TEATRO QUIRINO, dal 5 al 17 Novembre 2024 –

PATO srl, Teatro Stabile del Veneto e Teatro della Toscana
presentano
ALESSANDRO PREZIOSI
NANDO PAONE
ASPETTANDO RE LEAR
di Tommaso Mattei
da William Shakespeare
opere in scena Michelangelo Pistoletto
costumi Città dell’arte/Fashion B.E.S.T
Olga Pirazzi, Flavia La Rocca, Tiziano Guardini
musiche Giacomo Vezzani
supervisione artistica Alessandro Maggi
personaggi e interpreti
Re Lear Alessandro Preziosi
Gloucester Nando Paone
Kent Roberto Manzi
Cordelia Arianna Primavera
Edgar Valerio Ameli
regia ALESSANDRO PREZIOSI
Il sipario si apre su una scena apparentemente abitata da oggetti, in verità ridotti al loro essere perimetro.
Sono le stupefacenti opere visionarie di Michelangelo Pistoletto, perfette per raccontare il carattere di ambiguità dei nostri anni ma anche degli anni tra Cinquecento e Seicento: il periodo più straordinario vissuto dall’Inghilterra. Un periodo colmo di quel grandissimo dinamismo che incluse la terribile incertezza legata al tema dell’autorità e del suo fondamento.
Ecco allora che le opere d’arte di Pistoletto si rivelano preziose per poter accogliere ed interpretare temi legati al delicato rapporto tra tradizione e innovazione; tra l’essere e il nulla; tra l’uomo e la natura; tra padri e figli.

Arianna Primavera (Cordelia-Matto) – Alessandro Preziosi (Re Lear)
Il Re Lear di Alessandro Preziosi siede sul perimetro di una struttura-trono a due posti: uno per lui, l’altro per la figlia che “dirà” di amarlo di più. Non sarà Cordelia, la sua preferita: per un errore di interpretazione tra realtà ed apparenza, tra generosità e possesso, Lear non riconoscerà nelle parole di Cordelia la prova del suo immenso amore.
Ecco allora che Cordelia, ripudiata, siede in un canto, sul perimetro di un angolo: prossemicamente distante dal Re. Ma è solo un’apparenza. Lei continua a mantenere una vicinanza con il padre attraverso il canto: essenziale gioco linguistico che prende la forma di strambotti (piccoli componimenti poetico-satirici popolari) e dove racconta dell’amore fallace di un padre per le sue figlie.
E nonostante l’odio accecante di cui vorrebbe “rivestirla” suo padre, lei continua ad indossare la sua generosa attitudine ad amare, che la spinge ancora a desiderare restargli vicina. Per poterlo consigliare, aiutandolo a vedere e a rendere in qualche modo fertile il suo peggio: la parte più inaccettabile di se stesso.

Arianna Primavera (Cordelia-Matto) – Alessandro Preziosi (Re Lear)
Ma per poter realizzare questo suo desiderio deve necessariamente vestire nuove sembianze: sceglierà allora quelle insospettabili del Matto.
La drammaturgia di Tommaso Mattei – l’autore, produttore e coordinatore editoriale che assieme ad Alessandro Preziosi e ad Aldo Allegrini nel 2005 fonda la compagnia di produzione teatrale Khora.teatro – realizza un adattamento contemporaneo del testo shakespeariano con un evidente richiamo ad un altro testo: l’ “Aspettando Godot” di Samuel Beckett.
Mattei sceglie poi di concentrare la narrazione intorno alla scena – spaccato esistenziale – della Tempesta, per approfondire con particolar cura il rapporto tra padri-figli, oggi così attuale.
A rendere magnifica la singolarità di questa messa in scena è la sinergica multidisciplinarietà tra Arte contemporanea e Teatro.

Michelangelo Pistoletto e Alessandro Preziosi
E’ l’acuto declinarsi della vis drammaturgica, registica ed interpretativa con la poetica propria delle opere del percorso artistico di Michelangelo Pistoletto.
Una poetica che passa anche attraverso quel fecondo disequilibrio creativo che pervade la realizzazione artistica dei costumi iconici del Maestro – realizzati dal collettivo Fashion B.E.S.T. con materiali sostenibili – fino a risuonare nelle musiche composte da Giacomo Vezzani, ora subdolamente insinuanti, ora dal fermento di un rock epico.
Perché tutti gli elementi scenici vivono una trasformazione, parallelamente alla trasformazione esistenziale di un uomo: Lear il rappresentante dell’inquietudine di un’umanità, inserita in un particolare contesto storico in evoluzione, in crisi, in tempesta.
Ecco allora che il corpo dei gesti e della vocalità del Lear di Preziosi lascia andare in frammenti la rigida fissità dell’offesa, per s-catenarsi in un disordine che arriva a toccare il fondo dell’essenza umana. Anche i suoi occhi si denudano, rivelando una brace che spaventa e inevitabilmente eccita e infiamma tutto ciò che guarda.

Alessandro Preziosi è Re Lear
Ma dalle rovine, dalla cenere, si fa strada un’energia che riesce a contattare l’esigenza di un nuovo inizio. Anche provvisorio: un’occasione di speranza.
Complice di questa discesa agli inferi, non totalmente distruttiva e quindi tale da rendere possibile la successiva risalita – è la fertile follia di cui si veste Cordelia (una multiforme e piena di grazia Arianna Primavera) per continuare a sostenerlo in questa travolgente e necessaria trasformazione.
Una trasformazione che, in un mirabile flusso di disordine vitale, passa – come dicevamo – attraverso l’interazione con le opere d’arte sceniche, attraverso la sapiente suggestione delle splendide composizioni musicali di Giacomo Vezzani e quindi anche attraverso i costumi. Che da favolosi abiti finiscono per darsi come materializzazione di “habiti” (di modi di essere, di maschere) di cui progressivamente si spoglia l’apparenza di ciascun personaggio in scena. Fino a riuscire a contattare, ciascuno, la propria nudità (opportunamente rappresentata dal restare vestiti di ombre), necessaria per poter ricominciare.

Nando Paone è Gloucester
Un movimento che è sinonimo di maturazione: una maturazione a cui i due padri in scena, Lear e Gloucester (qui incarnato in un Nando Paone ricco in densità interpretativa) arriveranno anche grazie alla complicità di quei figli e amici che loro avevano disconosciuto come “illegittimi” (valida l’interpretazione di Valerio Ameli nelle vesti di Edgar; efficace il conte di Kent di Roberto Manzi).
“Essere maturi è tutto” – fa dire Shakespeare a Edgar – alludendo alla capacità umana di vivere e di morire, consapevoli che l’esistenza non è, malgrado tutto, solo il gioco capriccioso degli dei né il palcoscenico dei pazzi. Ma un complicato cammino verso una verità che si rende oscura, ma che comunque esiste e alla quale si può attingere. Con compassione, solidarietà e amore.
Perché ciò che davvero conta, forse, non è “Godot/Lear” ma “l’Aspettando”.

Recensione di Sonia Remoli
