TEATRO INDIA, sal 22 Febbraio al 5 marzo 2023 –

È un elegante ed asettico agglomerato di “baracche” la scena di un bianco abbacinante, scelta dal poliedrico Fabio Cherstich per ambientare i “Nottuari” dell’intuitivo Fabio Condemi. Ricorda un po’ anche l’agglomerato pensato da Jaques Tati per “Mon oncle“: qui da Condemi però esiste solo la coordinata orizzontale.

La scena ideata da Fabio Cherstich per lo spettacolo “Nottuari” di Fabio Condemi
Anche l’associazione a un cimitero di lussuosi loculi non è da escludere: qui sono gli stessi defunti ad inventarsi qualcosa per essere ricordati.

Una scena dello spettacolo “Nottuari” di Fabio Condemi
Ma non è difficile immaginare la scena anche come un dispiegarsi di locali museali, dove le presenze simil umane sembrano addetti che ivi lavorano, o corpi raccolti e conservati per installazioni. Temporanee.

Una scena dello spettacolo “Nottuari” di Fabio Condemi
Le porte, vie di una im-possibile comunicazione, sono di varia natura: cigolanti, scorrevolissime oppure “tende-quadro” che si aprono come Lucio Fontana fa con le sue tele. Un addetto-guida ci propone un esperimento sul funzionamento della coscienza: tema dell’esperimento, ma anche di tutto lo spettacolo, una possibile anatomia dello sguardo.

La scena ideata da Fabio Cherstich per lo spettacolo “Nottuari” di Fabio Condemi
Etimologicamente “guardare” significa “osservare” solo nell’accezione transitiva. In quella intransitiva significa anche “guardarsi alle spalle, difendersi”. Quindi lo sguardo è oggettivamente sia una soggettiva “apertura” che una soggettiva “chiusura”. E quindi è solo la soggettività dello sguardo a dare vita oggettivamente ad una possibile relazione tra “il bello” e “l’orrore”. Tra ciò che è “mondo” e ciò che è “immondo”. L’ uno è contenuto nell’altro.

Paul Rubens, Medusa (1617)
È il mito di Medusa a parlarcene e a rivelarci che allo sguardo umano piace indugiare anche nell’orrido, nell’immondo. Tale è tutto ciò che ci circonda: la natura stessa. Per questo, la più autentica condizione vitale umana risulta quella della depressione: quella dell’essere schiacciati da ciò che vediamo.

Michelangelo Merisi detto Caravaggio, Medusa, 1598
Tragico diventa “avvicinarsi troppo”. I nostri occhi sono una tragica tentazione. Il nostro corpo non obbedisce al nostro controllo. Non siamo noi a sognare: siamo sognati. I sogni si nutrono di noi come fanno i parassiti. I nostri sogni sono i vermi della testa di Medusa. E ci rapiscono la possibilità di essere “angeli, puri, calmi ed eterni”. Il mondo ci risulta sconosciuto, inaccessibile, non manipolabile. Regna l’incomunicabilità. La nausea. Vivere è insopportabile.

Fabio Condemi, il regista di “Nottuari”
Il rigore inventivo del giovane e talentuoso regista Fabio Condemi ci regala un viaggio dove regna sovrana la sensazione del riuscire ad intravedere il baratro. Il suo è un modo di creare per intuizioni, libere associazioni, viaggi onirici. Interessantissima la sua scelta di ispirarsi alle opere di Thomas Ligotti, definito dal Washington Post «il segreto meglio custodito» della letteratura horror contemporanea, dove l’umanità è tormentata da un panico cosmico generato dalla coscienza, che ci svela quanto sia terribile essere vivi.

Thomas Ligotti
Condemi riesce nel tentativo di mettere in scena di Ligotti anche la sua narrazione sui generis, costituita da riflessioni sparse di una serie indistinguibile di voci narranti. Appunti. Uniche modalità per poter parlare del mondo infero in cui abitiamo, dove nessun rito, nessuna separazione, nessuna regolamentazione di alterità ci separa dal caos.
A Ligotti non interessa la storia, né la Storia: i suoi racconti avvengono in uno spazio virtuale e metafisico, le sue figure sono cavie da laboratorio prive di qualsiasi personalità psicologicamente connotata. Come in Kafka e in Beckett non c’è narrazione ma situazione, non ci sono personaggi ma figure, non c’è evento ma teatro.
Rappresentazione dell’indicibile e sospensione della cronologia: il mondo dentro di noi e il mondo fuori di noi non coincidono. Non si dà nessun senso se non nella nostra (personale e limitata) interpretazione del mondo, di cui l’universo fa tranquillamente a meno.

Gli attori: Carolina Ellero, Francesco Pennacchia e Julien Lambert.
Il regista Fabio Condemi e lo scenografo Fabio Cherstich