Recensione dello spettacolo OTELLO di William Shakespeare – regia di Andrea Baracco

TEATRO QUIRINO, dal 6 all’11 Febbraio 2024 –

“Sono intorno a noi, in mezzo a noi. In molti casi siamo noi …”

Con un prologo che potrebbe essere anche un epilogo, l’estro del regista Andrea Baracco con acuta provocazione sceglie di orientare il pubblico in sala disorientandolo. Sì, quella che va in scena è una finzione; ma anche no.

Il regista Andrea Baracco

Se è vero – come è vero- che ciò che può l’animo umano è questione che ci riguarda tutti indistintamente, allora ha senso permettersi di additare qualcuno ? In che rapporto sono il vero con il falso ? È proprio vero che il dolore sia così inutile ? 

In un’evocativa scena indistintamente bianca (curata da Marta Crisolini Malatesta), che allude alla Venezia del ‘500 ma non solo, prende vita quella dinamica così tragicamente umana da sorprendere in trappola molti dei protagonisti in scena: quella di cosa arriviamo a fare quando sentiamo che ci viene a mancare il riconoscimento del nostro ruolo sociale ed esistenziale. 

Per Iago è la sua mancata promozione, che vede ingiustamente favorito Cassio; per Roderigo è l’amore per Desdemona, che quest’ultima ricambia però verso Otello; per Brabanzio è il non essere più riconoscito nel ruolo di padre da una figlia risolutamente incline a riconoscere rispetto a un padre ma di più ad un marito e obbedienza a nessuno; per Otello è il lacerante sospetto di perdere la propria virilità e il proprio valore sociale a seguito del supposto tradimento di Desdemona. Una sensazione che può diventare umanamente insopportabile: un po’ un “essere presi a calci come asini che non servono più”. 

Viola Marietti (clown), Federica Fracassi (Iago) e Federica Fresco (Bianca)

Baracco nella sua messa in scena – sinergica alla traduzione e alla drammaturgia curate da Letizia Russo – onora l’eredità dello Shakespeare fine conoscitore, anzi “inventore” dell’umano, come lo definì Harold Bloom: nessuno prima di lui, infatti, ha saputo intercettare e tradurre attraverso l’esercizio del linguaggio e del pensiero le sfumature caratteriali di così tante inclinazioni umane.

E anche qui, in questa tragedia, Shakespeare ci rivela quante forme diverse può assumere la medesima dinamica psicologica nella quale restano incastrati vari personaggi. Tra loro, Iago è l’unico a mettere in campo una reazione più complessa, più maleficamente raffinata. Pur essendo abitato dall’ossessione del suo odio per il Moro, dimostra non solo di gestire magnificamente la sua ansia – così da non cadere preda dei cattivi consigli della fretta – ma soprattutto è l’unico a riuscire a non prendere le distanze dal suo nemico, perversamente escogitando il modo di continuare a servirlo servendo in verità solo se stesso. Un mettersi a servizio, il suo, non dell’amore, della stima e del rispetto verso il suo superiore ma esclusivamente del proprio personale odio, tremendamente vendicativo, nei suoi confronti.

Viola Marietti (clown), Ilaria Genatiempo (Otello) e Federica Fracassi (Iago)

Il taglio registico scelto da Baracco è tale da andare oltre “la questione del genere”: in scena fa salire solo interpreti femminili proprio per rendere manifesto come tali dinamiche più che essere legate a un genere sono la risultanza di sempre nuove combinazioni e dosaggi del maschile e del femminile, che costituzionalmente abitano la psiche di ognuno di noi.

L’effetto sullo spettatore è decisamente spiazzante come è naturale che sia, abituati e viziati qual siamo ad avere solo uno sguardo sull’argomento. E intenzione (dichiarata) del regista Baracco è proprio quella di saggiare le nostre certezze, metterle alla prova, verificarle. Suscitare in noi la fertilità del dubbio e far sì che ci accompagni come saggio consigliere dello stare al mondo. Per vedere oltre le apparenze, per cogliere le meravigliose e tragiche sfumature della nostra natura.

ph Gianluca Pantaleo

Federica Fracassi è mirabilmente “a servizio” dello Iago di Baracco: ci restituisce tutto il godimento – che arriva fino all’eccitazione parossistica – del subdolo celarsi per avvelenare e così manipolare chi ancora non conosce se stesso. Metereologicamente divina nel tessere trame narrative come piogge piuttosto che come tempeste, si manifesta “terapeutica” come l’oracolo di Delfi.

Federica Fracassi è Iago

E autenticamente proprio così vogliono essere i personaggi shakespeariani, nelle cui vene scorre il male assieme al bene; il tragico assieme al comico; il dolore assieme alla terapia. È l’incantesimo della scrittura shakespeariana che Baracco riesce a esplicitare, a rendere fruibile. Perché – come sottolineava Harold Bloom – Shakespeare è un drammaturgo analitico e molto subdolo e man mano che procede nella sua carriera, quello che intende dire al pubblico supera di gran lunga quanto invece è contenuto nei versi. 

Cristiana Tramparulo (Desdemona) e Ilaria Genatiempo (Otello)

Davvero suggestiva poi la scelta registica di ambientare lo spettacolo in una scena poeticamente “vaga”, universale, e portare tutto il sapore, gli odori e i suoni della Venezia della seconda metà del ‘500 dentro i personaggi, dove le donne ad esempio godono di uno status particolare, unico nel mondo di quel periodo. Shakespeare ne viene a conoscenza leggendo il libro di viaggio di Thomas Coryat “Crudezze” scoprendo così donne dal temperamento consapevole e provocante che alla maggiore età potevano rinunciare alla patria potestà, aprire attività commerciali e pochi anni più tardi laurearsi. Donne curiose, esultanti per quel cosmo agitato e imperscrutabile che era la Venezia del ‘500 e così ben descritto nel testo di Giuseppe Manfridi “Shakespeare family”.

Ilaria Genatiempo (Otello), Cristiana Tramparulo (Desdemona) e Francesca Farcomeni (Emilia)

Ricco in fascino e in efficacia il clown interpretato da Viola Marietti: sacro per le sue polarità e per le sue acrobatiche metamorfosi. Per il suo far ridere e far piangere: lui stesso un po’ pierrot di decadente bellezza bohémien. Dapprima quasi marionetta nelle mani di Iago, poi libero di esprimersi nella sua autentica natura.  

Interessante anche la Bianca interpretata da Federica Fresco che porta in campo la tempestosa natura dell’eros e ricorda l’audacia nel mostrarsi delle donne dei pittori del ‘500 veneziano, dal Tiziano al Giorgione.

Giorgione, “Laura”, 1506

Baracco sceglie una recitazione in cui il corpo delle interpreti – di un’incantevole femmilità androgina – diventi linguaggio: quello proprio di ciascun personaggio. Corpi parlanti lingue e vissuti diversi tra loro. Eppure uguali. Corpi che traducono parlando agli occhi.

Sul palco un cast accordatissimo: Iago / Federica Fracassi; Otello / Ilaria Genatiempo; Desdemona / Cristiana Tramparulo; Cassio / Flaminia Cuzzoli; Brabanzio – Emilia / Francesca Farcomeni; Roderigo / Valentina Acca; Clown / Viola Marietti; Doge – Ludovico – Bianca / Federica Fresco.

Andrea Baracco ci consegna uno spettacolo avvincente fino a far male. Crudo e magnifico. Intimo e catartico.


Recensione di Sonia Remoli