AL VELIA TEATRO FESTIVAL in scena l’Iliade con Gianluigi Tosto – Medea e Clitemnestra con Angela Malfitano

ACROPOLI DEL PARCO ARCHEOLOGICO DI ELEA – VELIA

VeliaTeatro al Parco Archeologico di Elea-Velia 

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La XXVIII edizione della rassegna sull’espressione tragica e comica del Teatro Antico organizzata da Cilento Arte ETS torna sull’antica Acropoli di Elea-Velia con due eventi particolarmente rappresentativi dello spirito che anima il festival fin dalle sue origini, attento alla filologia ma aperto alle rivisitazioni proposte dai contemporanei.

Sabato 2 agosto sarà in scena Iliade” di Omero nella appassionante interpretazione di Gianluigi Tosto: una performance capace di rievocare la musicalità e la forza degli antichi aedi, dando corpo, ritmo e voce ai versi omerici, nella storica traduzione di Vincenzo Monti.

Mercoledì 20 agosto, sarà la volta di “Medea e Clitennestra”, tratto da testi di Dario FoFranca Rame Marguerite Yourcenar, e proposto da Angela Malfitanodue figure che la mitologia greca ha fissato nel tempo, alimentando la storia e le varie epoche di sempre nuove interpretazioni, analogie e confronti, rilette da grandi autori del’900. 

L’iniziativa è promossa dalla Regione Campania attraverso Scabec – Società Campana Beni Culturali e finanziata su Fondi di Coesione Italia 21–27, nell’ambito delle azioni di valorizzazione del patrimonio Unesco e Itinerari Culturali della Campania 2025.

Sabato 2 agosto ore 21.00

OMEROILIADE con GIANLUIGI TOSTO

Nell’Iliade i sentimenti non conoscono mezze misure e da tale integrità scaturisce la struttura netta, decisa, a tinte forti, della narrazione. L’ira di Achille, la superbia e l’arroganza di Agamennone, la celebrazione della potenza dell’esercito greco nel celebre catalogo delle navi, la cruenza delle battaglie, lo slancio giovanile di Patroclo, l’eroismo di Ettore, il dolore di Priamo: tutto assume dimensioni epiche e un sapore ancestrale, quasi primitivo, ogni situazione esprime un sentimento nella sua totalità. La voce dell’attore incarna di volta in volta il punto di vista più oggettivo del narratore o i punti di vista più emotivamente sentiti di alcuni dei personaggi coinvolti nella vicenda. Sullo sfondo delle battaglie raccontate da Omero, necessariamente ridotte nella loro ampia articolazione, si è voluto porre in primo piano soprattutto questi grandi sentimenti dei personaggi umani, le loro virtù e le loro debolezze, le loro passioni e le loro sofferenze che, ancora oggi, dopo migliaia d’anni toccano con le loro corde gli animi di tutti noi. Quanto agli strumenti, il suono di guerra del djembé accompagna la lite fra Achille e Agamennone o l’esibizione di forza dei Greci nel catalogo delle navi; delle mazze di ferro ritmano le cruente battaglie fra i due eserciti; il gong annuncia l’intervento sempre decisivo degli dèi; i campanellini indiani fanno emergere dal mare Teti, la madre di Achille, e la innalzano in cielo al cospetto di Giove; la ciotola tibetana evoca il sogno di Agamennone o celebra le esequie funebri di Ettore. La traduzione utilizzata è, di base, quella di Vincenzo Monti che, rispolverata dalla patina scolastica, si è rivelata la più evocativa e la più adatta a lasciare emergere l’andamento lirico e musicale dell’opera, senza nulla togliere alla concretezza e allo spessore emotivo dei sentimenti espressi. Ma Tosto ha voluto alternare, per variare il linguaggio e i ritmi, anche altre traduzioni, quale quella del Romagnoli, o altre più moderne come quelle di Calzecchi Onesti e di Giammarco.

Mercoledì 20 agosto ore 21.00

MEDEA E CLITENNESTRA da Dario Fo, Franca Rame Marguerite Yourcenar.

Uno spettacolo di Angela Malfitano

Medea è un monologo che la stessa Franca Rame ha allestito per Angela Malfitano. La composizione si rifà alla commedia dell’arte e alla tradizione dei “maggi” umbro-toscani. La lingua è quella che Dario Fo ha lasciato alla storia del teatro: un gramelot umbro-laziale e rinascimentale con il quale Medea vive la sua presa di coscienza. Si confronta con le donne di Corinto e rivendica giustizia per sè, straniera e ripudiata dal marito Giasone come madre e moglie.

Clitennestra, la mitica regina di Micene, moglie di Agamennone si presenta davanti a un’immaginaria corte di giudizio dopo aver ucciso il marito e l’amante di lui Cassandra. La rilettura di Marguerite Yourcenar della vicenda ci restituisce una donna forte e innamorata con tutte le sue ragioni e i suoi dolori. Una scrittura lucida per un’anima che scava in se stessa e in chi la sta a guardare, audace e schietta, senza sconti.

«Ho cercato di restituire una figura di stupore doloroso e di innocenza. Di ironia e candore macchiate da tinte grottesche. – spiega la stessa Malfitano – La regina Clitennestra si trasforma da barbona di strada ad eroina tragica. La guitta che recita stancamente la sua parte trasforma le sue iniziali leggerezze in parole pesanti. Racconta del tempo dell’abbandono prima, dell’amore per Egisto poi, e infine del ritorno dalla guerra di Troia di un eroe stanco, di un dio caduto: Agamennone.»

BIGLIETTERIA

Acropoli di Elea-Velia – Biglietto posto unico € 15,00 

acquistabile alla biglietteria del parco archeologico di elea-velia (capienza massima posti nr. 120) 

o su Vivaticket.com

I biglietti saranno venduti fino ad esaurimento posti.

Trasporto gratuito del pubblico a/r in navetta ed in partenza dal piazzale antistante il parcheggio del parco archeologico elea-velia dalle ore 19,30 – ultima corsa partenza ore 20,45. I biglietti 

www.veliateatro.it

Ufficio stampa

Marzia Spanu

+39 3356947068

info@marziaspanu.com

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VELIA TEATRO FESTIVAL

XXVIII edizione

27 luglio / 15 settembre 2025

Arena Zenone Fondazione Alario per Elea-Velia – Ascea Marina (Sa)

Domenica 27 Luglio ore 21

Aristofane – “I Cavalieri”

adattamento e regia di Cinzia Maccagnano

con Cinzia Maccagnano, Luna MarongiuRaffaele Gangale, Cristina Putignano, Marta Cirello, Andrea Maiorca, Maria Chiara Pellitteri

Assistente regia Guido Bison / musiche Lucrezio de Seta e autori vari /costumi Monica Mancini / maschere Luna Marongiu / scene Linda Passi

I Cavalieri di Aristofane, commedia rappresentata nel 424 a. C. è una feroce critica alla classe politica ateniese e alla sua degenerazione demagogica. Durante la guerra del Peloponneso, Atene è governata da un demagogo arrogante e vigliacco che asseconda i peggiori istinti e la credulità del popolo. Liberare il paese da questo individuo è il fulcro su cui è costruita la vicenda e il compito assegnato all’azione comica. Ma per scalzare un farabutto ne serve uno peggiore.

La Bottega del Pane, dopo il successo ottenuto Le Rane e Gli uccelli, riporta in scena la commedia aristofanesca. Rappresentare I cavalieri è una scelta di grande attualità: molti secoli sono passati ma i metodi usati dai demagoghi per infiltrarsi nelle crepe della democrazia e arrivare al potere sono sempre gli stessi.

L’allestimento, affidato alla regia di Cinzia Maccagnano, sceglie un taglio surreale e una comicità marcata: le situazioni, i ritmi serrati dei dialoghi, il gioco precisissimo del movimento dei personaggi/attori, con e senza maschera; e un coro di cavalieri-fantocci di un circo sgangherato, rivelano una società (e un’umanità) passata e presente, appesa a dei fili sottili, rappresentando gli scontri e tutti i livelli di demagogia che l’autore vuole “smascherare” nella sua commedia.

Lunedì 4 Agosto ore 21 – ingresso gratuito

Serata finanziata dall’Ente Comune di Montecorice

Un ramo d’oro, speranza di futuro

Lectio brevis di Antonella Prenner

(Docente di Lingua e Letteratura Latina, Università degli studi di Cassino e del Lazio meridionale)

a seguire: da Publio Virgilio Marone

Concerto dal Vl libro dell’Eneide

Con Matteo Belli 

Musiche originali dPaolo Vivaldi

Al Pianoforte: Paolo Vivaldi / Al Violino: Teresa Ceccato / Al Violoncello: Claudia Della Gatta / Costumi: Elena Nenè Barini / Regia: Matteo Belli

Una Compagnia di artisti girovaghi, capitanati da un ambiguo capocomico dai modi grotteschi inscena, nel perimetro di una simbolica e fatiscente “zattera della medusa”, il racconto della discesa agli Inferi di Enea, del percorso conoscitivo che lo porta, durante il progressivo disvelamento apocalittico dei misteri dell’Ade pagano, alla profonda intimità del colloquio con il ritrovato padre Anchise.

Una lettura che, prediligendo un taglio narrativo di massima sobrietà, cerca di cogliere l’autonoma organicità dell’episodio in questione rispetto alla complessità dell’opera intera, in una traduzione rispettosa della lettera ed estremamente attuale per lo spettatore moderno, che mai dimentica l’incedere del verso di Virgilio, a partire dalla dinamica sonorità suggerita dall’energico incalzare dell’esametro epico.
La dimensione musicale, concertistica, potentemente evocativa, diviene quindi il lungo ma sicuro filo di Arianna che restituisce vigore espressivo e compattezza strutturale alle centinaia di versi, in un continuo e variegato gioco sinfonico tra gli interpreti, ove la musica amplifica a più voci la latitudine armonica della partitura poetica, interpretata dall’attore nella dizione a memoria di un agire scenico non dimentico di un’antica e responsabile prassi fabulatoria, tuttavia assoluta.

Arena Zenone Fondazione Alario per Elea-Velia – Ascea Marina (Sa)

Martedì 5 Agosto ore 21

“I Greci, l’ipotesi e il dubbio”

con Emanuele Stolfi (Ordinario di Diritto Romano e Diritti dell’Antichità, Università di Siena)

Reading di Gianluigi Tosto

Nell’Atene del tardo V secolo a.C. irrompe una razionalità nuova, che alla ricerca del ‘vero’ affianca o sovrappone ricerche condotte su segni, indizi, prove. Questa logica non può fornire certezze, ma si esprime tramite approssimazioni, alimenta congetture e previsioni. Procede valutando verosimiglianze e probabilità, adeguatezza delle congetture e possibili dubbi. Dal teatro tragico alla teoria e prassi retorica – soprattutto in campo giudiziario –, dalla filosofia alla storiografia e alla medicina, è un’intera cultura che negli stessi decenni affina simili forme d’intelligenza, delinea modelli destinati a lunghissima fortuna. Lo spettacolo ne ripercorrerà l’emersione nei vari ambiti, intersecando il racconto di quelle vicende (Emanuele Stolfi) con la recitazione (Gianluigi Tosto) dei brani più significativi, tratti da Sofocle, Antifonte, Erodoto, Tucidide e Ippocrate.

Arena Zenone Fondazione Alario per Elea-Velia – Ascea Marina (Sa)

Mercoledì 6 agosto ore 21 – Prima Nazionale

Tito Lucrezio Caro – DE RERUM NATURA – La natura delle cose “

Con Gianluigi Tosto

I versi del sublime Lucrezio periranno solo quando tutta la terra sarà distrutta”, ebbe a dire Ovidio già nel primo secolo avanti Cristo. In effetti, i versi del grande poeta latino sono e sempre saranno di una attualità sconvolgente. Da sempre l’uomo deve fare i conti con i propri limiti, insiti nella sua finitezza, ma soprattutto nella forza dirompente e misteriosa della natura che ci porta a soffrire in modo irrazionale e indecifrabile, come saprà raccontare, in epoche più recenti, Giacomo Leopardi. Il rapporto dell’uomo con entità a lui superiori, che sfuggono al suo controllo, è nella stessa essenza dell’essere umano, che si interroga dai tempi più antichi da dove proviene e dove finirà, una volta terminata la vita su questo pianeta. Lucrezio prova a dare, nella Roma antica, una risposta non banale, lontana dell’ipocrisia delle convenzioni sociali, per cercare una soluzione al continuo malessere dell’uomo, alla sua incapacità di stare al mondo. 

Il “De Rerum Natura” è un’opera completa, un’opera poetica ma al tempo stesso filosofica, intrisa di amore per la conoscenza, nella quale Lucrezio si fa portavoce delle teorie epicuree riguardo alla natura e al ruolo dell’uomo in un universo atomistico e materialistico. Ma è anche, in un certo senso, il primo libro di divulgazione scientifica della storia. Le teorie riportate da Lucrezio nel suo poema erano teorie rivoluzionarie che solo in epoca moderna sono diventate paradigmatiche, e bisognerà aspettare Einstein per poter dimostrare, calcoli alla mano, l’esistenza degli atomi a chi ancora dubitava. Le anticipazioni del grande poeta latino hanno ispirato gli scienziati e i filosofi di ogni epoca. Lucrezio, nel suo poema, ci invita a cogliere l’unicità delle nostre esistenze, che nella loro caducità, nel loro dolore, meritano di essere pienamente godute senza fermarci a banali interpretazioni che non ci permettono di giungere a quella felicità intangibile di cui tanto abbiamo bisogno per non vivere le nostre esistenze in modo buio, opaco. 

Nonostante (o forse addirittura proprio grazie a) la critica feroce al ruolo della religione nella società umana, leggere Lucrezio significa vivere una grande esperienza spirituale perché, grazie al De rerum natura, riscoperto nel 1417, dopo più di un millennio di oscurità, nell’abbazia di San Gallo, dal grande umanista Poggio Bracciolini, impariamo a pensarci in costante relazione con l’universo di cui facciamo parte, legati gli uni agli altri da catene invisibili ma profonde e indissolubili, e attraversiamo nelle sue pagine una profonda avventura della mente e del cuore. 

Arena Zenone Fondazione Alario per Elea-Velia – Ascea Marina (Sa)

Sabato 9 Agosto ore 21

Menandro Epitrepontes – L’arbitrato”

La risoluzione della contesa

con Alessandra Cavallari, Rosa Ferraiolo, Gabriele Giusti, Gianluca Rossetti, Roberto Zorzut, Regia Roberto Zorzut / aiuto Regia  Francesca Verrelli / Coreografie: Michèle Sigillo / Musiche e Canto: Maria Piazza, Piero Brega, Marco Abbondanzieri / Maschere: Emanuele D’Andrea, Roberta Gentili, Roberto Zorzut / Scene: Renato Mambor, Roberta Gentili / Luci: Roberto Zorzut 

 “L’arbitrato” è una commedia brillante e intrigante che si svolge nell’antica Atene, che esplora temi universali come l’amore, la giustizia e le astuzie della vita quotidiana. Al centro della vicenda c’è una diatriba tra due litiganti, entrambi desiderosi di risolvere una questione spinosa riguardante una giovane donna. La commedia si sviluppa attraverso una serie di malintesi e colpi di scena, mentre il personaggio dell’arbitro si trova a dover gestire una situazione sempre più complessa e divertente. Un sapiente intreccio di dialoghi arguti e situazioni comiche tiene il pubblico con il fiato sospeso, invitandolo a riflettere sulla natura delle relazioni umane e sulle strade tortuose che possono condurre all’amore e alla comprensione. La modernità di Menandro, commediografo ateniese e maestro più di vita quotidiana che di scena del III sec. a.C. sta in questo: riuscire a portare sulla scena drammi che affliggono da sempre l’umanità in una società essenzialmente patriarcale, che dunque, a seconda delle epoche, li sottovaluta o meno. Menandro, pur conoscendo benissimo la condizione della donna nella Grecia del suo tempo, non tralascia l’occasione di trattare il tema anche in un momento di evasione, che il teatro da sempre rappresenta. “L’arbitrato” è un’opera che combina ironia e filosofia, un’ode alla sarcastica bellezza dell’umanità. Fondamentale l’uso delle maschere che si rifanno ai modelli originali ritrovati nella necropoli di Lipari. A loro spetta il ruolo di creare l’imprevisto effetto comico dovuto alla loro complementarietà rispetto alla parola, cioè di mettere in una prospettiva critica, con effetto parodistico, ciò che il personaggio dice. Proponiamo uno spettacolo teatrale che non vuole essere la rappresentazione di un reperto “archeologico”, ma che sa divertire mantenendosi attuale e contemporaneo nelle tematiche. Uno spettacolo dove l’attore “anima” la maschera, le dà un’esistenza surrogatoria ma reale, gestendo nel rito teatrale l’anima del personaggio. Venite a scoprire chi avrà la meglio in questo divertente duello di astuzia! 

Arena Zenone Fondazione Alario per Elea-Velia – Ascea Marina (Sa)

Lunedì 18 Agosto ore 21

L’UOMO MIGLIOREIl Sogno di Achille e Patroclo

di Alberto Bassetti

con Andrea Nicolini e Davide Lorino con l’amichevole partecipazione in voce di Laura Lattuada e con un ricordo in voce di Sebastiano Lo Monaco. Regia di Tommaso Garré / luci Giuseppe Filipponio / musiche originali Dario Arcidiacono / scene e costumi Laura Giannisi / assistente di produzione Massimiliano Nicodemo / una produzione Compagnia Zerkalo

La vicenda immortale di Patroclo e Achille, rivisitata in preziose interpretazioni che vanno da Pasolini a Morante, da Anouilh a Cocteau, solo per citarne alcuni, prende in questa versione, quasi brechtianamente, nuova linfa e attualità. Essa mette in scena due scalpellini che si trovano a dover realizzare la lapide di Patroclo, da affiancare a quella del suo amato Achille. È il popolo, dunque, che sale alla ribalta: un coro tragico che diviene protagonista e veicolo delle varie voci di una guerra insensata; il senso più profondo, che muove lo scalpello sul marmo nell’accostare i due nomi, è sì nell’unione e nell’amore smodato, ma anche nella laceranti differenze: chi è l’Uomo Migliore degli Achei (ariston acaion) ? Colui che ricerca la gloria nella “armonia che di mille secoli vince il silenzio, usando i memorabili versi dei Sepolcri di Foscolo? Oppure l’uomo che depone le proprie speranze in una vita serena nel calore rassicurante degli affetti, ascoltando attorno al falò la canzone di chi più ama? Da questo presupposto parte l’originale versione di Alberto Bassetti, che prende le mosse primariamente da “La Canzone di Achille” di Madeline Miller e dallo studio delle opere di Eva Cantarella, così come dalle scritture classiche. Bassetti, dopo il successo di Edipo in Compagnia (anno 2014), e di Phaedra (anno 2016), completa un trittico di opere sul mito classico, coadiuvato da Tommaso Garré al suo debutto come regista che, formatosi artisticamente all’Inda di Siracusa e cresciuto nella compagnia di Sebastiano Lo Monaco, nel mito classico è nato. Lo spettacolo si pone dunque come profonda riflessione sul tema della ‘vita preferibile’, nonché su quello dell’amore nelle sue diverse sfaccettature e modalità, valore prezioso e mai discriminante, imprescindibile anche oltre la morte : perfino in essa, infatti, si può scegliere se accompagnarvisi, perché esso non si riduce ai vivi.

Nell’oscurità, due ombre si avvicinano attraverso il crepuscolo fitto e senza speranza. Le loro mani s’incontrano e la luce si riversa inondando ogni cosa, come cento urne d’oro che, aperte, fanno uscire il sole. (Madeline Miller, La Canzone di Achille)

La musica – I drammaturghi greci chiamavano “parakataloghè” la funzione della musica nel loro teatro: una sorta di “catalogo parallelo” di tutte le emozioni che scaturivano dal testo recitato. La musica era lo specchio e il doppio della parola ed era dotata del potere di sostenerla ed enfatizzarla, fino a trasformarla in melos. Quell’antica potenza creativa è la stessa nel Teatro di oggi; come echi irresistibili che provengono dalle profondità del mare primordiale dei racconti epici, la parola e gli oggetti del Mito ci inducono anche oggi a partecipare al gioco del travestimento, all’eterna metamorfosi dell’attore e dei suoi personaggi. La parola del Mito può scambiare i ruoli e gli oggetti: Patroclo sarà anche la cetra di Achille; Achille sarà anche la corazza di Patroclo. Parole e oggetti del Mito generano anche echi e risonanze sonore che riverberano nelle nostre emozioni: una “reverie” ad occhi aperti che scatena l’immaginazione e ci rende partecipi del mondo sonoro dei personaggi. I suoni ipnotici e violenti di Madre Natura, la corazza, la cetra, la voce della Madre Teti diverranno simboli della nostra trasformazione interiore, a patto che ci si decida a immergersi fiduciosi nelle acque purificatrici del mito. Conosceremo così, come i due semplici scalpellini, il mondo tragico degli eroi, magari col segreto desiderio di appartenervi. Nel gioco effimero di una rappresentazione teatrale, auguriamoci di riconoscere i simboli di un’ antica e profonda Sophia che non smette di stupirci, nello stupore dei bagliori chiarificatori di una corazza che, mentre ci illustra l’Areté degli Aristoi , ci rivela a noi stessi. [Dario Arcidiacono]

Castello Talamo-Atenolfi – Castelnuovo Cilento (Sa)

6 Settembre 2025 ore 20,45 – ingresso gratuito

In collaborazione con Ente Comune di Castelnuovo CilentoPro-Loco Castelnuovo Cilento, patrocinio morale del FAI (Fondo Ambiente Italiano)

Platone “Apologia di Socrate” 

con Christian Poggioni

Regia di Christian Poggioni / Musiche di Adriano Sangineto / Costume Stefania Parisini O’ Brien

Perché un pensiero cambi il mondo,

bisogna che cambi prima la vita di colui che lo esprime.

Che cambi in esempio. (A. Camus)

L’evento cui si riferisce l’Apologia è l’autodifesa che Socrate pronunciò davanti ai giudici di Atene nel 399 a.C. Platone ne fu testimone oculare. Socrate, vittima di una congiura politica, è accusato di empietà e di corrompere i giovani. Per questo è condannato a morte, ma al termine del processo porge ai propri accusatori un ultimo, fondamentale messaggio: “Se credete, col condannare a morte uomini, di impedire a qualcuno di rimproverarvi perché non vivete in modo retto, voi non pensate bene; a un uomo giusto, infatti, non può capitare nessun male, né in vita né in morte.” È questo di Platone il dialogo politico per eccellenza, che vede di fronte un uomo e la sua comunità nel drammatico confronto sul senso di vivere personale e politico. La riduzione drammaturgica rispetta l’originalità del testo platonico e la messa in scena mira ad una comunicazione immediata e coinvolgente, affinché risuonino vivi e attuali il pensiero e la vita di Socrate così come la testimonianza diretta di Platone ce li tramanda. La rappresentazione ruota attorno al dialogo tra Socrate, i suoi accusatori e i 500 giudici della polis che, nello spettacolo, prendono simbolicamente vita grazie alla presenza del pubblico stesso. L’Apologia, i cui toni drammatici sono costantemente stemperati dall’inesauribile ironia del filosofo ateniese, ripropone al pubblico contemporaneo lo stile della dialettica socratica, strumento indispensabile per la ricerca della conoscenza e la definizione dei valori. Il rapporto tra Socrate, i suoi accusatori e i giudici ateniesi, crea un contrasto drammatico col pubblico, direttamente chiamato in causa dalle domande e dalle provocazioni del maestro, le cui parole risuonano attuali qui e oggi non meno che nell’aria corrotta dell’Atene di allora. La nostra Atene ha oggi un suo Socrate da ascoltare?

Antiquarium di Palinuro (Sa)

9 Settembre ore 20,45

Un ramo d’oro, speranza di futuro

Lectio brevis di Antonella Prenner

(Docente di Lingua e Letteratura Latina, Università degli studi di Cassino e del Lazio meridionale)

a seguire: da Publio Virgilio Marone

Concerto dal Vl libro dell’Eneide

Con Matteo Belli 

Musiche originali dPaolo Vivaldi

Al Pianoforte: Paolo Vivaldi / Al Violino: Teresa Ceccato / Al Violoncello: Claudia Della Gatta / Costumi: Elena Nenè Barini / Regia: Matteo Belli

Antiquarium di Palinuro (Sa)

15 Settembre ore 20,45

L’enciclopedia omerica. La voce, il viaggio, le astuzie

Lectio brevis di Emanuele Stolfi (Ordinario di Diritto Romano e Diritti dell’antichità – Università di Siena)

a seguire: Omero

Odissea con Gianluigi Tosto

La struttura narrativa dell’Odissea è molto più varia e articolata di quella dell’Iliade e ben diversi sono i toni e le atmosfere che si incontrano seguendo Ulisse nelle sue lunghe peregrinazioni. I suoni e i clamori della guerra di Troia e dei grandi duelli fra eroi lasciano il posto alla malinconia e alla nostalgia della patria, alla delicatezza dell’incontro con Nausicaa, alla festosità dell’accoglienza dei Feaci, al pianto per il racconto di Demodoco, allo stupore, la meraviglia e il terrore degli incontri con Polifemo, Circe, il Regno dei Morti, le Sirene, Eolo, fino alla determinazione nell’affrontare i Proci e alla commozione del riconoscimento con Telemaco e Penelope. Gli episodi e i personaggi dell’Odissea appartengono alla nostra cultura da sempre e sono delle pietre miliari nella formazione del nostro immaginario. Moderna e attuale è la figura di Ulisse, e lì dove nell’Iliade predominava l’azione brutale e istintiva, senza ripensamenti, degli eroi sul campo di battaglia, nell’Odissea prevale il pensiero, il ragionamento, il calcolo del suo protagonista che prelude comunque sempre ad una azione efficace e ben meditata. Più intimo dunque è il tono narrativo, più rivolto verso una interiorità di Ulisse, tanto più che molti degli avvenimenti sono narrati attraverso il filtro della sua stessa memoria. E molto maggiore, rispetto all’Iliade, è il numero di strumenti utilizzati per evocare e narrare la multiformità delle situazioni e delle emozioni che costituiscono questo poema. Si va dal tamburo del mare, che non poteva certo mancare in questa storia, alla zanza africana che diventa la cetra di Demodoco, dal tamburello, che ritma la festa dei Feaci, al magico suono dei chimes che raccontano l’atmosfera dell’isola di Circe, dai campanacci di ferro e di bronzo che accolgono l’arrivo di Ulisse a Itaca ai più moderni ma non meno evocativi spring drums che lo accompagnano nel Regno dei Morti, nell’isola delle Sirene e da Eolo. La traduzione utilizzata è quella di Mario Giammarco, di grande comprensibilità, che pur essendo tra le più recenti, riesce a restituire l’atmosfera di un passato arcaico e la magia di un mondo che miscela la realtà dei fatti con l’oniricità della dimensione interiore di chi li vive.

www.veliateatro.it

Ufficio stampa 

Marzia spanu 

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