TEATRO ARGOT STUDIO, dal 16 al 19 Marzo 2023 –

Prendendo posto nell’intima sala del Teatro Argot non si può non costeggiare il letto disfatto nel quale giacciono un uomo e una donna. Sembrano addormentati, probabilmente colti dalla mollezza della fine di un convegno amoroso: sono rimasti sfalsati, lei con la testa tra i cuscini, lui con la testa tra i piedi di lei.
Il letto che li ospita ha un’insolita testiera nella quale sono stati attirati e catturati tutti gli oggetti di scena, quelli che possono arredare uno spazio. Come se una potentissima forza di attrazione li avesse calamitati. E bloccati. Per dare vita ad un altro spazio. Tutto suo. Solo suo. E insieme di tutti.

Iaia Forte (Molly B.) in una scena dello spettacolo omonimo diretto da Carlo Cecchi
È una notte d’estate dai sentori ancestrali: canta la cicala e a lei, talvolta, s’unisce l’upupa. La donna, immersa profondamente in questa atmosfera magico-onirica, inizia a muoversi nel letto e nel dormiveglia, quasi come un ulteriore uccello, inizia ad emettere suoni che via via vanno assumendo la chiarezza di una serie di affermazioni: “sì … sì … è così …” .
Ora, può prendere avvio una lunghissima moltitudine di pensieri, di ricordi, di suggestioni, tipiche di chi si muove in quello stato primordiale qual è la fase tra la veglia e il sogno. È l’amore, l’argomento che li unisce tutti: l’amore come spinta vitale, come appetito, come affamato bisogno d’incontro e di scontro. Di complicità e di schermaglia. Di bugie e di confessioni. Di maschile e di femminile. In una parola: fame di sedurre e di essere sedotti.

Iaia Forte (Molly B.) in una scena dello spettacolo omonimo diretto da Carlo Cecchi
Questo movimento dell’immaginazione richiama, coinvolge ed accende il corpo di lei che, dall’iniziale posizione fetale, inizia ad aprirsi sempre più generosamente, fino a bagnarle gli occhi.

Iaia Forte (Molly B.) in una scena dello spettacolo omonimo diretto da Carlo Cecchi
Iaia Forte dimostra una potenza straordinaria a lasciarsi possedere dall’immaginazione. È talmente coinvolta che sembra rapita da un “daimon” che la rende sacra e le permette di fingersi, anzi di essere, maschile e femminile. E poi femminile e maschile. In un continuo scambio di ruoli. Non ci guarda, ma noi del pubblico il suo sguardo lo percepiamo con nitidezza: si insinua ovunque.

Iaia Forte (Molly B.) in una scena dello spettacolo omonimo diretto da Carlo Cecchi
Lei è Mollly Bloom e siamo nel diciottesimo e ultimo episodio dell’ “Ulisse” di James Joyce, noto come il “monologo di Molly Bloom”. Un flusso ininterrotto di oltre quaranta pagine, che conta due soli segni di punteggiatura. E’ costituito da otto enormi frasi nelle quali Molly inizia a riflettere, prima di addormentarsi, su di una richiesta che il marito Leopold le ha fatto nel capitolo precedente. Per passare poi a considerazioni sui propri amanti, su di sé, sugli altri personaggi incontrati durante il romanzo, in un flusso incessante di idee, memorie, sensazioni, percezioni che scorrono liberamente e senza pause o cesure, proprio come fanno i pensieri nella mente umana.

Iaia Forte
La succulenza vocale di Iaia Forte, diretta do sguardo di Carlo Cecchi, da sempre attento al gesto, all’esattezza dei ritmi vocali e alla sottolineatura sonora, fanno di questo monologo una trascinante partitura musicale che rivoluziona il senso dello spazio, dove quel palpabile e insieme impalpabile spessore del corpo si fa scenografia.

Carlo Cecchi, regista dello spettacolo “Molly B.” con Iaia Forte