Recensione di METADIETRO – Rezza Mastrella

con Antonio Rezza

e con Daniele Cavaioli

La vita è un viaggio tempestoso e pieno di avventure, dove la nostra libertà ha modo di esprimersi e saggiarsi. 

Ma la nostra libertà – come sottolineano con dissacrante comicità Antonio Rezza e Flavia Mastrella, Leoni d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia 2018 – sembra prediligere, soprattutto in questo frangente storico, le rassicuranti limitazioni tracciate dalle boe della volontà di un altro.

Anziché, quindi, rimanere solleticati dalla possibilità di affrontare continue sfide personali, preferiamo consegnare la nostra libertà nelle mani di chi, in cambio del nostro “stargli dietro”, crediamo possa offrirci una sensazione di durevole sicurezza.

Antonio Rezza – Daniele Cavaioli

Concetto efficacemente visualizzato, in questa nuova creazione del duo artistico RezzaMastrella, nel passaggio narrativo dall’epopea paradossale di un viaggio per mare – dove i componenti della ciurma sanno ancora reagire (anche se solo individualmente) al fare manipolatorio dell’Ammiraglio, decidendo quando distanziarsene – al visionario viaggio spaziale, dove un Capitano perde anche quest’ultimo residuo di egoica capacità critica, spalmando la propria volontà “dietro” quella dell’Ammiraglio.  

Una tendenza del nostro stare al modo dove, più o meno consapevolmente, ci deprediamo della preziosa occasione di avvalerci del “diritto” a manifestare un dissenso: un rifiuto ad obbedire a certi ordini dettati da un altro.

Una creazione questa di “Metadietro” il cui valore si fonda sulla capacità di andare oltre l’oggetto fisico per rappresentare idee ed emozioni, che il linguaggio logico non può esprimere.

E così, attingendo a simboli universali – quali quello del viaggio – trasforma l’atto creativo in un ponte tra il mondo sensibile e quello astratto, dando forma originale ad una ricerca di senso.

Parlano di questo anche le scelte cromatiche, le forme e i materiali selezionati da Flavia Mastrella per questo suo nuovo habitat, frutto ogni volta di un accurato studio sul diverso darsi “deformato” della comunicazione sociale.

Efficacemente pungente l’idea di legare l’habitus, ovvero le modalità manipolatorie, del personaggio dell’Ammiraglio al colore blu: un colore un tempo considerato dei degenerati e dei barbari ma che poi ha conquistato tutti.

Un Ammiraglio siffatto (che in scena è un Antonio Rezza che “è. E non ha mai smesso”) saccheggia infatti l’esperienza del viaggio dei suoi aspetti caratteristici, che ne fanno una preziosa occasione di trasformazione, di crescita interiore, di scoperta di sé e di superamento dei propri limiti. 

Incluso l’ammutinamento: come si legge nelle note di regia, in un viaggio esistenziale “l’ammutinamento è sempre auspicabile in un organismo sano”. Perché l’ammutinamento rappresenta un po’ le nostre difese immunitarie, che si attivano quando qualcosa dall’esterno mette in pericolo un equilibrio interiore. Difese che sono metafora della protezione del Sé e quindi del mantenimento di quellintegrità e di quell’equilibrio, che rendono organismo capace di affrontare le sfide che la vita presenta.

Antonio Rezza sceglie allora – com’è nella sua cifra estetica – di lavorare in questa sua creazione con Flavia Mastrella intorno al concetto di “gioco”: un gioco che parla di un dramma intriso di divertimento, capace di indurre lo spettatore a smarrirsi.

Così da veder cadere le maschere all’interno e all’esterno di sè stesso. Così da essere solleticato da stimoli capaci di attivare nuove modalità di viaggio, che sanno incontrarsi anche con fertili derive.

Un gioco quello portato in scena dal duo RezzaMastrella che sa erompere sulla scena come una felice invasione barbarica, capace di generare continui corto-circuiti su modi di fare intrisi di pregiudizi. Alla scoperta di spiegazioni sempre nuove e mai rigidamente compiute.

Che arrivano allo spettatore sotto forma di frammenti. Così come frammentaria è la precarietà della verità, così come frammentaria è la percezione del sè e del mondo.

Frammenti che provocano nello spettatore non un senso di rinuncia o di rassegnazione, ma uno stimolo all’esplorazione e alla ricostruzione di un proprio senso personale.

Antonio Rezza – Flavia Mastrella

Perché RezzaMastrella sono generatori di clamore, di risveglio comicamente drammatico, di coralità.

Perché i loro spettacoli sconfinano, si s-proteggono dalle sovrastrutture, cercando e ottenendo un contatto epidermico con “i corpi” degli spettatori, tale da improvvisare anche su di loro un’acuta regia.

Flavia Mastrella – Antonio Rezza

“Con che speranza cerco il dialogo, se è più facile cambiare canocchiale che idea?” – si chiede sul finale l’Ammiraglio. Se i legami sono divenuti guinzagli, se si finisce col preferire al contatto dei corpi la modalità di sfioramento di apparecchiature?

Quale esperienza di libertà racconteremo dopo?

Quella del nostro essere “stati dietro” a qualcun altro?

Daniele Cavaioli – Flavia Mastrella – Antonio Rezza


Recensione di Sonia Remoli