CAMILLE CLAUDEL – di Dacia Maraini – con Mariangela D’Abbraccio – regia Francesco Tavassi


6 DONNE CHE HANNO SEGNATO LA STORIA – 6 AUTORI CHE LE RACCONTANO

Progetto

di Mariangela D’Abbraccio e Manuela Kustermann

TEATRO VASCELLO

6 Maggio 2025

Sono gocce.

Sono gocce di un demone femminile che sa di costanza e determinazione: quella che scava la roccia. 

Sono gocce che hanno inciso, segnato e modificato la nostra Storia, attraversando battaglie sociali, discriminazioni, sofferenze. 

Con la grazia tempestosa di un incantesimo, ieri sera ha debuttato il Progetto “6 donne che hanno segnato la storia – 6 autori che le raccontano”.

Il progetto di Mariangela D’Abbraccio e Manuela Kustermann, curato dalla regia raffinatamente simbolica di Francesco Tavassi, si articolerà in 6 giorni dove ogni replica sarà dedicata ad una grande figura femminile. Raccontata, attraverso diversi registri narrativi, da 6 autori e restituita in forma di reading pensato per due voci: quelle di Mariangela D’Abbraccio e Manuela Kustermann, protagoniste del nostro teatro, interpreti fra le più attente e sensibili della scena italiana.

Camille Claudel e la sua creazione “L’ abandon” (1888)

Ieri sera dal palco delle Teatro Vascello è andata in scena un’epifania  di Camille Claudel  (1864-1943): la più grande scultrice di tutti tempi, il cui prorompente talento  – proprio perché femminile – fu messo a tacere in primis dalla famiglia, con la complicità della società del tempo. Una donna che, nonostante tutto, proprio attraverso la scultura riuscì ad intagliare un materno mortificante ed una società solidamente miope.

Un folle nettare abita Camille: un fiore di donna il cui nome evoca una pianta medicinale simbolo di forza e di resistenza, proprio grazie alle sue proprietà lenitive.

Dacia Maraini

Una linfa vitale, la sua, che sa farsi malia di parole nella penna delle meraviglie di Dacia Maraini: è lei che cura la drammaturgia dello spettacolo dedicato a Camille, restituendo al suo stare al mondo uno charme profetico. Parole, quelle tessute dalla Maraini, che trasmutano nella sublime matericità della voce di Mariangela D’abbraccio, così disponibile a lasciarsi sfaccettare dalla vitalità erotica di Camille.

Ed è contagio.

Un contagio tale da scolpire una nuova forma di partecipazione nello spettatore. Che si raccoglie, solerte, intorno al vento di presenze fantasmatiche che fanno visita alla mente di Camille: quelle che popolano i lunghi anni del crudele internamento, che la condurrà alla morte. Abbandonata da tutti.

A sinistra, Camille Claudel nell’atelier che occupava al numero 117 di rue Notre-Dame-des-Champs nel 1887, mentre lavora al gesso di Sakuntala; sullo sfondo, Jessie Lipscomb, sua amica e collega di lavoro (fotografia di William Elborne, fidanzato di Lipscomb) . A destra, il gesso originale dell’opera, in quegli stessi anni donato e ancora conservato al Museo Bertrand di Châteauroux.

E’ un vento, infatti, che riporta in superficie soprattutto traumi: “non sei una ragazza seria … per castigo perderai le braccia”- le ripete sua madre. Vento, che sa cambiare anche direzione contrappuntandosi, ad esempio, al fragrante piacere – totalmente appagante – dell’attesa della cottura della creta.

Ma poi torna ancora a soffiare quel vento: “cosa se ne fa una donna della sciagurata scultura?”.

“Come può una donna dal corpo così liscio – fatto per amare – sentire un’attrazione così irresistibile per la libertà?”.

Ma lei, Camille, pur così spaurita, è anche prepotentemente decisa.

E continua a gocciolare.

Fino alla fine.

Auguste Rodin

Auguste Rodin (1840-1917), suo maestro e amore inscalfibile della sua vita nonostante tutto – nonostante non sia riuscito ad onorare la loro più viva creazione – sosteneva che Camille fosse innanzitutto uno stupefacente mix olfattivo: essenze che sia la scrittura della Maraini che l’interpretazione della D’Abbraccio rendono pervasivamente. “Le ho mostrato l’oro, ma l’oro che trova è tutto suo”- scrisse di lei, a (parziale) dimostrazione di quanto Camille fosse un autentico talento, un’esplosione di originalità.

Mariangela D’Abbraccio

Sinesteticamente sono gli occhi della D’Abbraccio a veicolare tutta la fragranza di questo oro: sono lampi olfattivi. Perché solo “gli occhi innamorati sanno fermare la luce!”.

E che brio commosso la sua restituzione, con quelle mani capaci di scolpire nell’aria tensioni. 

E poi quell’intimo tremito, che sa farsi autentico riso nervoso, per epilogare in ossessive e quasi impercettibili contrazioni. 

Camille Claudel davanti alla sua statua del Perseo (1898 ca)

Una restituzione davvero ricca in meraviglia, quella che ieri sera si è incisa nei sensi dello spettatore, tornando a puntare l’attenzione sulla bellezza del genio di Camille Claudel. Un genio la cui umanità continuò a brillare anche una volta privata della libertà, del cibo e dei più elementari conforti.

Una donna, la cui testimonianza, va portata sempre con noi.

Mariangela D’Abbraccio


Il progetto prosegue questa sera con il racconto di Sandra Petrignani su Marie Curie, interpretato da Manuela Kustermann.



Recensione di Sonia Remoli