Recensione di COPRIFUOCO 2020 – uno spettacolo scritto e diretto da Paolo Tommaso Tambasco

OFF/OFF THEATRE

10 e 11 Dicembre 2025

Com’è rassicurante proteggersi dietro a delle regole, ma com’è liberatorio infrangerle !

Durante il periodo della pandemia – e in tutti quei momenti in cui la fine sembra davvero imminente – abbiamo ogni volta l’occasione di riscoprire com’è complesso il nostro rapporto con le restrizioni e i divieti.

E quindi con la libertà. Che da un lato ci rende ebbri all’idea di aprirci verso la vastità dei suoi orizzonti, dall’altro ci provoca angoscia proprio per quella sua vastità così disorientante.

Paolo Tommaso Tambasco

Ci si lascia immergere nel fascino inquietante di questa atmosfera, partecipando alla visione del nuovo spettacolo di Paolo Tommaso Tambasco, autore e regista risultato vincitore lo scorso anno del Premio Ribalta Giovani per la sezione prosa, indetto dall’Off/Off Theatre. Vittoria che gli ha permesso di ricevere un premio di produzione per lo spettacolo in scena quest’anno: “Coprifuoco 2020”. 

Nello spettacolo – andato in scena il 10 e l’11 Dicembre u.s. all’ Off/Off Theatre, lo sguardo di Tambasco si concentra sulle reazioni che questo periodo di crisi ha suscitato sulla Generazione Y, meglio conosciuta come Millennials (nati circa tra il 1981 e il 1996): la prima generazione cresciuta con internet e i social media e immersa fin dall’infanzia nel mondo della comunicazione istantanea della digitalizzazione.

Testimoni di questa generazione, i tre accattivanti interpreti in scena: Francesco CotroneoIvo Randaccio e Nila Prisco

Francesco Cotroneo (Michele) – Nila Prisco (Greta) – Ivo Randaccio (Carlo)

-ph. Eugenia Del Moro-

Sono loro che Tambasco sceglie per immergerli in questo frangente di crisi: un misto di pericolo e di opportunità; di smarrimento e di scelta; di fuga e di consapevolezza; di stasi e insieme di trasformazione. 

Tambasco sceglie allora di raccogliere e potenziare il senso di questo mix di contraddizioni, costruendo la sua drammaturgia dentro attanaglianti cerchi concentrici: la ambienta sullo sfondo traumatico del periodo della pandemia covid 19; la concentra in una delle tante serate abitate dal coprifuoco e la fa passare dentro l’ulteriore rito di passaggio – dalla libertà individuale alle nuove responsabilità matrimoniali – di un addio al celibato. Sceglie poi come personaggi, dei rappresentanti della generazione più immersa nell’instabilità: quella dei Millennials, generazione essa stessa “ponte” tra il mondo analogico e quello iperconnesso.

– ph. Eugenia Del Moro-

Arriva così allo spettatore tutta la cedevole scivolosità della fine di vecchi equilibri e la repentina stasi eccitante propria dell’inizio di nuovi. Non meno seducentemente sfuggenti dei precedenti.

Scivolosità ben rappresentata anche dalla scelta del gioco del poker, per di più a 5 carte, con un mazzo ridotto: uno degli intrattenimenti previsti per attraversare questa serata decisamente particolare. 

E così in un interno borghese, immerso nel silenzio assordante di una Roma che a scoprila così mette ansia, 3 amici di un tempo accettano di ritrovarsi, al di là dell’occasione da festeggiare, per cercare di placare, almeno momentaneamente, quel senso di “strettezza”, quella mancanza di spazio, quella scarsità di risorse, proprie dei frangenti più angoscianti. Così da riuscire, magari per un pò, “a non tener conto della società e del suo super-io”. 

Tambasco costruisce poi, in un’intrigante rete di nascondimenti emotivi, le stratificazioni esistenziali di questi amici, così diversi eppure così uguali, nel loro diverso darsi tra vita pubblica, vita privata e vita segreta.

Perché soffocare fuochi sotto la cenere – come nelle migliori intenzioni di ogni coprifuoco – può condurre ad esiti inaspettati.

Perché la nostra spinta irrazionale è molto più potente di quella razionale.

Perché l’applicazione di un necessario controllo di sicurezza sanitaria soffoca e insieme alimenta la nostra spinta irrazionale. Che riesce a trovare nuovi varchi alla solitudine e al distanziamento epidermico.

Parallelamente al ritirarsi in se stessi infatti, si fa strada un’altra esigenza, impellente soprattutto in questa generazione: quella di stare insieme, del farsi compagnia, del condividere insieme le difficoltà.

Interessante il lavoro di scavo interiore che ciascun interprete restituisce allo spettatore nel comunicare – proprio con “i non detto” narrati dal loro corpo – l’universo di contraddizioni tra volere e dovere; tra quel che resta della complicità di una supposta amicizia e le apparenze esibite.  E ancora: tra lo scoraggiamento nel non sentirsi mai all’altezza delle situazioni proposte dalla vita e il rifiuto di adattarsi; tra la voglia di perdersi e la ricerca di se stessi nell’amore, nella scrittura, nell’azzardo e nel bluff.


Recensione di Sonia Remoli