TEATRO LE MASCHERE, dal 17 al 19 Settembre 2024
LE VOCI DEL PRESENTE, Piccolo Festival di Drammaturgia Contemporanea

Lei può fare tutto: ha il destino scritto nel nome.
Pasqualina é infatti colei che sa soffrire, postura esistenziale di chi prende sulle proprie spalle il peso del mondo e nel farlo si scopre vertiginosamente libera, in confidenza con la morte.
Pasqualina Losacco come il mondo, non si è fermata mai un momento, come la notte lei insegue sempre il giorno. Ed il giorno verrà.
E sarà quello in cui incontrerà un grande cuoco, così da diventare anche lei una grande cuoca. Le piace sopra ogni cosa cucinare e mangiare. Gode nel ripetere a mente i piatti che sa cucinare meglio: ricordarli la nutre, in tutti i sensi.
Pasqualina Losacco ora ha 75 anni: per natura è raffinata come una regina e incarna un’anima che sa squittire. Ce ne parla un suo deliziosissimo ghigno, il suo musetto secco e appuntito, il suo passo piccolo e veloce e il suo curvarsi come per annusare la terra, avendo in testa un’acconciatura di nuvole inquiete.
E’ curiosa, coraggiosa e quindi intelligente.
Perché Pasqualina è accorta, mette in campo una sorta di saggezza efficace e concreta, che si manifesta nel modo di acquisire e di utilizzare le conoscenze e nel gestire le situazioni in cui si trova. Anche le più traumatiche. La sua è l’attitudine a comprendere le cose nel loro profondo e nel loro contesto. Gliel’ ha insegnata il suo sogno, quello di cui è impastata la sua essenza: saper ben “cucinare”, verbo cardine della nostra cultura.
Nel descrivere una trasformazione – quella delle materie prime non sempre commestibili, gustose o salubri da mangiare così come sono – l’arte del cucinare infatti ci parla della necessità di preparare a “far entrare in relazione” gli ingredienti, realizzando ciò che serve alla vita.
Perché non è sufficiente procurarsi le materie prime, occorre “renderle fruibili”. Ed è di stupefacente bellezza come una necessità biologica si traduca in un’attività culturale, estetica e politica.
Chi sa cucinare associa, separa, assimila, valorizza le materie prime, dando vita ad un’alchimia. “Batti bene la carne – diceva la nonna a Pasqualina – che ti purifichi!”.
Perché l’alchimia culinaria è l’arte di separare le parti meno nobili di un alimento, di depurarlo, di perfezionarlo. Ed è una metafora profondissima che ci pervade. Chi cucina purifica “la propria materia” per estrarne l’essenza: saperla unire ad altri ingredienti significa raffinarla ma anche renderla umana, capace di relazionarsi con altro.
Una drammaturgia potente come un rituale magico; incandescente e insieme “teneramente commestibile” nel sapersi avvicinare al sentire del pubblico.
Claudia Crisafio, l’interprete di Pasqualina, si lascia modellare ossa, tendini e deglutizioni dalle parole selezionate e “cucinate” da Maria Teresa Berardelli: parole conosciutissime ma di cui ora torniamo ad assaporare il fascino, così da lei trasformate, mescolate.
E allora la voce della Crisafio si fa sguardo per contagiarci della meraviglia dell’ineffabile : ed è evocazione. Oppure si fa gusto, per lasciar plasmare il corpo in una metafisica brama di vorace curiosità. Fino a che – come preziosa materia prima – tutto il suo essere arriva a lasciarsi disponibilmente dilatare oppure possedere da movimenti compulsivi.
Un’eccitazione di cui parla il virtuosismo delle sue mani, mosse da una misteriosa diteggiatura nell’atto creativo del dosare, del versare, dell’impastare, dello stendere e del provocare la lievitazione. Una coreografia maestosamente quotidiana.
E’ l’acuta regia di Marianna di Mauro, la poesia del suo disegno luci, a rendere carismatico ogni istante, incarnando proprio nel quotidiano più ai margini la densità di un sogno.
Un sogno “caro” come può esserlo “un’utopia”: preziosa, impegnativa e (apparentemente) ingrata. Cifra di un mondo assurdo ed equilibrato in cui ciò che più si ha di davvero caro non è caro, non è acquistabile.
L’utopia è infatti il sogno di un non-luogo buono, di cui si sa tollerare bontà e irrealtà. Un idealismo spinto e ricco di valori, dove seppur dichiarare un profondo desiderio non necessariamente gli darà luogo, la fedeltà a quel desiderio avrà però un buon luogo di responsabilità nell’ universo interiore di ciascuno.
Dentro di noi l’utopia non è bizzarra fantasia ma certezza matematica. Come in Pasqualina.
E con pazienza si potrà arrivare lontano: noi stessi siamo i figli dell’utopia di tanti che, saggi, non sognarono un mondo perfetto, ma un mondo migliore.
Uno spettacolo magnetico, energizzante, lirico, politico.
Recensione di Sonia Remoli
