. Fino al rito sacrificale finale.

Qualcosa infatti si rompe: qualcosa non ce la fa a reggere la spinta centripeta contraria. E implode. Perché esistenzialmente sono gli altri a darci un nome, una prima identità, che poi ognuno di noi è chiamato a personalizzare. E a tradire, laddove necessario. 

Federico Bizzarri e Alberto Gandolfo in una scena dello spettacolo “La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza al Teatro Belli di Roma

Una drammaturgia solo metaforicamente lontana dai nostri tempi: purtroppo, in realtà, attualissima. Ecco allora che il Teatro, com’è nella sua natura, deve saper denunciare ed indignarsi tutte le volte che scorge abusi di potere sulle soggettività. Perché quando la vita diventa impermeabile all’incontro con l’altro – quando “la vita si protegge dalla vita” direbbe Massimo Recalcati – ci si incammina verso la dissoluzione. 

Damiano Spitaleri in una scena dello spettacolo “La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza al Teatro Belli di Roma

Il merito di questa giovane compagnia di ragazzi – LESMOUSTACHES – è quindi anche quello di saper sviluppare attraverso l’arte teatrale una forma di libertà che non si sgancia dal senso di responsabilità, ma che rompe l’omeostasi: quella troppo comoda tranquillità, nella quale tutti per natura tendiamo a crogiolarci. Ma che finisce per condurci verso una cronica stanchezza.  

Che ci sia spazio e ascolto, quindi, a quel Teatro, come questo de LESMOUSTACHES, che si caratterizza per essere luogo capace di tenere insieme le differenze dei singoli, per il bene comune della società.