dal 28 Ottobre al 2 Novembre 2025

Luglio 1943: a Ponza si aspetta il sole, quello che viene “quanno fernesce ‘a guerra”.
E invece il 28 Luglio, a quattro giorni dall’affondamento del piroscafo Santa Lucia – “il tram di Ponza” che collegava le Isole Ponziane con Gaeta e Napoli – arriva a bordo di una barca, separatasi dalla nave corvetta Persefone, un civile accompagnato da sei carabinieri.

Il piroscafo Santa Lucia: “il tram di Ponza”
Per lui in un’ora è stata fatta sgombrare la zona abitata di Santa Maria, che dovrà ospitarlo in sicurezza. E’ il Duce Benito Mussolini (1883-1945) che – all’indomani della notte del Gran Consiglio dove si determinò la fine del Fascismo – fu preso per essere deportato lontano dalla Capitale. Rifiutato dal direttore del carcere di Ventotene – perché, a suo avviso, gli antifascisti lì reclusi lo avrebbero sicuramente ucciso – approdò a Ponza. Proprio in quell’isola che lui “aveva scelto per confinare tanti suoi nemici con la vana speranza di fiaccarne la volontà di lotta”.

Nave corvetta Persefone
Ma loro, gli abitanti, ancora non lo sanno chi è lui. Tranne Pietro Nenni (1891-1980) lì in confinio da due mesi, per essere stato arrestato dai nazisti nel febbraio del 1943 in Francia, estradato in Italia e deportato sull’isola di Ponza. Ne restituisce tutta la vitale malinconia politica, l’evocativa interpretazione di Mauro Toscanelli.
Nenni, osserva con il binocolo Mussolini dalla sua casa di Via Corso Umberto, dove si trovava in libertà vigilata. E così, annota sul suo diario: «Ora vedo col cannocchiale Mussolini: è anch’egli alla finestra, in maniche di camicia e si passa nervosamente il fazzoletto sulla fronte. Scherzi del destino! Trenta anni fa eravamo in carcere assieme, legati da un’amicizia che paresse sfidare le tempeste della vita […] Oggi eccoci entrambi confinati nella stessa isola: io per decisione sua, egli per decisione del re …”.

L’impianto scenico dello spettacolo allude – in sinergia con un suggestivo montaggio della drammaturgia della luce – a un incrocio di sguardi sui ricordi di questo frangente della passata guerra. Ed è così che lo sguardo di Nenni s’intreccia a quello di Mussolini e quest’ultimo a quello della popolazione locale.
Vediamo così che le donne dell’isola vanno in continuo pellegrinaggio all’altare della Madonna di Pompei: a lei chiedono chi è che ancora non vuole il sogno della pace, quello che “comm’a viento de lu mare vene pe’ te fa’ sunnare, tras’arinto e nun te lassa cchiù“ (quello che come il vento del mare viene per farti sognare, entra dentro e non ti lascia più).
Quel vento, e quindi quel soffio, di cui si fa mirabile interprete il suono della fisarmonica, la cui musicalità fortemente aggregante è simbolo di bellezza nostalgica e duratura. Splendida la scelta della regista Mariella Pizziconi di fare del suono della fisarmonica uno dei protagonisti del suo spettacolo. Se ne fa appassionato interprete Alessandro Severa.

La regista Mariella Pizziconi – L’aiuto regia Serena Canali
Ma soprattutto le donne di Ponza chiedono alla Madonna del Rosario: “Quanno fernesce ‘a guerra?”.
La guerra che sempre “bugiarda e ladra” si ruba un pezzo di cuore, portandosi via il bene più prezioso: la fantasia:
Guerra tu sì busciarda, sì mariola,
te sì arrubbato ‘nu piezz”e core,
te sì pigliata la fantasia,
Vediamo poi lo sguardo del Pietro Nenni di Mauro Toscanelli: uno sguardo che abita l’attesa di una progettualità futura, contrappuntandola al lirico ricordo della sua amata Carmen, la cui mancanza soffre struggentemente. Ma Nenni conosce il potere evocatore della parola e così torna costantemente a rievocarne la presenza, attraverso il vento del ricordo. Che gliela restituisce nella poesia di una velata immagine, resa vibrante dal suo cantare. Raffinatamente intensa l’incantevole presenza fantasmatica della Carmen di Simona Ciammaruconi.

Ponza – Palazzo Martinelli sede del fascio
Nell’orizzonte scrutato da Mussolini, invece, tutto tace. E non si dà pace nel constatare come i tedeschi non abbiamo saputo cogliere l’occasione di porre fine, ad esempio, al suo trasporto da Roma a Gaeta.
Invaso da una rabbia che cela una forte umiliazione, è il Mussolini di Fabio Fantozzi: i suoi occhi e la sua prossemica urlano il crollo della sua presunta onnipotenza. Nei suoi frequenti contatti con il carabiniere che dimostra una particolare cura nei suoi confronti (un Fabrizio Nalli dal cortese sussiego), la sua prossemica invadentemente altera parla più di mille parole. Complice lo sguardo reverenziale del garbato carabiniere.
Il quale – pur di placare la sete di attenzioni di Mussolini – non solo chiede al quattordicenne proprietario di una radio a galena Giannino Conte (interpretato dalla giovanile passionalità di Flavio Nalli) di trascrivere le notizie del radiogiornale, ma si offre anche di andare a cercare aggiornamenti su Roma e sui tedeschi da Rusinella, la meretrice dell’isola.

Da lei “è passata mezza Italia”. Ma ora – in questo particolare frangente storico, in cui dalla “legge della serratura” si è passati alla “legge della maniglia” – le occasioni d’incontro si sono sensibilmente ridotte. Eppure, se qualcosa ancora si muove, è da Rusinella che finisce per propagare il suo moto. Tanto che ora è lei ad assurgere a “canale istituzionale ancora in funzione”. Ad interpretarla è un’elegantemente maliziosa Titti Cerrone che, con perspicace seduttività, sa come e quando far strategico uso dell’apertura della sua vestaglia.
Sarà sempre la cortesia del carabiniere a mettere poi in contatto Mussolini con un’altra donna dell’isola: una magnetica e pragmatica donna di servizio (interpretata dall’incandescente Marina Vitolo) che si prenderà cura anche dell’abitazione dell’ex Duce. Consapevole della sua femminilità creativamente fresca e decisa, la donna ha il dono di una capacità attrattiva, in grado di sviare intenti e distrazioni nei suoi riguardi.

La spiaggia di Santa Maria e la casa-prigione di Mussolini
Mussolini non resterà immune al suo charme imperativo, finendo per apprezzare la sua solida intelligenza, non incline a perdersi dietro vane fantasie. Suo interesse è infatti attirare l’attenzione del Duce su come la guerra e il recente affondamento del ”vapore” stiano privando drammaticamente gli abitanti di Ponza di affetti e di cibo. La vita sull’isola è ormai alla paralisi. Non resta che ricostruire la pace.
Sarà “con lei” che Mussolini scriverà la lettera indirizzata al parroco di Ponza per chiedergli di celebrare una messa in occasione dell’anniversario della morte di suo figlio Bruno. Letterà che arriverà nelle mani della sua perpetua (qui interpretata efficacemente da Carla Carfagna) e di cui lei fornirà un’interpretazione letterale, sostenuta dal parroco D. Luigi Maria Dies e ancora oggi da studiosi di storia locale. Ma quella redatta dal Duce è davvero una lettera per richiedere una messa? Un interessante dubbio sul quale s’interroga acutamente la drammaturgia di Rita Bosso, ipotizzando che la lettera sia indirizzata ai tedeschi.

Ma è nel finale dello spettacolo che Mussolini – complice un accattivante colpo di scena – riceverà “in dono” qualcosa di inaspettato: una sconcertante denuncia degli effetti del suo operare, pronunciata da qualcuno di insospettabile.
E in questo poetico montaggio di sguardi politici, quello più graffiante si rivelerà proprio quest’ultimo sguardo: quello di chi solitamente non ha parola. Ma che più di tutti ha bisogno di vedere il sole: quello che viene “quanno fernesce ‘a guerra”.
Ieri come oggi.

Recensione di Sonia Remoli
