Recensione dello spettacolo EVA: GUIDA ESISTENZIALE X DONNE CONSAPEVOLI – tratto da “Il diario di Adamo ed Eva” di Mark Twain – adattamento e regia Alessio Pinto –

TEATRO TOR BELLA MONACA, 12 Settembre 2024 –

In un lussureggiante eden naif (le scene e i costumi sono curate da Loredana Labellarte) nasce la Eva di Alessio Pinto. La incarna una Dafne Barbieri meravigliosamente meravigliata, feconda in musicalità e in colori espressivi.

E’ un’ Eva spumeggiante, morbidamente primitiva, acutamente ingenua e quindi destinata a divenire decisamente molto consapevole. Molto più della Eva di Mark Twain

Il suo è il raggiungimento della consapevolezza di essere una donna dotata non solo di un’intelligenza di tipo razionale ma anche di un’intelligenza emotiva. 

Totalmente sua la narrazione dalla quale non è mai assente il suo Adamo, amato così come è, così come creato: con la sua pigrizia fisica, mentale ed emotiva. E lei è consapevole di non poter fare a meno di avere per lui una predilezione rispetto ad ogni essere del creato. 

Dafne Barbieri

Per convincerlo ad interessarsi di lei, ha scoperto l’arte della seduzione: un uso del suo corpo che inizia ad andare oltre l’esplorazione conoscitiva, oltre la capacità motoria di flettersi, di ondularsi, di rompere i piani, di correre e scattare. E con il corpo anche la sua voce inizia a rendersi duttile a plasmarsi in toni, colori, ritmi sempre più fascinosi. E poi anche gli occhi iniziano a guardare con altre intenzioni ”conoscitive”. E la Barbieri è sapientemente generosa nel dare vita a tutte queste scoperte seduttive. 

Ma Adamo non entra nel grande gioco della relazione: lui scappa. Teme da matti Eva perché è diversa da lui: troppo. Lui è abituato a considerare “buone” cose simili a lui: indifferenti e – soprattutto – utili. 

E anche la Eva di Alessio Pinto – come quella di Mark Twain – si modella per ridimensionarsi alle pretese sminuenti di Adamo: evita che lui si senta in imbarazzo per la sua perspicacia, come quella del saper entusiasticamente dare un nome alle cose. Non smette di farlo, no. Ma trova anche qui un modo per nominare le cose senza farlo sentire in difficoltà, in difetto. Quasi fosse suo il merito.

Le Partenze Intelligenti

Nei momenti più deludenti va allo stagno per verificare cosa sta succedendo dentro se stessa: se ciò che sta facendo vivifica o mortifica la sua natura. E scopre che l’uomo non è “un esperimento”, come lei. E che questo significa che l’uomo ha bisogno di essere assecondato: come se specchiandosi nello stagno volesse vedere due immagini riflesse. 

Ma a lei questo non basta: non è in lui, né solo in lui, che si realizza la sua consapevolezza a vivere momenti di felicità, di momentanea realizzazione. 

La Eva di Alessio Pinto allora inizia ad assumere la consapevolezza che essere servile non la fa stare bene come quando dà linfa invece al cervello: a sue idee personali.  A lei piace sposarsi con la filosofia perché è l’essere grata del suo slancio vitale – guidato da una costante meraviglia – che la conduce ad impazzire di curiosità di sapere. E quindi a sperimentare instancabilmente, fino al raggiungimento della prova che dimostrerà la sua teoria. Ne trae un piacere così profondo, che teme il giorno in cui finiranno le cose da scoprire: allora resterà priva del suo irresistibile piacere. 

Ma oltre ad inaugurare il metodo scientifico e la filosofia, Eva scopre anche le regole del desiderare: che è preferibile non avere troppa fretta nel conoscere tutto. Perché solo un’attesa, e quindi un senso di mancanza, può mantenere vivo più a lungo il suo piacere . 

Alessio Pinto

E la Eva di Alessio Pinto fa un passo in più: scopre e inaugura il piacere eterno. La consapevolezza cioè di lasciare tracce di sé nelle future donne amanti del sapere.

Perché Eva è – e resterà – il simbolo della capacità ad entrare in relazione: non è un caso che ami tanto parlare. Infatti raccontare, confrontarsi – e quindi contaminare e contaminarsi dei semi dell’ Altro – rende “eterni”. 

Ed è così – con il piacere di conoscere (e quindi di “rubare”, ovvero di “sottrarre” all’indifferenza) il bello della conoscenza – che lei sublima, ad esempio, la sua consapevole tendenza a voler “rubare” cose belle come la Luna. Di giorno no, ma di notte lo farebbe senza paura. Ma di Luna ce n’è una sola; e ancora una volta sarà il piacere della condivisione a farla desistere a “rubarla”.

E poi Eva scopre la morte, assistendo un porcellino in fin di vita. E è da lui che impara la dignità dell’ accogliere la morte. E di godere del suo arrivo.

Perché morire può significare non solo ritornare polvere ma anche lasciare scie luminose per chi ci ha conosciuti e amati e per chi, grazie a queste tracce luminose che resteranno di noi, ci conoscerà in futuro, portando avanti il piacere del meravigliarsi. 

Proprio come fanno le stelle: Eva con i suoi esperimenti era arrivata alla teoria – non ancora confermata – che si sciogliessero completamente morendo. Ma, grazie anche a lei, ci fu chi andò avanti nel piacere di sapere e scoprì che le stelle morte non smettono di essere luminose.

Come la Eva, incarnata nella Dafne Barbieri di Alessio Pinto, continua a ricordarci. 

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Rassegna UILT Lazio “Libero Teatro in un Teatro Libero”

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Recensione di Sonia Remoli