Recensione del concerto per piano solo della pianista RITA MARCOTULLI – A lei il Premio Nazionale Franco Enriquez 2024 –

TEATRO CORTESI di SIROLO, 23 Agosto 2024 ore 21:30 –

La sua è un’entrata in scena che coinvolge sfere sensoriali differenti: é felpata all’udito, morbida agli occhi.

La sua è la grazia della discrezione, che ieri sera si è vestita di verde: il colore della libertà a procedere, ad andare avanti al di là dei netti e regolari confini.

Verde é il colore di base della sua musica, la quale è un inno contro la schiavitù delle separazioni e delle gerarchie. E infatti partendo da questa base cromatica Rita Marcotulli, geniale e pluripremiata compositrice e pianista di musica jazz, desidera restituire valore, e quindi identità, a tutte le diverse colorazioni sonore della sua verve creativa, che le chiedono di essere espresse. Come avviene nel Teatro. Come avviene nella Vita.

Rita Marcotulli ieri sera al Teatro Cortesi di Sirolo

La Marcotulli incarna quel tipo di eleganza che si apre generosamente alla vocazione all’integrazione.

Quell’eleganza che sa ospitare e promuovere tutte quelle diverse fioriture, che on the road chiedono di essere ascoltate e di avere uno spazio per esprimersi.

Ieri sera, nella meravigliosa cornice del Teatro Cortesi di Sirolo, emblema per vocazione architettonica ed artistica di integrazione civile e di valorizzazione sociale, abbiamo avuto l’onore di assistere al prendere forma di questo stato di grazia creativo.

Il Teatro Cortesi di Sirolo, ieri sera prima dell’inizio del concerto di Rita Marcotulli

Liberi dall’esigenza di un programma di sala, disponibili a non rispondere alle pretese di quell’eccesso di controllo che ci impone di voler sapere sempre tutto prima, ci siamo lasciati cullare, trascinare, strapazzare – in totale disponibilità d’ascolto – da quel multiforme processo creativo che la Marcotulli si è resa a sua volta disponibile ad ospitare.

La compositrice e pianista Rita Marcotulli

Abbiamo così potuto assistere ad una sublime dimostrazione di come la gioia di vivere si inventi continuamente nuove strade per non lasciarsi incatenare dall’ossessiva rassicurazione all’uniformità. A quell’omologazione che mette a tacere il fulgore della bellezza delle diversità. Rita Marcotulli ci dà prova di quale onorevole uso si può fare del rispetto della tradizione e di come se ne può essere testimoni: mantenendola vitale attraverso fedeli tradimenti sperimentali.

Rita Marcotulli

Tra le dimostrazioni più luminose, le interconnessioni con la poetica sincerità della narrazione cinematografica della Nouvelle Vague (François Trouffaut e quindi anche Jean Renoir) ma anche interconnessioni con la folle e dannata pulsione d’amore scritta e descritta da Pier Paolo Pasolini, e interpretata da Domenico Modugno, in “Cosa sono le nuvole”. Ma poi, ancora più dichiaratamente inclusivo, lo sperimentalismo sincretico delle collane vibrazionali, magicamente esotiche, dell’album “Koinè”. Qui dall’acuto ed estroso – e quindi rispettosamente libero – sperimentalismo sincretico della Marcotulli, prende vita qualcosa di cosí meravigliosamente inaspettato la cui sonorità, a tratti, ricorda quella di un caleidoscopico clavicembalo.

Rita Marcotulli

Perché le sue creazioni sono come impasti lievitanti di colori, di sapori, di profumi, di tattilità. Una tattilità di cui si fa strumento la diteggiatura, che si concerta con la danza dei piedi e poi con quella di tutto il corpo. Ma senza inutili eccessi: è quella di Rita Marcotulli una rivoluzione morbida, vellutata, felpata. Perché inclusiva, aperta a nutrirsi di fertili differenze.

La compositrice e pianista Rita Marcotulli

Il pubblico ha espresso il proprio entusiasmo attraverso una calibratissima attenzione che sul finale si è scatenata in interminabili applausi.

A conclusione della magica serata, Paolo Larici, Presidente e Direttore Artistico del Centro Studi Enriquez, è salito sul palco per dedicare la straordinaria bellezza della serata all’indimenticabile costumista Elena Mannini, scomparsa da appena poche ore.

E con immensa gratitudine ha consegnato il Premio Franco Enriquez 2024 a Rita Marcotulli per l’unicità del suo impegno civile e sociale, dimostrato attraverso l’esigenza di rintracciare e concertare sempre nuove identità collettive e traducendole poi magistralmente nel fascinoso linguaggio della musica.

Rita Marcotulli riceve da Paolo Larici il Premio Franco Enriquez 2024

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Recensione di Sonia Remoli

Recensione dell’ incontro spettacolo LA POESIA DEL TEATRO IL TEATRO DELLA POESIA – con la poetessa Nanda Anibaldi, letture di Elisa Ravanesi

SIROLO – TEATRO STUDIO FRANCO ENRIQUEZ – 20 Agosto 2024

Lei è seduta e ci attende avvolta in un panneggio di trasversali cromatismi.

Filigrana d’argento i suoi capelli.

Non ama darsi a favore di luce: vi si sottrae, cercando un’intima solitudine con il pubblico.

Ci è prossima, infatti, ma è innegabile un suo quid ieratico.

Lei è Nanda Anibaldi, poetessa e direttrice del Piccolo Museo della poesia, oltre che presidente della Casa-Museo Arnoldo Anibaldi di Monte Urano (in provincia di Fermo).

Donna poetica inguaribilmente affamata di vita, di curiosità, d’eternità.

Donna di ricerca, alla ricerca.

La poetessa Nanda Anibaldi

Donna che per creare, per produrre e quindi portare in superficie poesia, scende in ascolto delle vibrazioni delle proprie profondità abissali, giungendo a localizzare fertili sorgenti d’acqua sotterranee e preziosi giacimenti minerari interiori.

Solo così trova le parole per dirla, la sua inquieta semplicità di verità. Con fatica: sempre con estrema, drammatica ma anche bellissima fatica. Una fatica dannata, un po’ come quella di Sisifo – ci confida l’Anibaldi: il poeta infatti è a qualche livello un Titano che per tentare di sconfiggere la morte e per liberare – almeno momentaneamente – gli uomini dai loro affanni del vivere, sconta questa sua tracotanza di vivere con il continuo tornare a ricercare. Ancora, e ancora. Per continuamente sfiorare zone di verità.

Un’urgenza quella del Poeta, in quanto abitato da un eccesso di vita; da un entusiasmo di cui non conosce “il perché“, né il controllo. Travolto come da una irresistibile passione amorosa, che sa andare oltre la ricompensa, oltre l’essere ricambiati. Un amore necessario.

Un’origine simile a quella della Poesia, inconsapevole e necessaria, dà vita anche al Teatro – spiega l’Anibaldi – che nasce come “un sapere senza sapere”, cieco per poter vedere meglio. Nasce infatti da un’oralità: quella dei racconti reali e immaginati degli aedi. Le loro erano “performance” – in diretto contatto con l’uditorio – prive di testo scritto: loro stessi erano compositori, creatori in versi, poeti. Scrittori del pensiero. E scrittori di gesti.

La Poesia diviene piú consapevolmente Teatro quando un ensemble di autori (costumisti, scenografi, disegnatori della luce) coordinati da un regista danno nuova forma ad un testo. Ma vale anche il contrario – continua l’Annibaldi: teatro e poesia sono legati e intrecciati tra loro in un rapporto chiasmico. Da qui la scelta del titolo della serata: La Poesia del Teatro il Teatro della Poesia.

L’attrice Elisa Ravanesi

Le acute riflessioni di Nanda Anibaldi nel corso della serata di ieri al Centro Studi Franco Enriquez hanno trovato un sublime coronamento nella lettura interpretativa delle sue poesie da parte dell’attrice Elisa Ravanesi. In uno splendido “pas de deux” prende vita allora la rievocazione del percorso poetico, generosamente riconosciuto dal pubblico, della Anibaldi: quello che va dalla prima pubblicazione del 1989 all’ultima del 2021. Percorso lungo il quale, di volta in volta, la poetessa “si trova un vestito suo” in un “tempo suo”: perché “siamo noi stessi per essere diversi”.

E così all’interno di una sua personalissima vocazione ad individuare – e insieme a rinunciare – alla scoperta dell’identità delle cose (appresa anche attraverso l’imprinting materno) finisce per imbattersi con l’ontologia del “baro”: la meschinità che si cela sotto ogni presunta verità. Una sofferenza certo, che però non smette di accompagnarsi ad un potente slancio vitale. Il tutto custodito in una sublime segretezza, così irresistibile proprio perché così sfuggente.

Elisa Ravanesi, Paolo Larici e Nanda Anibaldi

Una serata, tra le varie e stimolanti in cartellone anche quest’anno, di cui essere grati al Maestro Paolo Larici, per vocazione Presidente e Direttore artistico del Centro Studi Franco Enriquez. Suo il desiderio di testimoniare e consegnare ai giovani la fertile eredità del grande regista Franco Enriquez, che elesse Sirolo – insieme all’adorata Valeria Moriconi – quale luogo di ispirazione creativa e buen retiro.

L’eredità di un Teatro polivalente: che può accogliere tutto e in cui tutto trova una certa sistemazione.

Perché la Vita è un Teatro “dove si va sempre in scena, in qualunque momento… e quando il magico sipario si apre, devi esserci. E ci sono tanti modi per esserci, per creare quella magia irripetibile».

In primis un esserci civile e politico.

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Recensione di Sonia Remoli