dal 3 al 6 Aprile 2025

Come si mantiene la magia di un incontro, con quella grazia del convergere nell’istante?
E’ un mistero.
E’ qualcosa di segreto.
E’ qualcosa che invita a tenere gli occhi chiusi.
Magari, forse, si può provare iniziando a tenersi il più possibile lontani dalla tentazione tutta umana a voler capire e a voler sapere tutto dell’altro.
Perché più si cerca di capire, più ci si allontana, più non si sente nessun solletico. Anzi, l’altro inizia “a pesare troppo” – come rivelano anche i sogni dei due protagonisti in scena – tanto da desiderare “ridurlo in un formato” a noi più congeniale, da portare e da sopportare.

Anna Bellato – Leonardo Maddalena
Le parole rischiano di ammazzare educatamente a colpi d’ascia ogni tensione erotica, soprattutto se guidano un discorso logico-investigativo. Meglio licenziarle affidandosi alla pelle, proprio come canta Franco Califano:
E’ la pelle, è la pelle
Altro che cuore, luna e stelle
Non sognare, non sperare
Non s’inventa l’amore
Noi, eccoci là
Stanchiamo i corpi e non parliamo mai
C’è il silenzio e parla lui
E lo fa come nessuno

Nello specifico, forse sarebbe meglio evitare di usare parole come: “e poi ?”.
L’inganno è quello di credere di avvicinarsi a qualcosa che arde di verità. In verità ci si sta avvicinando al tepore, se non al freddo. Perché sebbene ci sentiamo spinti a rendere tutto chiaro, in realtà la trasparenza non aiuta a toccarsi: ad incontrarsi intrigantemente.
Ne parlano anche gli oggetti di scena (curati da Salgo Ingala): tutti di vetro o di plexiglass trasparente. Belli, sì, ma solo per un pò. Poi diventano insignificanti, anonimi, assai poco interessanti. Troppo chiari. Sterili.

C’è durata, probabilmente, se si riesce a dare vita a continui nuovi inizi: avendo cura dei nostri piccoli misteri che ci rendono interessanti, proprio perchè poco chiari, sfuggenti. Seducentemente imperfetti.
Ma riuscire a dare vita a continui primi incontri, a continui primi inizi, è decisamente un’arte.
Ecco allora che lo spettacolo si dona come un invito ad imparare ad ascoltare suoni più che parole; ad assaporare il buio più che la luce, in quel viaggio in mare aperto – ricco in imprevedibilità e in mistero – che è la quotidianità. Quella quotidianità diurna che siamo portati, a differenza della notte, a regolamentare in ritualità, così rassicuranti ma necessariamente insipide. Soprattutto se si sta inaugurando una relazione a due.

Perché di giorno siamo diversi da come siamo di notte: tutto un verificare se si hanno gli stessi gusti, le stesse abitudini. Per capire se può funzionare, se può durare. Ma non funziona: non c’è gusto. Non scoppiano fuochi d’artificio.
Meglio sarebbe forse allora osare, rischiando di mandare tutto in pezzi, e poi imparare l’arte di rimetterli insieme. Ricominciando ogni volta. E sbagliando sempre meglio. Perché, come scoprono i due protagonisti, spesso ci si sceglie per i propri difetti comuni.

Si percepisce che il Lui di Leonardo Maddalena e la Lei di Anna Bellato sono in grado di fare fuochi d’artificio: ne parlano i loro occhi in quei rari momenti in cui sono in silenzio. Quando parlano, invece, sembrano voler studiare e fissare complicate coreografie di un minuetto, anziché lasciarsi volteggiare in un valzer. Stringendosi l’un l’altra apertamente a sperimentare, a ogni nuovo e vertiginoso giro, una sensazione di libertà assoluta.

Francesco Lagi
Lo specchio che ci pone di fronte questa sapientemente arguta drammaturgia di Francesco Lagi, ci porta ad esplorare lande personali nient’affatto placide: così reali e insieme così assurde che, solo guardandole attraverso il riflesso della coppia in scena, si rivelano in tutta la loro natura godoniana.
Ma la profonda freschezza poetica di Anna Bellato e di Leonardo Maddalena riescono a rendere stimolante – e finanche divertente – accettare l’invito a viaggiare nel nostro quotidiano, proprio come lo spettacolo ci offre di provare a fare.

Recensione di Sonia Remoli














