Storie di Natale

TEATRO ARGENTINA, dal 14 dicembre 2022 al 6 Gennaio 2023


Se è rimasto ancora qualcuno

che questo spettacolo non l’ha veduto

tutto non sarà perduto 

se domani (o doman l’altro) al Teatro Argentina sarà venuto !!!


È un meraviglioso Elogio dell’Immaginazione lo spettacolo del fantasmagorico Roberto Gandini, regista nonché presentatore di questa strabiliante performance. Per accendere le fiamme della fantasia, quasi come un re, un Enrico V shakespeariano, attraverso un fulgido prologo, invita i bambini a sciogliere le briglie della fantasia.

Roberto Gandini, il regista di “Storie di Natale”

Con la sua particolare maniera, sa solleticarli e insieme incantarli. Effetto non diverso sortisce sugli adulti, numerosissimi nella Sala Squarzina, che gareggiano con e forse più dei bambini per intervenire.

Fabio Piperno e Francesca Astrei in una scena di “Storie di Natale”

Una volta liberata e dato sfogo alla fantasia, Roberto Gandini lascia la platea nelle mani creative dei suoi fidi attori: alcuni sono volti ormai noti del Laboratorio Piero Gabrielli come Fabio Piperno e Danilo Turnaturi; altri sono professionisti come Francesca Astrei, Maria Teresa Campus e Gabriele Ortenzi.

Gabriele Ortenzi, Maria Teresa Campus e Francesca Astrei in una scena di “Storie di Natale”

E dopo aver allenato la capacità a creare ponti (tipica della fantasia) con “prefissi fantastici” e invenzioni varie alla Gianni Rodani, si è ora pronti e predisposti all’ascolto di racconti e di storie con più finali. Senza dimenticare la magia delle canzoni, accompagnate dal vivo dalle tastiere di Flavio Cangialosi.

Francesca Astrei con Danilo Turnaturi in una scena di “Storie di Natale”

Perché il fuoco che alimenta l’ascolto sa mettere pace, quando ” i perché ” degli altri vengono ascoltati e rispettati. Solo così “sul cipresso possono posarsi fiori di pesco” . E a teatro questo si fa: si festeggia capodanno tutto l’anno, perché con la fantasia si crea magia. Tanto che per poter fare il re, “basta saper fare yeah! “. 

Il regista Roberto Gandini e l’Albero di Natale di Paolo Ferrari, realizzato con 2500 bottiglie riciclate

Parenti a sonagli

PICCOLO TEATRO SAN VIGILIO, dal 28 al 30 Ottobre 2022 –

Il sipario si apre su un’originalissima scenografia bidimensionale, dal tratto fumettistico. È impeccabilmente bianca e dai contorni molto ben definiti da un deciso tratto nero. Cifra dello stile di Elisabetta Mancini si sta confermando essere quello di prediligere scene che parlino di particolari luoghi della mente.

Nello specifico, qui, la Mancini ci sta conducendo nella bidimensionalità dei personaggi che sono sul punto di entrare in scena: individui “senza spessore”, senz’anima. Sterilmente rispettosi delle regole: quei bordi così “neri” delle convenzioni sociali. La sindrome del “finto rispetto altrui” si è talmente diffusa, da creare “metastasi” anche negli oggetti di scena: anch’essi privati della tridimensionalità.

Questa gabbia perbenista ospita personaggi che, seguendo i dettami della “moda” del momento, vestono totalmente in giallo: il colore del “veleno” di cui sono carichi. Geniale l’ambiguità che si crea, ad un certo punto, all’udire una sorta di scampanellio: sacro rituale di richiamo della “Squilla” o istintiva sonorità di difesa dei serpenti a sonagli?

Ma ecco che “…sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi…”: registicamente la Mancini decide di far uscire queste rispettosissime serpi dalle loro gabbie per farle insinuare tra i corridoi della platea. Facendoci annusare l’odore della tragedia dello squallore borghese. “Sono intorno a me ma non parlano con me, sono come me ma si sentono meglio” .

È la Vigilia di Natale e sembrano così uniti nell’andare alla Santa Messa di Mezzanotte!!! La loro velenosa “pelle” gialla ricoperta devotamente da quei bei capi-spalla rossi ! Ma lo spettatore non può non riconoscere che l’unico momento in cui li scopre davvero uniti, contemporaneamente tutti sintonizzati nello stesso intento, è in realtà quando proprio durante il pranzo di Natale “la dea” televisione, alla quale loro sono soliti rivolgersi quasi fosse l’oracolo di Delfi, emana la soluzione alle loro preoccupazioni.

Sono così devotamente attenti al “responso” che, in quest’unico momento di empatia collettiva, si cercano con lo sguardo. Indossano tutti, per onorare la sacralità della festività, un accessorio blu oltremare. Per andare “oltre”: “niente scrupoli o rispetto verso i propri simili, perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili”.

E pensare che a guardarli, cromaticamente ricordano così tanto un bel cielo stellato vangoghiano… 

Gli attori dell’Associazione “L’equilibrio” hanno dato prova di una buona coralità. Su tutti brilla per spontaneità e naturalezza il giovanissimo Oliviero Chimenti.

Creativi realizzatori dell’estroso progetto scenico sono i due interpreti Giuliano Morelli e Tina Oliveri.

I costumi sono invece curati da Monica Raponi.

La dodicesima notte (o Quel che volete)

TEATRO OLIMPICO, dal 25 al 30 Ottobre 2022 –

Ieri sera, per la prima de “La dodicesima notte (o “Quel che volete”) di William Shakespeare, il palco del Teatro Olimpico si è travestito, o meglio, ha preso le sembianze di quello del Globe Theatre. La regista Loredana Scaramella, storica collaboratrice del maestro Gigi Proietti, salita sul palco prima dell’inizio dello spettacolo per suggellare l’emozione del riavvio della programmazione della stagione del Globe presso il Teatro Olimpico, ha realizzato un adattamento del testo shakespeariano intorno al tema centrale del “tempo”.

Loredana Scaramella

Un enorme orologio (le scene sono di Fabiana Di Marco) campeggia appeso al piano superiore della scenografia e si riflette sul palco attraverso la disposizione circolare di dodici sedie, che ospitano gli attori. Tutti, sempre presenti in scena. L’orologio-macrocosmo, appeso in alto, si carica esteticamente “a batteria” (al suo interno ospita il batterista e la sua strumentazione) ma metaforicamente “a carica”, nel senso che è al personaggio di Feste, il Matto, ad essere delegato il movimento di carica e pausa della messa in scena, attraverso la sola lancetta delle ore (come nei primi orologi meccanici del Rinascimento).

Carlo Ragone

Nella ripresa del neoplatonismo, così in voga ai tempi di Shakespeare, l’uomo, ricollocato al centro dell’Universo, è artefice del suo destino (homo faber ipsius fortunae) e può controllare e governare le cose del Mondo. Così anche il Tempo.  Sul palco-microcosmo sono gli stessi attori a occupare da protagonisti le sedie-meccanismo del quadrante delle dodici ore, che danno forma alla dodicesima e ultima giornata dei festeggiamenti (iniziati con il Natale e proseguiti fino all’Epifania). Il periodo festivo per eccellenza, nell’Inghilterra elisabettiana. Non c’è tempo da perdere, quindi ! 

Lo spettacolo si apre all’alba della dodicesima e ultima giornata di festa con un naufragio che si trasmuta oniricamente in una festa sregolata. Coerentemente al “Quel che volete” del titolo dell’opera, viene messa in scena un’onirica contaminazione di materiali e di generi, dando volutamente ospitalità a quelle spinte del desiderio che portano all’allegro coesistere di confusioni e ambiguità. Come in un libero gioco di sentimenti ed azioni. Il tempo della giornata scorre ad un ritmo sempre più accelerato verso una mezzanotte frenetica, che sancisce la fine della festa e l’avverarsi dei desideri.

Ma… “forza e coraggio, che la vita è un passaggio!”. Il carattere dissacratorio e totalmente libero dell’eccezionalità di questo periodo, di questo “spazio temporale curvo”, si è momentaneamente concluso. E il consueto giro delle ore e dei giorni è pronto a ricominciare.

Rinascimentale la scelta di “profanare” i brani musicali (musiche a cura di Adriano Dragotta, canzoni originali di Mimosa Campironi, eseguite dal vivo dal quartetto William Kemp): un mix di brani di classica e punk-rock, eseguiti dall’orchestra ospitata al secondo piano della scenografia e avvolta in un velatino, a rendere ancora più onirica la visione e quindi l’ascolto.

Rockeggianti i fascinosi costumi dei personaggi più altolocati: dalla dark Olivia in total black e capelli rosso fuoco, al Conte Orsino dal torso nudo ornato da imbracature in pelle sadomaso bondage, esaltate dal contrasto con un soprabito gotico-barocco. Molto simile, ma privo di soprabito, il costume di Feste il Matto, un Carlo Ragone che brilla per un “elegantemente folle” uso del corpo.

Geniale l’idea di rendere i due fratelli gemelli Viola e Sebastiano degli avatar in quotidiani abiti pop (tutti i costumi nascono dall’estro di Susanna Proietti).

L’alternanza metrica scelta da Shakespeare, il pentametro giambico (sciolto o rimato) misto a prosa è riproposta qui ma con un’originalità che vira al musical. Il risultato è decisamente efficace. Complice un disegno luci raffinatamente psicadelico (il light designer è Umile Vainieri). Tutti i meccanismi dell’ “orologio attoriale” risultano ben sincronizzati, sia nei tempi reali che in quelli onirici, contribuendo efficacemente alla realizzazione di uno spettacolo di fantasmagorica bellezza.