Adattamento teatrale Francesca Merloni e Nicoletta Robello
tratto dal romanzo ‘Borderlfe’ di Dorit Rabinyan,
© Am Oved Publishers Ltd. Tel Aviv, 2014
Pubblicato in Italia nel 2016 da Longanesi
TEATRO BELLINI di Napoli
– 8 Febbraio 2025 –

Nelle profondità misteriose del blu é immersa la storia d’amore di Liat ed Hilmi: lei traduttrice ebrea, lui artista palestinese. Una storia d’amore che accade nel secondo autunno newyorkese successivo all’ 11 settembre.
Aprono lo spettacolo le note ventose del flauto traverso, le cui qualità timbriche e dinamiche introducono lo spettatore nel teatro delle emozioni di questa giovane coppia d’innamorati, conosciutasi per caso all’Aquarius bar, luogo d’incontro multietnico dalle profondità, in verità, poco esplorabili.

I Radicanto – Francesca Merloni (Liat) – Pavel Zelinsskij (Hilmi)
Alla musica dei Radicanto – nota band molto apprezzata anche per la vocazione a tenere uniti passato e presente in un cangiante insieme musicale – la regista dello spettacolo Nicoletta Robello affida il fluttuare di quel vento d’emozioni, che solo può arrivare a presentare al Tempo l’accorata preghiera di questa coppia. Affinché si mantenga clemente, affinché possa restare quieto nell’istante in cui il loro amore li porterà lontani dai confini delle proprie origini.
Suggella questo rito musicale metateatrale, il vortice di emozioni espresso dalle note dal timbro caldo e avvolgente del sax. Un’estensione dei moti dell’anima che arriva dagli anfratti più reconditi per essere restituita con un’eleganza fiera, malinconica, avvolgente. Un suono quello del sax, onesto e, in quanto tale, meravigliosamente imperfetto. Come la voce umana. Come la vita umana.

Francesca Merloni è Liat – Pavel Zelinsckiy é Hilmi
Questo spettacolo parla della bellezza di un incontro.
Un incontro che alimenta una concatenazione di altri incontri, un po’ come un allegro miscuglio di note musicali: “un’orchestra di suoni, come se il mondo stesse tutto sopra un’unica corda, traboccante di vita, di voci, luci e colori”. Un concertarsi così bello da sentire di poter riuscire quasi a “volare”.
“C’era qualcuno alla porta…”.
Inizia a manifestarsi così il teatro dell’inatteso e dell’inspiegabile, proprio dell’incandescenza di certi incontri . Ed è la Liat di Francesca Merloni a rievocare, con una grazia ricca in meraviglia, l’impossibile che diventa possibile: cifra di quegli incontri capaci di cambiare indelebilmente il normale corso della quotidianità.
Un incontro che succede in Autunno: la stagione dove ciò che vive in superficie muore per nutrire ciò che avviene in profondità. Anche l’Autunno è un incontro che non lascia indifferenti: è il necessario passaggio attraverso il buio.

Francesca Meloni (Liat) – Pavel Zelinskiy (Hilmi)
Tra Liat e Hilmi si sprigiona fin da subito un potente magnetismo: tanto lei è morbidamente sensuale – e la Merloni rende assai efficacemente questa femminilità con il darsi accogliente del corpo della sua voce – quanto lui è irresistibilmente stimolante ed impaziente. L’Hilmi di Pavel Zelinskiy brilla in fresco entusiasmo e in tormentato desiderio d’avventura.
Entrambi sono avvolti dal bianco della seconda pelle degli abiti che vestono, non solo i loro corpi ma anche le loro anime. Un colore pieno di tutti i colori delle emozioni il bianco, che arriva a contaminare anche gli oggetti di scena. Un colore che custodisce un che di sfuggente e di beffardo: un’inquietudine.

Non è facile ottenerlo come pigmento perché non è facile coglierlo con i nostri occhi: tende a virare sempre verso il nero. Non è facile gestirlo come spazio: la pagina bianca o la tela bianca sono spesso paralizzanti. E ci parlano del nostro rapporto insidioso non solo con la luce ma anche con la libertà: l’aneliamo ma ne subiamo anche la troppa apertura, gli infiniti inizi, le molteplici scelte, l’accecante purezza.
“Tutti i fiumi vanno verso il mare/e il mare non é pieno/Perché tutti i fiumi tornano ai fiumi “ (Avoth Yeshurun)
Ma nonostante questa inquietudine vitale, Liat e Hilmi non possono rinunciare a cercarsi, ad avvolgersi e a mescolare i colori delle loro differenze assieme ai loro tratti comuni. Un po’ come fa Hilmi con i suoi colori: in un viaggio attraverso le varie sfumature del blu e del verde, per riuscire a entrare nel mistero del mare, fino ad abitarne la sua infinita mutevolezza.

La regista Nicoletta Robello
E’ il pathos della prossemica degli attori unito sinergicamente sia ai colori della vocalità di Maria Giaquinto dei Radicanto che alle parole scritte da Pier Paolo Pasolini per la shakespeariana “Cosa sono le nuvole”, a restituirci la bellezza di queste scelte esistenziali, in cangiante equilibrio tra il coraggio e la necessità del nostro stare al mondo.
Il derubato che sorride
Ruba qualcosa al ladro
Ma il derubato che piange
Ruba qualcosa a se stesso
Perciò io vi dico
Finché sorriderò
Tu non sarai perduta
Scoprendo così, Liat ed Hilmi, di arrivare ad amarsi sino alla “compassione”: in una comunione autentica non solo di sofferenza, ma anche -e soprattutto- di gioia vitale, e di entusiasmo.
Là: in una spiaggia “senza bagnino” e “senza argine”.
Solo mare.
Uno spettacolo di grande bellezza poetica, che fluttua sul terreno dialettico che intreccia il tema dell’incontro a quello del distanziamento. Terreno vitale da cui germogliano le parole amore, confine, coraggio, identità, dialogo, libertà. Parole che, più di altre, cercano di dare un senso al nostro stare al mondo.

Recensione di Sonia Remoli
