I FUNERALI DI CORRAO di Emilio Isgrò – Rassegna di drammaturgia contemporanea “Parole d’autore”

GNAMC

GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA

20 Marzo 2025

Nella meravigliosa architettura di luce della Sala delle colonne della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, nella serata del 20 Marzo u.s. ha avuto luogo il primo incontro della Rassegna di drammaturgia contemporanea “Parole d’autore”. Rassegna nata dalla passione per la drammaturgia del regista teatrale e direttore artistico Piero Maccarinelli e prodotta dalla Compagnia Orsini, in collaborazione con SIAE.

Una proposta che individua nella drammaturgia contemporanea quel ponte capace di dare vita ad un osservatorio attivo di pubblico partecipe, stimolo e confronto tra le diverse espressioni del fare teatro oggi.

Renata Cristina Mazzantini


 
Ad aprire la serata – dedicata all’artista, scrittore e poeta Emilio Isgrò, celebre per il linguaggio artistico della “Cancellatura” – è stata la Direttrice della Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea Renata Cristina Mazzantini. 

Emilio Isgrò è infatti l’Artista protagonista della GNAMC per questo anno e a lui la Galleria dedica una serie di incontri, unitamente all’esposizione di una selezione significativa delle sue opere.

La figura di Isgrò è stata selezionata per l’anno 2024-2025 in occasione dei sessant’anni della “Cancellatura”: un gesto artistico radicale che ha rivoluzionato il linguaggio dell’arte a livello internazionale.


Renata Cristina Mazzantini, Guido Talarico , Emilio Isgrò

Ma – come acutamente definito dal Presidente della Fondazione Teatro di Roma, Francesco Siciliano – Emilio Isgrò è “una creatura rinascimentale”: un artista nel senso più vasto della parola, dall’inclinazione pluridisciplinare. 

Francesco Siciliano

E tra le numerose iniziative culturali Isgrò amò impegnarsi anche nelle “Orestiadi” di Gibellina, al fine di celebrare la rifondazione della città e segnare l’alba di un destino tutto da riscrivere. Ed così che sulle rovine della distrutta Gibellina – novella Troia e immaginario Palazzo degli Atridi – Ludovico Corrao propone la recita dell’Orestea proprio nel ‘siciliano poetico’ ideato da Emilio Isgrò.
 
L’artista era ieri sera presente in sala per presenziare alla rappresentazione del suo poemetto “I funerali di Corrao”, un omaggio all’indimenticabile amico e mitico sindaco di Gibellina, in rappresentanza del quale era presente in sala la figlia Francesca. E molti altri personaggi del mondo dell’arte.


Piero Maccarinelli


Ed è così che dalla raffinata regia di Piero Maccarinelli ha preso vita nella serata del 20 Marzo u.s. – in un insolito riallestimento della Lounge delle Colonne – un’elegante messa in scena del testo di Isgró “I funerali di Corrao”. 

“Perché un allestimento museale – sostiene la direttrice Mazzantini – funziona se raggiunge il pubblico, mettendolo nelle condizioni migliori per entrare in contatto con l’opera d’arte. Perché l’allestimento museale è esso stesso una messa in scena che può svelare i significati sottesi dell’opera e saper creare emozioni e ricordi”. 

Francesca Benedetti, Mariano Rigillo, Anna Nogara, Barbara Eramo, Stefano Saletti

E cosí é accaduto: la versatilità dello spazio della Sala delle Colonne ha veicolato un fluido coinvolgimento alla fruizione della rappresentazione teatrale, punteggiata dalla metafisica malinconia del canto di Barbara Eramo e dalla musica al bouzuki di Stefano Saletti

Appassionati dallo studio e dalla diffusione della musica e della cultura mediterranea, le proposte musicali dei due artisti trovano la piú efficace espressione di sincretismo linguistico ed etico nella “lingua sabir”: la lingua franca parlata fino all’inizio del secolo scorso dai pescatori, dai marinai e dai commercianti del Mediterraneo. 

Un’acuta scelta registica, quella che ha portato Maccarinelli a impreziosire la messa in scena teatrale con canti propri di questa lingua, che ci ricorda – coerentemente al tema del poemetto di Isgró – l’importanza del dialogo e dell’intessere relazioni civili e culturali. 

La Sicilia cancellata di Emilio Isgrò

Qualcosa di analogo si rintraccia nel fine ultimo dell’arte della “Cancellatura” di Isgró: uno scoprire, coprendo, il valore dei rapporti umani, fondato su una reale possibilità di comunicare e di preservare la parola per quando servirà. Perché “l’arte – sostiene Isgrò – è l’unica forma rimasta di educazione umana”.


Ma anche la vita e l’arte di Ludovico Corrao sono attraversate dalla stessa vocazione a riallacciare un dialogo tra le diverse culture mediterranee. Ne sono splendide testimonianze “Le Orestiadi” di Gibellina e il Museo delle Trame Mediterranee.

Ludovico Corrao



L’interpretazione drammaturgia del testo di Isgró “I funerali di Corrao” viene affidata da Maccarinelli ad attori del calibro di Francesca Benedetti, Anna Nogara, Mariano Rigillo, in passato protagonisti dell’Orestea di Isgrò al Cretto. 

Laddove del testo Rigillo segna il passo solenne del suono, unitamente al ritmo dell’incedere e Anna Logara ne fissa i concetti sinesteticamente con gli occhi, la Benedetti sembra ricamare tra loro punti di legame, dalla freschezza impetuosa di accenti. Ed é canto. Anzi concerto di identitá in dialogo. 

Una serata ricca in meraviglia che si è rivelata un inno a tutto tondo al potere drammaturgico del saper creare connessioni.

Il secondo appuntamento della Rassegna di Drammaturgia Contemporanea “Parole d’autore” – presentato dalla Fondazione Teatro di Roma – si è tenuto al Teatro Argentina ieri 24 Marzo u.s. ed è stato un omaggio ad uno dei più importanti protagonisti del teatro italiano: Massimo De Francovich, con “VISITA AL PADRE”, un inedito di Norm Foster. In scena anche Maximilian Nisi.


Francesca Benedetti, Mariano Rigillo, Anna Nogara, Barbara Eramo, Emilio Isgrò, Piero Maccarinelli, Stefano Saletti



Recensione di Sonia Remoli

Recensione dello spettacolo ERODIADE di Giovanni Testori – regia Marco Carniti – con Francesca Benedetti

TEATRO BASILICA, 21 Febbraio 2024 –

Non fu con gli occhi il loro primo incontro.

Fu con la voce: quella di lui, calda, tonitruante.

Così è l’orecchio di Erodiade l’ingresso attraverso il quale prende corpo tutta la potenza dannatamente erotica di Giovanni Battista. Ed è questa sua carnale carica vocale che l’Erodiade di Francesca Benedetti riesce ad “ereditare”.

E’ una mirabile Francesca Benedetti quella infatti che ci si da’ attraverso l’oscura sensualità della voce che si scopre carne: quella del Battista, quella che tanto l’aveva “inchiodata”.

E che ora inchioda noi del pubblico.  

Francesca Benedetti

Se per qualche ora Erodiade può finalmente stringere un frammento di quel corpo tanto desiderato e negato, per sempre conserverà in sé quella sua rovente tattilitá vocale e la tenebrosità di quei colori.

È un “laiare” (un lamentarsi, verbo derivato dal termine “lai”) che la Benedetti plasma. Se ne hanno echi sulle mani, sulle tensioni interiori che danno forma ai drappeggi della sua tunica. E poi in quelle trasformazioni del respiro. 

Il trono dal quale parla, finalmente sola con quel che resta di Giovanni Battista, è un’elegante e minimalista installazione che oltre ad essere un trono allude alla stilizzazione di una croce: quella sulla quale lei si offrirà come vittima, in una fusione cromatica disperatamente commovente.

Erodiade, il personaggio biblico spesso messo in ombra dalla sensualità della figlia Salomè, nel testo di Giovanni Testori racconta il suo disperato amore per Giovanni Battista e l’inaccettabile rassegnazione davanti alla sua scelta di morire martirizzato, piuttosto che cedere alle sue offerte amorose. Un’Erodiade vittima, non carnefice.

Francesca Benedetti

La regia di Marco Carniti sceglie con efficacia di incentrarsi sull’ossessione di Erodiade a voler “decidere”: sul suo non rassegnarsi a subire la scelta castrante del Battista. Ad avere anche lei parte attiva, pur consapevole di agire dentro un finale in realtà predestinato.  Suo è il desiderio ossessivo di “decidere” e quindi di “tagliare”, reso con lacerante e compulsiva efficacia anche dalla drammaturgia sonora di David Barittoni.

Francesca Benedetti e Marco Carniti

Una magnifica ossessione che prende forma dalla fusione alchemica che si realizza all’interno del flusso di coscienza che Testori affida ad Erodiade. E che si manifesta attraverso l’inchiodata dirompenza dell’interpretazione di Francesca Benedetti che, come in un basso rilievo, si staglia dal fondale dei suoi stessi pensieri. Un fondale che prende forma attraverso il multiforme scorrere di quei disegni con la stilografica delle oltre settanta posizioni della testa recisa del Battista, che effettivamente nacquero nella mente di Giovanni Testori parallelamente alla gestazione della scrittura di questo lacerante lamento.

Uno spettacolo che onora la ricorrenza del centenario della nascita di Giovanni Testori e la vertiginosa poliedricità della sua parola materica.

Francesca Benedetti è viva e vibrante testimonianza del continuare ad esserci di Giovanni Testori.

L’affluenza straripante e incontenibile ieri sera al Teatro Basilica la prova del suo essere ancora così necessario.

Bisogna amarsi meno,

bisogna lasciare al tempo

l’ingorda gioia d’insegnare

che l’amore non è ricevere,

né dare,

ma lasciarsi prendere,

affondare

—-

Giovanni Testori

(da Non a te nudo amore, di Massimo Recalcati e Nicola Crocetti)

*************************

Recensione di Sonia Remoli