LA FIGLIA DI KIOTO ZHANG -scritto e diretto da Massimo Odierna

TEATRO LO SPAZIO

dal 29 Aprile al 4 Maggio 2025

Bianco è il pavimento di nuvole sul quale veniamo gettati alla vita.

Bianco perché risultante di tutti i colori; bianco perché  mescolanza di bene e male.

Non c’è niente di dolcemente ovattato: i colpi arrivano in purezza.

Ma questo bianco pavimento di nuvole resta comunque un eden: un eden di appuntamenti,  e quindi di incontri, che modellano la forma della nostra vita e stimolano il nostro desiderare.

Massimo Odierna

In questo testo ferocemente poetico di Massimo Odierna, che ne cura sinfonicamente anche la regia, si racconta con visionaria ruvidezza di quanto sia complesso –  ma irrinunciabile  –  entrare in relazione con gli altri.

Soprattutto quando l’altro è così “diverso”, così intraducibile; soprattutto quando ci limitiamo a decodificare il suo “fare” anziché  provare a sintonizzarci sul suo ”sentire”.

Un eden terreno, quello di cui ci parla Odierna, alla ricerca di  un quid di  “sacro”: quel sacro che significa tensione verso  la consapevolezza che proprio quella fragilità – che è cifra della nostra umanità –  se condivisa, ci fa  splendere di possibilità vitali .

Federica Quartana, Enoch Marrella, Irene Ciani, Francesco Petruzzelli, Sofia Taglioni, Giovanni Serratone

Tutto sta nel disintossicarsi dall’ossessione a pretendere di vivere, con se stessi e con l’altro,  in  sempre maggiore sicurezza: sempre più confortevolmente protetti nella “bam-bagia”. Sempre più dipendenti da “organizzazioni settimanali”. E riscoprire, invece, la potente magia della parola, del raccontare e del raccontarsi. Dell’immaginare e quindi del prendersi cura dell’altro, ascoltandolo con attenzione.

Siamo affamati di relazioni – di amicizia, d’amore – perché di relazioni ci nutriamo. Ed è per questo che la vita ci chiede di  aprirci alla possibilità di “aggiungere un posto a tavola”. Continuamente.

Massimo Odierna in questo suo testo impreziosisce quella che potrebbe essere definita una black comedy con accattivanti sentori esistenziali propri dell’enigma della tradizione classica. Dove “l’altro” che si è allontanato e che ci si impegna avventurosamente a ricercare, non è solo quello esterno a noi. 

Ed è così che si arriva a scoprire che la vera ricerca che si è affrontata cercando la figlia di Kioto Zhang è quella verso il conoscere se stessi. Per imparare la virtù dell’accoglienza del “diverso”.

Efficacissima l’organizzazione dello spazio teatrale che vuole la scena immersa nel pubblico – e da esso circonda su tutti i lati – creando un’esperienza ancor più intima e coinvolgente. Seducente la scelta di abitare lo spazio attraverso una prossemica decisamente intrigante. Suggestiva la cura dei costumi di scena, che ben riesce a visualizzare il gioco sinergico degli opposti.

Gli attori in scena  –  Irene Ciani, Enoch Marrella, Francesco Petruzzelli, Federica Quartana, Giovanni Serratone, Sofia Taglioni  – brillano in concertazione. E così la loro meravigliosa coralità non manca di  lasciare spazio all’emergere dei fulgenti colori interpretativi di ciascun artista.


Recensione di Sonia Remoli

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