Narra di come in quel che resta di un manicomio (con tre malati, due infermieri e un direttore sanitario, ai margini della vita e della Seconda Guerra Mondiale) la quotidianità riesca ad avere il sapore di un’avventura: quella dell’immaginifica navigazione di un equipaggio che sa vivere di attese e di desideri infiniti. In primis l’attesa dell’arrivo della neve.
Uno spettacolo che ha il merito di presentare la follia non tanto come un insieme di comportamenti che deviano dalla “norma”, quanto piuttosto come comportamenti che sanno rivelarci qualcosa di “vero” sull’essere umano. Cosa significhi essere “liberi”. Cosa significhi “amare” davvero, al di là degli stereotipi. Come possa essere straordinariamente terapeutica una carezza. Come “il divino”, il “genio”, si manifesti inaspettatamente attraverso la musica e la danza.
Perché tutti noi sappiamo ciò che siamo ma non ciò che potremo essere.
E quando finalmente la neve arriva, “la neve pesa e in testa fa male”: tutti sentono che è arrivato il momento di “lasciar andare la fune che unisce alla riva”. Di lasciar andare il destino. Di lasciare che tutto fluisca. “La salvezza non si controlla. Vince chi molla”. Un nuovo viaggio si palesa. O si lascia immaginare.
Il testo e la regia dello spettacolo sono di Antonio Grosso, acuto osservatore stregato dai piccoli microcosmi dell’esistere, che è presente anche in scena nel ruolo di Francesco, uno dei due infermieri.
Antonio Grosso
Tutti gli attori danno prova di una recitazione che rifugge dai facili eccessi. Una recitazione semplice e naturale, che imprime una meravigliosa dolcezza al gesto. Non passa inosservata l’affascinante mimèsi di Gioele Rotini: folle, in ogni vibrazione del corpo e dello sguardo.
LO SPETTACOLO SARA’ IN SCENA FINO AL 27 NOVEMBRE AL TEATRO DE’ SERVI
Intermittenze del cuore: così Pier Paolo Pasolini amava definire le canzoni.
Lo conosciamo come poeta, innanzi tutto, ma la sua vastità d’interessi lo portò ad essere anche romanziere, saggista, regista cinematografico, autore teatrale, sceneggiatore, pittore. E poi c’è la musica. Pasolini suonava il violino ed ebbe un periodo di infatuazione totalizzante per la musica, in Friuli, mentre infuriava la Seconda Guerra Mondiale. Era ossessionato da Johann Sebastian Bach, nella cui musica trovava il punto di congiunzione tra i due poli di una dialettica della passione, opposti e contraddittori ma sempre in relazione. Sarà poi negli anni Sessanta, ormai cittadino di Roma, a dedicarsi alla scrittura di testi per canzoni: quelle che lui definisce “poesia folclorica” e che raccoglie nella poderosa antologia della poesia popolare “Canzoniere italiano” . Ma è solo l’inizio di un lungo percorso di collaborazioni e di esplorazioni musicali.
In occasione dei 100 anni dalla nascita, dopo i debutti a Casarsa e a New York, dal 21 al 24 Aprile il Teatro Vascello offre la possibilità di rivivere la magia delle “intermittenze del cuore” pasoliniane attraverso lo spettacolo-concerto “Le canzoni di Pasolini”: quattordici pezzi arrangiati dal Maestro Roberto Marino e interpretati a tutto tondo da Aisha Cerami e da Nuccio Siano, che ne firma anche la regia.
Le appassionanti e appassionate voci dei due protagonisti, sono accompagnate dal Maestro Roberto Marino al pianoforte, da Andrea Colocci al contrabbasso e da Salvatore Zambataro alla fisarmonica e al clarinetto. Sul fondale, la video proiezione, realizzata dal regista cinematografico Daniele Coluccini, fa scorrere preziose immagini di archivio che raccontano la vita di Pasolini.
La figlia del grande scrittore e sceneggiatore Vincenzo Cerami, amico di Pasolini e divulgatore delle sue opere, definisce questi brani “vere e proprie storie: “cantare Pasolini significa interpretare dei ruoli”. In queste serate i ruoli che lei interpreta sono quelli di prostitute: donne di strada ma ribelli e forti. “Tecnicamente queste canzoni sono una sfida – continua l’interprete – prevedono pathos e delicatezza. Essendo canzoni-personaggio occorre lavorare molto sui cambi di registro”. Nel caso del “Valzer della toppa” il tono trasmette tutta la forte energia vitale del mondo di borgata:
“Me so’ fatta un quartino | m’ha dato alla testa, | ammazza che toppa!… An vedi le foce! | An vedi la luna! | An vedi le case!… Me so’ presa la toppa | e mò so’ felice!”.
Ne la “Ballata del suicidio”, invece, la vitalità e l’energia del mondo di borgata sono ormai soppresse e la voce della donna è schiacciata e rassegnata, incapace di reagire alla durezza della vita e al mutamento che investe e cancella il suo mondo.
Ad aprire lo spettacolo la voce del poeta nei versi della sua “Meditazione orale” sulle note di Ennio Morricone, in un’incisione del 1970 realizzata da Roma Capitale. Poi, l’avvio dello snodarsi della selezione dei brani, a testimonianza del profondo rapporto di Pasolini con la musica. Canzoni scritte per il cinema, canzonette scritte per puro piacere, poesie messe in musica. Alcuni brani sono molto famosi come i titoli di testa del film”Uccellacci e uccellini”, interpretati dalla voce di Domenico Modugno, così come il brano “Che cosa sono le nuvole?” . Tutti portano la firma di grandi musicisti: da Morricone, Hadjidakis e Umiliani a Endrigo, Modugno e De Carolis.
L’interpretazione e gli arrangiamenti dei quattordici brani (tra cui cinque inediti del Maestro Roberto Marino) riescono a trascinare perdutamente lo spettatore, attraverso il percorso storico-emozionale proposto da questo incantevole spettacolo-concerto.
Così, nel pieno rispetto del valore che Pasolini attribuiva al pensiero musicale, dove alla musica e ai suoni annidati nelle parole risiede la capacità di oltrepassare i confini visibili del reale, evocarne il mistero e condurre l’espressione a un livello così complesso e profondo da fargli dire : ” …vorrei essere scrittore di musica, vivere con degli strumenti dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare ….”.