TEATRO QUIRINO, dall’11 al 16 Ottobre 2022 –

Nell’elegante e raffinato spazio del Teatro Quirino, ieri sera il sipario si è aperto per presentare al pubblico, attento ed esigente, una rievocazione meta teatrale del “caso Tandoy”, errore giudiziario degli anni ’60, tra i più macroscopici. Lo spettacolo è scritto e diretto da una delle più prestigiose firme della televisione italiana, Michele Guardì, che qui lasciandosi guidare da un afflato pirandelliano riesce a dare vita ad una commedia “civile” capace di suscitare nello spettatore sia quel fastidio che si declina fino alla rabbia più accesa, che inaspettati momenti di comica leggerezza.

Desiderio degli “autori”, l’uno demiurgo “dello” spettacolo (Guardì) e l’altro protagonista meta teatrale “nello” spettacolo (Gianluca Guidi) è quello di regalare una nuova e finalmente autentica immagine dei protagonisti coinvolti nella vicenda, “violentati” dagli errori della giustizia e dall’accanimento dei giornali di gossip. In risposta alla “perversione” con cui è stato condotto a suo tempo il caso di cronaca, sulla scena domina una recitazione “spudoratamente” frontale. I flashback storici sono affidati ad un sipario nel sipario, quasi campi lunghi dalla suggestione cinematografica.

Stilosa ed efficace la scenografia del rinomato Carlo De Marino che sagacemente, nel costruire quasi tutto il mobilio della scena con cataste di quotidiani (dalle cassettiere, agli armadi, fino all’appendiabiti), fa del mezzo di comunicazione del quotidiano l’unità di misura dell’ “analisi” che fu fatta, a suo tempo, del caso Tandoy. Mattatori della scena sono Gianluca Guidi (l’autore sul palco) e Giuseppe Manfridi (il procuratore incaricato delle indagini). Geniale, la scelta di affidare alla straordinaria peculiarità di questi due interpreti la conduzione delle fila della narrazione, che s’inebria del compenetrarsi dello stile melodioso di Gianluca Guidi alla metrica cantilenante e poi ossessiva fino al parossismo di Giuseppe Manfridi.

Carismatica la loro presenza scenica: fertilmente accogliente quella di Gianluca Guidi, autore che sollecitato dalla “fantasia” sente il bisogno “civile” di scrivere una commedia che restituisca autenticità alle persone coinvolte nel caso; efficacemente ostinata ed ottusa la presenza scenica del procuratore incaricato delle indagini Giuseppe Manfridi, bloccato sulla pista passionale, “fondata” sul continuo fiorire di lettere anonime e altri improbabili indizi. Atteggiamento maliziosamente condensato nel “corruscante” intercalare “cherchez la femme”. Insomma un binomio attoriale davvero ferace; integrato, con diverso entusiasmo, da un cast composto da: Noemi Esposito, Marcella Lattuca, Marco Landola, Antonio Rampino. Con la partecipazione di Gaetano Aronica, con Caterina Milicchio e con Roberto M. Iannone (nel ruolo di Tandoy).

Uno spettacolo che è un prezioso esempio di teatro civile, perché il Teatro anche questo è e deve essere: l’incontro e il confronto con gli avvenimenti che attraversano la nostra società e che non devono essere dimenticati. Né abbandonati a spiegazioni superficiali e tendenziose. Come avvenne per il “caso Tandoy”, presentato nella prima nota giornalistica come “un duplice omicidio che non trova precedenti negli annali della cronaca”. Ma non era vero. Nel 1960 altri due episodi resero Agrigento protagonista di eventi sconcertanti: il “convegno internazionale” promosso da un gruppo di intellettuali ( tra cui Jean-Paul Sartre, Leonardo Sciascia e Giorgio Napolitano) sulle condizioni igieniche da Terzo Mondo di Palma di Montechiaro e la dichiarazione di Indro Montanelli a “Le Figaro” sul gravoso obbligo “di accordare ai Siciliani la qualità di italiani”. Questo lo scenario in cui avvenne l’uccisione del Commissario Cataldo Tandoy: tra Terzo Mondo e sicilianità offesa. E questo spettacolo è un invito a ricordare e ad approfondire. Sempre.