TEATRO MARCONI, dal 18 al 28 Gennaio 2024 –

Nel seminterrato di una strada che ricorda “Via del Campo”, la strada di coloro che abitano gli orli della società , vive Pina: “la graziosa dai grandi occhi color di foglia” .
Un luogo che è anche uno stato della mente e una condizione psichica: quella di chi tenta di evitare il fuoco dell’inferno e insieme la monotonia del paradiso.

Tiziana Sensi (Pina) e Mariano Gallo (Principessa)
È il mondo cantato da De André: un mondo definito malfamato dall’ipocrisia borghese ma permeato da pura autenticità. È il mondo a cui allude l’appassionata drammaturgia di Donatella Diamanti.
Pina (una Tiziana Sensi di malinconica ed ingenua bellezza) abita, ed e abitata, da un monolocale seminterrato, dove quel che resta della visibilità – consentita dal muro che occupa gran parte della vetrata – permette di vedere la strada all’altezza degli occhi.
Un’ottica, e quindi uno sguardo, che ai più sfugge ma che rivela come si vive strisciando a terra e rischiando ad ogni istante di essere schiacciati. Metafora di un’umanità che vive ai margini della società.

Tiziana Sensi (Pina)
Il pericolo di schiacciamento viene amplificato dalla sensazione provocata dal particolare posizionamento obliquo, anziché perpendicolare, della vetrata-tetto del seminterrato. Sensazione percepita e ritratta da Guido, il figlio di Pina, nei suoi disegni.
La scena, così centrale in questo spettacolo diretto con profonda sensibilità dal regista Luca Gaeta, è magnificamente realizzata da Alessandro Chiti, che vi crea un habitat vitale di decadente poesia.

Tiziana Sensi (Pina)
Pina sta scrivendo una lettera: la sua ultima lettera. Fatica a terminarla perchè il desiderio di vita riaffiora in lei prepotentemente, nonostante tutto: è il desiderio di prendersi cura degli altri ad “innaffiare” la sua densa malinconia. E poi ci sono i ricordi: quelli belli. Quelli che la legano a Guido, il suo amato bambino.
Pina solo apparentemente sembra accontentarsi di un’esistenza “a mezza bocca” : di quelle che capisci e non capisci. Il suo autentico desiderio è quello di non rendere totalmente incomprensibile ciò che in realtà lei vuole “si legga” di se stessa.

Tiziana Sensi (Pina)
Il suo avvicinarsi sul confine dove la vita si incontra con la morte non denota la volontà di ‘decidere’, cioè di “tagliare” e quindi di separare la vita dalla morte. Non a caso il suo commiato termina con un “arrivederci” e non con un “addio”. È piuttosto invece come se desiderasse ancora una possibilità: quella capace di regalare una nuova “forma” (non più semi-oscurata e schiacciata) alla sua esistenza, grazie alla forza trasformativa che solo certi incontri sanno “accendere”.

Mariano Gallo (Principessa)
Ecco allora il manifestarsi di Principessa (un Mariano Gallo “dal sorriso tenero di verdefoglia” che non teme di correre verso “l’incanto dei desideri”) : una creatura così diversa da lei, eppure così capace di sintonizzarsi sulle sue frequenze. Così effervescente, eppure con un allure da pierrot liricamente struggente.
Quando si ritrova al cospetto di Pina ne è frastornata perchè:
“lei ti guarda con un sorriso
non credevi che il paradiso
fosse solo lì al primo piano”

Mariano Gallo (Principessa ) e Tiziana Sensi (Pina)
Ma Pina è anche una donna che si affida ad una logica primitiva, infantile, che va al di là dei principi della logica. Per lei non esistono etichette per incasellare le cose e le persone in maniera definitiva (come invece tende a fare Principessa): lei va oltre il principio di identità e di non contraddizione. Le cose, i fatti, le persone, possono essere letti secondo diverse modalità. E lei ogni volta le fa esistere tutte, nominandole. E solo dopo, ne sceglie una. Guidata dal suo istinto. E così finisce per avvolgere Principessa in una selvaggia e tenera confusione gioiosa.

Tiziana Sensi (Pina)
Principessa al contrario, per difesa, ha scelto di sorreggersi proprio grazie all’univocità delle definizioni della logica: vere e proprie etichette che lasciano Pina piuttosto stordita.
Ma pur percorrendo strade esistenziali diverse, queste due “anime all’orlo” riescono a trovare quel sentiero che le fa incontrare e stare bene insieme. Fertilmente. Saranno proprio le loro ferite più o meno nascoste ad avvicinarle, ad incuriosirle a vedere le cose del mondo anche con lo sguardo dell’altra.

Mariano Gallo (Principessa)
Principessa ad esempio ha difficoltà con l’olfatto: il nostro cervello ancestrale. Dietro il suo altezzoso “schifarsi” si cela la difficoltà ad entrare in contatto con la natura più primitiva di sé. Non meno di Pina, anche lei chissà quante volte avrà pensato di farla finita. Ma poi di tutte le lettere di commiato ha finito per decidere di farne balze del suo “habitus”.
Efficacemente estrosa risulta allora la scelta della costumista Ilaria Ceccotti di ri-coprire Principessa con una sorta di vestaglia-soprabito sulla quale sembrano cucite, e insieme lasciate libere di balzare, le sue passate lettere di “arrivederci”.

Tiziana Sensi si cala generosamente dentro il personaggio di Pina, dotata di una psiche così semplice eppure così straordinariamente ricca di contraddizioni, tessendo con questo complesso personaggio una trama di potente complicità. E lo spettatore ne avverte tutta la drammatica e primitiva bellezza.
Mariano Gallo, proprio nell’andare “a correggere la fortuna”, trova il modo più adatto per farci dono di una preziosa possibilità: quella di poter avvertire epidermicamente, e quindi intimamente, quanto possa essere bella anche una natura così esuberantemente fragile, così ricca di femminile ma anche di maschile. Che si dà senza sbavature: in purezza. Limpida, proprio perché consapevolmente torbida.
Uno spettacolo intimo: tragicamente comico. Uno spettacolo umano e divino: un viaggio interiore alla ricerca della nostra identità, del nostro sogno. Che attraversa “ingorghi di desideri” per poi godere del loro incanto.
Uno spettacolo che ci parla del nostro realizzarci come “anime salve”.
Recensione di Sonia Remoli
