12 Aprile 2025

Come si può incendiare il mondo dei giovani con quel desiderio che va “oltre quello che c’è” ?
Incontrare giovani senza desiderio e completamente ignari della loro bellezza era inaccettabile per Filippo Neri (Firenze 1515 – Roma 1595). Giovanissimo sceglie di trasferirsi a Roma, proprio perché corrotta e pericolosa, e dedicare la propria missione evangelica ai ragazzi di strada. Per il suo carattere arguto, viene chiamato “il santo della gioia” o “il giullare di Dio”. Colto, creativo, amava accompagnare i propri discorsi al buon umore, perché l’allegria potenzia le energie spirituali e quelle psichiche.
Consapevole della nostra inclinazione a desiderare sempre “oltre quello che c’è” – visto che niente di creato, di fisico, appaga davvero il desiderio di ogni essere umano – Filippo era solito girare per le strade di Roma, incalzando i giovani con una domanda: “e poi?”.
Ed è per questa sua vocazione ad illuminare la bellezza tempestosa della gioventù, che a lui è stata intitolata l’Associazione – presieduta da Don Gabriele Vecchione – di cui sabato 12 Aprile u.s. si è celebrata l’inaugurazione al Teatro Palladium di Roma: la “Comunità San Filippo Neri – E poi ?”. Per l’occasione è andata in scena una splendida performance di teatro-musica-danza, la cui drammaturgia e regia sono state affidate alla cura di Francesco d’Alfonso.

Come accadde a Filippo Neri, anche in Don Gabriele Vecchione – presidente dell’Associazione nonché coordinatore dell’Ufficio per la pastorale universitaria della diocesi di Roma – divampa la vocazione a non lasciare indietro i ragazzi che hanno smarrito, o mai conosciuto, l’unicità della loro bellezza. Perché “essere giovani significa soprattutto essere fragili: inclini ad andare in pezzi a causa dei continui confronti con gli altri”. Confronti che, non includendo il diritto di sbagliare, possono portare i giovani anche a privarsi della propria vita.
Ma si può sopravvivere a questa tempesta – ci confida Don Gabriele Vecchione, che con le sue vibranti parole ha aperto l’evento della serata. Incontrando un imprevisto. Ad esempio, incontrando qualcuno che ama e che crede nell’altro. Perché – continua – “nessuno diventa grande senza qualcuno che desidera la sua grandezza”.
E questo si propone di fare l’Associazione “Comunità San Filippo Neri – E poi ?”: essere un imprevisto per chi resta indietro. Disponibile al rischio e al fallimento, perché ciò che davvero conta è non essere mediocri nel donarsi. “Questa è la Chiesa che sogno” – è stata la reazione di S.Em. Card. Baldassarre Reina, che ha presenziato all’evento, una volta a conoscenza del progetto.

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E quale miglior forma di imprevisto può rendersi congeniale a celebrare l’inizio di quest’ardente realtà se non quella propria della forma artistica, capace com’è di rappresentare l’irrapresentabile di uno svelamento, spingendosi “oltre quello che c’è” ?

Dario Callà (pianoforte) – Mattia Geracitano (violoncello)
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E’ così allora che il sipario si è aperto sul “canto” del violoncello di Mattia Geracitano, incalzato dall’insistenza delle note al pianoforte di Dario Callà, quasi un turbamento a voler frenare quel “canto” che sta cercando la sua espressione. Un “canto del desiderio” che nel suo esplorare una forma può incontrare trattenimenti. Come luminosamente visualizzato dall’incanto danzato di Rebecca Bianchi – Étoile del Teatro dell’Opera di Roma – assieme ad Alessandro Rende. Ma che poi, grazie anche al sostegno dell’altro, riesce ad aprirsi, a fiorire. Sino a librarsi nell’aria.

Alessandro Rende – Rebecca Bianchi
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Nel dialogo tra musica e danza si inserisce, in un magnifico gioco di specchi, il commento di un coro, composto da quattro attori dalla potente intensità interpretativa: Roberta Azzarone, Irene Ciani, Matteo Santinelli, Marco Tè.
A loro è affidata l’appassionata e appassionante drammaturgia di Francesco d’Alfonso, liberamente ispirata agli scritti del filosofo Byung-Chul Han e a quelli del poeta T. S. Eliot. Una drammaturgia potenziata da uno sguardo registico, ancora curato da Francesco d’Alfonso, dall’elegante raffinatezza, anche iconografica, di tableaux vivants.

Roberta Azzarone, Matteo Santinelli, Irene Ciani, Marco Tè – Rebecca Bianchi e Alessandro Rende
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Ecco allora che, come dando voce – il coro – alle tensioni tra i diversi paesaggi del nostro animo, lo spettatore si ritrova rapito in un’esplorazione sull’inaspettata bellezza che si cela nel dolore e nella sofferenza. Ingredienti indispensabili per far divampare quell’eroticità del desiderio vitale, la cui saggezza risiede nell’umiltà del mettersi in ascolto: di se stesso e dell’altro da noi.

Alessandro Rende – Rebecca Bianchi
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E nel saper attendere: con speranza e fiducia nella morbida bellezza dell’imprevisto. Che è qualcosa di ben diverso dall’essere ottimisti che, proprio come l’essere pessimisti, implica la durezza della testardaggine. La speranza no: lei è paradossale. E assomiglia ad un movimento di ricerca che ci rende “pronti ad accogliere ciò che ancora non è nato ma che è pronto a venire al mondo”. Significa accendere una fiamma e tenerla viva: “oltre quello che c’è”.

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Una serata speciale, quella che ha celebrato – in fertile connubio con l’Arte – “il canto del desiderio” di una Comunità che, nata da un sogno, ha iniziato a concretizzarsi in realtà.

Alessandro Rende – Rebecca Bianchi
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Testimonianza del potere creativo di un fulgido imprevisto, che ha contagiato di desiderio non solo gli oltre 180 ragazzi “under 25” presenti in sala ma tutto il pubblico che – essendosi stretto generosamente intorno a questa comunità – ha avuto l’opportunità di assistere ad un meraviglioso evento.

Dario Callà, Mattia Geracitano, Roberta Lazzarone, Francesco d’Alfonso, Matteo Santinelli, Irene Ciani, Marco Tè, Rebecca Bianchi, Alessandro Rende
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Recensione di Sonia Remoli
